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Emilia-Romagna

Non si tocca neppure con un fiore: la difesa di genere

Dal 2011 le discipline orientali Uisp hanno iniziato il percorso della difesa personale, oggi in particolare parliamo della "sicurezza donna", importante argomento su cui formare gli insegnanti, per creare sicurezza e coscienza

di Yuri Calabrese

UISP NAZIONALE D.O. - Parliamo di difesa personale e in particolare di "sicurezza donna" ecco il titolo di  molti seminari e contest proposti dalle discipline orientali Uisp Nazionale, in collaborazione con le realtà territoriali in cui si sviluppano i vari eventi. "Il settore Difesa Personale - ci spiega Michele Chendi, responsabile delle discipline orientali Uisp Emilia-Romagna - nasce nel 2011, dopo circa dieci anni di studio di varie proposte. Inizialmente si è sviluppato tramite seminari che hanno accolto insegnanti di arti marziali di tutta Italia, poi si sono diramate peculiari aree di competenza, tra cui "sicurezza donna". Da poco è stato creato un albo di insegnanti abilitati ad organizzare corsi per tale argomento". Il primo seminario sul tema "difesa di genere" si è svolto a Modena, un anno fa con la partecipazione di circa 300 iscritti. Perché parlare della difesa personale di genere? La violenza contro le donne è fenomeno difficile da misurare, in larga parte sommerso. Spesso si tratta di violenze dentro la famiglia, più difficili da denunciare, situazioni in cui la donna si sente sola a dover affrontare un dramma. Leggendo i dati Istat si può osservare un miglioramento nella presa di coscienza della donna dal 2004 (anno in cui è iniziata la vera e propria raccolta di dati) ad oggi. Ma i casi di violenza domestica e stalking sono eventi ancora lontani dallo scomparire e il numero dei femminicidi non cala.

L'obiettivo dell'area "sicurezza donna" è quello di trovare un altro modo di parlare di difesa, allontanandosi da alcuni metodi d'insegnamento, che nel tempo, si sono fatti spazio nella visione comune dei mezzi per combattere la violenza, ma che creano anche false aspettative dell'uso del proprio corpo come macchina da guerra. "Aiutiamo le persone - spiega Michele Chendi - a prendere coscienza degli strumenti che hanno a disposizione: la giurisprudenza, la negoziazione, la psicologia applicata, la prevenzione. Tutto ciò, attraverso la collaborazione con i centri antiviolenza, case di accoglienza e le forze dell'ordine. Tutti gli apparati istituzionali che danno un aiuto fruibile. Per fare questo sottolineiamo la centralità del nostro corpo, l'importanza di conoscerlo con i propri limiti e potenzialità, senza creare sicurezze ingannevoli. Si devono considerare tanti fattori, l'età, le condizioni psicologiche tra le mura domestiche, sopratutto se non si è atleti assidui. In un contesto di vita quotidiana, in cui la nostra mente è impegnata a pensare a ben altro, l'aggressione fisica è un evento che si comprende e gestisce con difficoltà".

Quest'anno a Modena, è stata l'occasione per affrontare in maniera organica il tema attraverso il seminario "Sicurezza donna"  . "La nostra proposta - conclude Chendi - non è commerciale e non è strumentale, ma è basata sull'educazione e sull'informazione, per l'utente finale. Ci rivolgiamo alle nostre associazioni, e puntiamo alla formazione degli insegnanti che vengono chiamati a svolgere il delicato compito di aiutare le persone che non si sentono al sicuro". Questo è un progetto in continua evoluzione, che punta a risolvere un problema che affligge il nostro, come molti altri territori. È necessario lavorare tanto ma anche parlarne tanto, creare coscienza e dare i mezzi per ottenere una diminuzione sempre maggiore dei casi di violenza che colpiscono la popolazione femminile.

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