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Editoriale
di Vittorio Martone
Speranze alle nuove generazioni
di Vincenzo Manco
Sali (minerali) in zucca
di Vittorio Martone
L'etica di un'ordinata follia. Intervista ad Andrea Covi
di Nicola Alessandrini
Sbocciano le rose nel deserto
di Layla Mousa
Un viaggio di corsa in Emilia Romagna
di Mario Reginna
In visita agli sportelli di comunità. Intervista ad Agnese Fiore
di Francesca Colecchia
Da maneggiare con cura
di Franco Biavati
Viaggio in una palestra sicura
di Massimo Davi
Invito al gran galà per tutti
di Patrizia Galletti
Cavalcare in armonia
di Alberto Alciator, Giancarlo Mazzoleni, Alessandra Moncivino
La dolcezza delle ginnastiche
di Vera Tavoni
Nell'area del gioco
di Ivan Lisanti
Confini di responsabilità
di Francesca Colecchia
Ripensare la società nella migrazione
di Francesco Frisari
"Spezzagli una gamba!", "Ammazzalo!", "Fallo a pezzi!". Sono voci di bordo campo, diffuse a tutti i livelli dello sport; magari epurate dal professionismo per ragioni di opportunità mediatica (perché lì, a bordo campo ci sono anche i microfoni). Queste voci sono spesso il frutto di un coinvolgimento immediato, basato su una proiezione di sé in quello che accade dentro le strisce che delimitano l'area di gioco. E credo rappresentino uno sfogo simbolico delle tensioni che ci portiamo dentro, piuttosto che un desiderio reale di sangue e violenza. E allora perché a sentirle danno fastidio? Perché, in qualche modo, perturbano? Forse perché sono "inopportune", perché esulano, aggredendolo, dal nostro schema di relazione con la realtà. Ma i confini di questo schema non possono essere fissi: come in ogni gioco di posizione (come il rugby e la guerra di trincea, per citare un famoso paragone dell'attore Marco Paolini), anche i confini dell'opportunità cambiano di continuo. E questo dimostra che la società, in fondo, non è diversa da questa cosa divertente e contraddittoria (come la vita) che chiamiamo sport.
In questo numero di Area Uisp abbiamo voluto indagare un po' il concetto di aggressività. "Aggredire", nel signifcato originario della parola, derivante dal sanscrito, signifcava "andare verso". Sarà che dalla realtà indiana a quella latina la società evidentemente è cambiata, diventando più "aggressiva", ma ci si è ritrovati alla fine con un signifcato un po' più scomodo. Per rispetto del sanscrito noi della redazione abbiamo voluto "andare verso" un po' di realtà e andare oltre un mondo oltremodo aggressivo.
Con Vincenzo Manco, presidente della Uisp Emilia Romagna, abbiamo rifettuto sulla realtà politica e sociale italiana all'indomani di una campagna elettorale che si è giocata più sull'aggressione che sui programmi elettorali. Abbiamo poi pensato di indagare l'uso e l'abuso di farmaci e integratori (anche tra gli amatori) ritenendo che il doping rappresenti nulla di più che un approccio aggressivo all'attività motoria. Ci siamo fermati a guardare come nasce un nuovo sport nella Uisp, il rugby, che gioca il proprio fascino nel contrasto tra cavalleria e "ruvidità". Ai nostri esperti della rubrica "Ricerca, Innovazione e Formazione" abbiamo lasciato il compito di riflettere più approfonditamente sul ruolo che, in chiave di sublimazione dell'aggressività, possono giocare gli sport da combattimento e sull'uso del doping nelle palestre. Giacché l'aggressività ha spesso bisogno di un qualcuno contro cui manifestarsi, abbiamo fatto un viaggio nei luoghi dove chi subisce le aggressioni razziste può trovare supporto ed in luoghi lontani, come il deserto del Sahara, dove nell'isolamento e nella ghettizzazione trovano radici quelli che Steinbeck definiva i "grappoli del furore". Abbiamo viaggiato poi tra le città emiliano-romagnole per scoprire come sia possibile, con la corsa Vivicittà, promuovere comportamenti ecosostenibili. Assieme alle nostre Leghe abbiamo cercato di capire meglio l'approccio Uisp a determinate discipline, parlando di corse e volteggi sulle rotelle con la Lega Pattinaggio, di rispetto del cavallo con il Coordinamento Attività equestri e di ginnastica e fitness non invasivi con il Coordinamento Le Ginnastiche. Nella nuova rubrica dedicata al gioco abbiamo invece iniziato un viaggio alla ricerca dell'ontologia dell'attività ludica. Arsea ci ha dato una mano a comprendere le responsabilità giuridiche di un presidente d'associazione. Infine, nella neonata rubrica di recensioni, Francesco Frisari ha letto per noi "Blacks out" di Vladimiro Polchi, commentando un testo che racconta le ipotetiche conseguenze di uno sciopero dei migranti in Italia.
Non abbiamo voluto affermare con questo numero che sotto gli striscioni della Uisp non si verifichino mai episodi di aggressività. Semplicemente abbiamo cercato di mostrare come l'idea di fondo dell'associazione sia quella di lavorare per dare a questa aggressività naturale un contesto di regole condivise (e non passivamente accettate) che permettano a tutti di giocare senza uscire, in maniera inopportuna, da quello che i ludomani chiamano Tor: non una divinità ancestrale, ma la sigla che indica il Teatro Operativo Ridotto, ovvero il banalissimo campo su cui si svolgono tutti i nostri giochi.