Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Date a tutti il mare

Mettere in crisi l’assunto della stabilità e della sedentarietà attraverso il navigare: ne abbiamo parlato con Stefano Malagoli, responsabile Vela Uisp Emilia-Romagna.

 

di Ginevra Langella

 

Il mare non è fatto per essere soltanto guardato: va vissuto, ma non solo stando a riva. Bisogna scoprirlo, immergersi, cavalcarlo. Insomma: bisogna viaggiare, andare al largo. E per farlo serve una barca. La barca è proprio questo: il ponte che unisce l’uomo al mare. E tutti, secondo Stefano Malagoli, responsabile della Vela Uisp Emilia-Romagna, si meritano il mare.

Stefano, hai riavviato il tuo percorso in Uisp con la responsabilità del settore della Vela, che in regione ha molti appassionati. Tralasciando per un momento le difficoltà legate alla pandemia, con quali obiettivi in mente hai raccolto questa responsabilità?
«È una ricostruzione quella del settore vela, come lo è stato poi a livello nazionale. Per trent’anni son stato responsabile in tanti settori a livello nazionale, quindi sono legato affettivamente a queste cose. L’obbiettivo è sempre quello di diffondere questa attività che non è solo una pratica sportiva, ma molto altro. Lo slogan di trent’anni fa era “Aggregazione di persone che vanno per mare”, una logica alternativa al mondo paludato dello yachting: per noi la logica era permettere a tutti di andare in mare e per me continua ad essere così. Ripeto che la nostra è una pratica abbastanza anomala rispetto allo sport tradizionale. Nel senso che la parte prettamente sportiva è appannaggio esclusivo quasi della federazione, che dà pochi spazi per nuove aperture ed è molto più orientata verso l’agonismo, rispetto invece alle attività sportive e competitive del mondo Uisp. Quindi ho deciso di cogliere questa opportunità, continuando a mantenere alta l’idea di poter portare chiunque in mare, spingendo però anche verso la pratica didattica e culturale. Per molti è un mondo costoso e difficile, ma con determinate attenzioni è più raggiungibile. Il divertimento può essere quello sportivo, ma può essere anche improntato su altre cose, come ad esempio le vacanze che poi sono una scusa per viaggiare e conoscere nuovi posti. La barca è un modo per viaggiare, è importante quindi entrare in contatto con la natura e l’ambiente circostante, e in più permette uno scambio culturale. Io ne ho sempre fatto una questione ideologica: è un valore da poter diffondere, e per questo vorrei riaggregare le attività. Sto cercando di portare avanti determinati valori che non devono disperdersi: largo ai giovani ecco! Per loro è diventano un mondo un po’ distante rispetto a come era negli anni Settanta quando invece c’è stato un riavvicinamento alla navigazione popolare, non popolare in senso politico ma intesa in senso di divulgazione e accesso a tutti. È vero che la vela richiede tanto denaro, e allora vediamo se riusciamo a creare opportunità e renderla più fruibile. Ecco, mettiamola così: mi ritengo un divulgatore, grato per aver ricevuto l’opportunità di avvicinarsi a questo mondo da giovane, senza troppe possibilità economiche. Ancora dobbiamo ridisegnare il panorama delle associazioni e dei circoli, e quindi è tutto da costruire soprattutto in tema di collaborazioni. Quando riusciremo ad avere un panorama un po’ più chiaro, penseremo alle attività. Ci sono sicuramente attività da svolgere individualmente, come la vela leggera o il kite, ma non possiamo rivolgerlo all’esterno in senso aggregativo. Si aspetta l’autunno per capire come riprogettare e ripartire per bene».

Come ha impattato questo fermo sulla rinascita di un settore che proprio in quel momento stavi provando a riorganizzare?
«Sai, come ho detto prima la barca è legata al viaggio, e considera che tutto il settore del turismo è ancora bloccato e fatica a riprendersi. Tutte le attività di carattere aggregativo quindi sono state bloccate. Ti faccio un esempio: da quindici anni porto avanti un progetto nelle Isole Eolie. Mi sarebbe piaciuto rilanciarlo quest’anno, ma è impossibile riproporlo uguale agli altri anni proprio per il periodo che stiamo vivendo adesso. Ad ogni modo l’iniziativa “Una barca per tutti”, una sorta di crociera tematica culturale, è diventata “Una barca per ognuno e il mare per tutti”, mettendo la logica dell’aggregazione ma facendolo a distanza, cioè rimanendo ognuno sulla propria barca. Non l’ho promossa con la Uisp perché non sarebbe stato corretto in un momento simile, ma l’idea è di portare avanti quest’iniziativa e riproporla il prossimo anno, coinvolgendo il settore montagna della Sicilia. Quest’anno il tema sarebbe stato legato al gelato e alla granita, proprio per creare un filo condutture tra la cultura e il viaggio e per sottolineare che la barca diventa proprio uno strumento di ricerca e di scoperta».

Da poco si è concluso “Navigare a vista”, un corso di aggiornamento e formazione per gli operatori organizzato dalla Uisp nazionale, per favorire l’inclusione delle persone non vedenti. In futuro hai in mente nuovi progetti specifici connessi alla disabilità?
«Il settore nazionale sta riprendendo in mano queste cose, ma a livello regionale di esistente al momento non c’è ancora nulla perché serve l’attrezzatura necessaria a seconda della disabilità. Non possiamo soffermarci in questo momento su  questo panorama, perché al momento dobbiamo ragionare prima su cosa può succedere adesso, che è già una questione complicata. Prima del COVID-19 c’era un’idea di cui si è discusso, ma poi è saltato tutto. L’intenzione c’è, ma a livello locale non abbiamo ancora nulla perché siamo in fase di ricostruzione, e dobbiamo rilanciare tante cose».

Vorrei concludere cercando di capire cosa ti ha portato a questo mondo. In questo momento mi parli dalla barca sulla quale sei il comandante e vorrei davvero capire cosa ti ha spinto in mare. Cos’ è per te la vela?
«Affascinante domanda. La vela per me è una passione e come tutte le passioni va gestita emotivamente. Sono considerato un tecnico del settore, ma vengo da una formazione umanistica che ho cercato di portare dentro questo mondo. In famiglia poi la passione per il mare c’è sempre stata, mio padre era un marinaio, e ho sempre cercato di indirizzare questa passione. Ho conosciuto quello che all’epoca era l’Arci Vela a Cervia, il secondo centro più importante dopo il Centro Velico di Caprera, che diventò la mia opportunità per andare in barca nonostante provenissi da una famiglia modesta, non benestante. Poi sono riuscito a farlo diventare anche un lavoro: faccio il comandante perché sin da ragazzino ho cercato di stare in mare, ma soprattutto perché ho acquisito le competenze anche grazie ai percorsi Uisp. Dietro c’è quindi una grande gratitudine, perché altrimenti sarebbe stato difficile riuscire a rendere questa passione un lavoro. Mi piace essere coerente: non ci sarei senza la Uisp, e questo lo dico sempre anche ai miei allievi, ed è uno dei tanti motivi per cui ho colto volentieri la mia responsabilità a livello regionale. Mi fa piacere poi vedere che dentro la Uisp c’è un gruppo solido e lucido, c’è molta più consapevolezza. Comunque, la prima cosa che può emergere è la capacità della vela di metterti in relazione con l’ambiente: è un mezzo che permette di creare un contatto diretto con il mare, per viverlo. Ti allontani dal bordo, dalla spiaggia, ti obbliga a tirar fuori gli aspetti emotivi. La vela poi non è solo tecnica, la devi sentire. C’è una propagazione di emozioni a doppia via. Attraverso la barca senti più il mare, sei al suo interno, e riesci a viverlo intensamente. È un moltiplicatore di emozioni! Quello che hai dentro e che non sai come esprimere, riesci a vivertelo, perché hai uno strumento che ti permette di entrare in connessione con quella sensazione che ti porta al mare. Non è mica solo un mezzo di traporto. Trasporta qualcosa di diverso: le emozioni. E bisogna farle emergere. Le necessità tecniche e tecnologiche sono funzionali all’evoluzione dell’emotività. Il mondo della nautica viene vissuto come uno status symbol, la mia scommessa è quella di far emergere la vela come un settore praticabile, vivibile e come un pretesto per viaggiare, conoscendo e vivendo il mondo intensamente e da un’altra prospettiva. Sono processi culturali, che hanno bisogno di tanto tempo, certo, ma anche il messaggio che abbiamo cercato di lanciare con il progetto “Una barca per tutti” è proprio quello di far capire che esiste un modo diverso di convivere con l’ambiente. Il mondo e lo spirito di oggi vertono troppo sul concetto di stabilità. Uno strumento di ricerca come la barca mette in crisi questo assunto e ti porta a viaggiare, ad aprire la mente un po’ di più».

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