Nel precedente governo D'Alema lei era Ministro dei Beni Culturali con delega allo Sport. Oggi è Ministro dello Sport, cosa cambia?
"C'é certamente continuità tra quell'incarico e questo appena inaugurato. Ma c'è anche un importante salto di qualità che va registrato e che è merito di una precisa scelta del presidente Prodi: il peso specifico che si dà politicamente allo sport è aumentato, tanto da istituire un ministero ad hoc per il suo governo e colmare finalmente le lacune vistose della politica verso il movimento sportivo. E a questa importante scelta se n'é accompagnata un'altra, altrettanto seria e attesa: unire sport e politiche giovanili, come accade in molti altri paesi europei. Le due competenze, infatti, per molti versi, sono legate a doppio filo. Voi dell'Uisp conoscete bene il ruolo dello Sport nell'evoluzione fisica ed emotiva dei ragazzi e nell'educazione dei giovani al valore della lealtà e alla cultura delle regole. Senza dimenticare l'importanza dello Sport nell'«allenamento alla sconfitta»".
Sport visto come strumento di un moderno stato sociale?
"Certo. La promozione della pratica sportiva diffusa deve avere una centralità strategica in un moderno welfare. I dati parlano chiaro: ci sono circa 3 milioni di italiani tesserati alle varie federazioni sportive, ma se consideriamo anche chi pratica sport in modo non agonistico, più o meno continuativamente, arriviamo a parlare di oltre 33 milioni di praticanti nel nostro paese. Possiamo dire, insomma, che c'é già più della metà della popolazione che si aspetta un investimento serio sul ruolo dello sport in Italia. Questa platea non può più attendere. Sono due i cantieri di lavoro che si aprono per avviare questo investimento:
L'Uisp chiede da tempo una legge quadro che consideri lo sport un diritto per tutti i cittadini, lei cosa ne pensa?
"Conosco la vostra proposta, che mi è stata presentata personalmente dal presidente Fossati pochi giorni dopo il mio insediamento al Ministero. Penso che nel processo di allargamento della sfera dei diritti a cui il governo di centrosinistra deve mirare, il ruolo dello sport sia innegabile e centrale. La scelta del presidente Prodi di istituire un nuovo Ministero ad hoc, lo ripeto, insieme all'avvio dei lavori il 31 luglio del Tavolo Nazionale dello Sport, il cui compito è quello di ridefinire il quadro dell'intero ordinamento dello sport italiano, mi sembra che sia la dimostrazione e la garanzia che ci stiamo muovendo nella vostra stessa direzione".
Abbiamo letto che è sua intenzione convocare un tavolo per parlare di riforma dello sport. Quali saranno gli attori di questo importante momento di confronto?
"Il Tavolo dello Sport convocato a fine luglio è uno dei primi atti concreti di questo Ministero. Si tratta di una vera e propria innovazione istituzionale, che nasce dall'esigenza di avviare un dialogo il più ampio possibile tra tutti i soggetti impegnati, in questo Paese, nella promozione della pratica sportiva. Al Tavolo dello Sport spetta il compito di varare una riforma del governo dello sport in Italia, il cui impianto è fermo al 1942. E la parola chiave è "insieme": nessuna riforma dello sport italiano può prescindere dalla interlocuzione con il Coni, il Comitato Paralimpico, gli enti di promozione sportiva come il vostro, nonché tutti gli altri soggetti del mondo dello sport. Il Tavolo deve diventare il luogo della definizione dei progetti, il luogo dove interrogarsi su un nuovo modello di organizzazione dello sport".
Cosa intende fare per dare un nuovo impulso alla costruzione di nuovi impianti sportivi?
"Il problema dello stato dei nostri impianti è serio ed è un impegno prioritario del mio Ministero quello di affrontare con urgenza la questione. L'eredità che ci lascia su questo il governo Berlusconi è pesante: un taglio di 450 milioni di Euro al Credito Sportivo, ente finanziatore dell'impiantistica di base. Riqualificare i nostri impianti vuol dire anche riqualificare i nostri spazi urbani: un bel palazzetto dello Sport sa essere spesso il cuore pulsante delle attività sportive e culturali di una città. Altro tema è quello di dotare le città di attrezzature per lo sport outdoor, seguendo la tradizione di molti paesi europei. E poi c'é la grande questione degli stadi, della loro riqualificazione culturale oltre che strutturale: da contenitori di singoli e saltuari eventi a centri di spettacolo, luoghi vitali sette giorni su sette.
Ritiene che l'associazionismo sportivo possa essere il partner da affiancare alle pubbliche amministrazioni per rilanciare un nuovo periodo di sviluppo dell'impiantistica sportiva come avvenne negli anni '70?
"Lo ripeto: nessuna riforma dello sport - men che mai il ripensamento e lo sviluppo degli impianti - può prescindere dall'alleanza strategica tra le istituzioni politiche e i protagonisti del mondo sportivo. L'associazionismo è una grande infrastruttura "diffusa" dello sport italiano, che anche in forme volontarie e generose ha consentito allo sport di affermarsi in Italia come pratica ampiamente estesa. Il modello operativo che ho in mente è cooperativo e inclusivo. Non penso che esista una strada diversa per cambiare le cose nel lungo termine da quella di una riforma partecipata e condivisa".