Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Educatori palestinesi in viaggio con Peace Games da Gerusalemme a Bologna

Intervista a Hanem Mohammad Adballah, educatrice nel campo profughi di Shu'fat, e a Mazen Jabari, direttore dello Youth Development Department

di Mario Reginna


BOLOGNA - Viso dai tratti fermi e decisi, e un sorriso che si spalanca ogni volta che si incappa in un volto conosciuto. È così che si presenta Hanem Mohammad Adballah, direttrice del centro educativo "Al Zuhur" nel campo profughi di Shu'fat a Gerusalemme Est. Negli ultimi quattro anni, tra settembre e ottobre, è stata ospite in Italia per differenti scambi formativi con operatori nell'infanzia attraverso lo sport e il gioco nell'ambito di un progetto di cooperazione internazionale cui fanno capo la Uisp e Peace Games, insieme ad EducAid, e finanziato dalle Regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia. Oggi è nuovamente qui in Italia per un seminario, tenutosi nel pomeriggio di venerdì 14 ottobre presso la sala consiliare di San Giovanni in Persiceto, finalizzato a trarre le conclusioni del lavoro svolto e a rilanciare nuovi progetti per il futuro.

Hanem, anno dopo anno, quali sviluppi hai riscontrato nella tua attività quotidiana a seguito della collaborazione con Uisp e Peace Games?
"Il rapporto con Uisp e Peace Games è stato centrale nel nostro lavoro e nel nostro impegno quotidiano come educatori. Senza questo aiuto non avremmo potuto portare avanti la nostra attività a Shu'fat. Come si può immaginare sono molti i problemi nell'organizzare attività per i bambini e le donne all'interno di un campo profughi. Attraverso lo sport e l'attività motoria abbiamo scoperto molte vie alternative per risolvere questi problemi. Adesso possiamo declinare le nostre proposte in molti modi diversi: dallo sport in strada alle attività mattutine con i bambini nei 'kinder garten', dalle proposte più innovative per gli adolescenti nel pomeriggio fino alla formazione degli operatori sociali. Nel mio modo di vedere, lo sport è lo strumento più immediato per entrare nella realtà delle persone, tenerle unite e farle socializzare".

Quali sono i ricordi che custodisci più gelosamente dei periodi trascorsi in Italia negli ultimi anni?
"Al di là della formazione, della scoperta di approcci nuovi all'educazione, sono sempre toccata dal ricordo delle persone, dagli incontri con le realtà più diverse, dalla vita fatta in casa alla sera con le altre operatrici di Shu'fat e le persone che ci hanno accompagnato in giro, dalle cene e dai discorsi che andavano dal cibo fino alle politiche, dal rapporto nuovo e costruttivo che nasceva dall'incrocio tra le regole diverse che ci sono tra le nostre culture e la vicinanza spesso abbiamo scoperto tra di noi".

Ad accompagnare Hanem in questo ennesimo viaggio italiano c'è anche Mazen Jabari, direttore dello Youth Development Department di Gerusalemme.

Sig. Jabari, quali sono le azioni di coordinamento e di indirizzo delle politiche giovanili che avete predisposto nel territorio di Gerusalemme?
"Il nostro obiettivo è quello di lavorare con le associazioni giovanili di Gerusalemme, tenendo al centro il concetto di partnership. Ma il nostro interesse è esteso anche al campo internazionale, come testimonia il lavoro con Uisp e Peace Games. A livello locale stiamo implementando sempre nuovi progetti con le associazioni e questa nostra politica ha avuto finora grande successo, con un output derivante dalla nostra attività molteplice. Proprio questa molteplicità rappresenta il valore aggiunto che otteniamo dal nostro lavoro".

Quali cambiamenti ha determinato il vostro operato e quante persone siete riusciti a coinvolgere?
"Dopo quasi dopo due anni di lavoro abbiamo costruito un network di 28 associazioni che hanno partecipato a progetti e sviluppato attività. Nel nostro ultimo programma siamo riusciti a coinvolgere quasi seimila studenti. E negli ultimi tempi, solo su Gerusalemme, siamo riusciti a estendere il network ad altre 7 associazioni per un totale di 35 membri".

Che programmi avete per il futuro?
"In primis, vogliamo sicuramente rafforzare il rapporto con la Uisp, e credo che questa nostra missione e questa nostra visita serva a pianificare al meglio il futuro. Poi, dobbiamo sviluppare il nostro settore di competenza e avere una visione più generale del lavoro sociale da svolgere a Gerusalemme. Infine, grazie anche alle competenze acquisite con la nostra partecipazione a questo progetto, dobbiamo migliorare ancora la nostra attività e la nostra proposta sportiva e generale. Il punto d'arrivo dev'essere quello di riuscire a lavorare con eguale competenza sul tema del gioco, dei diritti, dell'ambiente e della solidarietà".

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