Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Fuori dal cono dei riflettori: rapporto tra sport e transessualità

Un'intervista a Porpora, attivista del Movimento Identità Transessuale.

Un'esibizione canora durante i campionati di nuoto lgbt Aquaromae - Foto di Syder Rossdi Vittorio Martone


BOLOGNA
- Presente ai Mondiali Antirazzisti di Casalecchio con il proprio ricco contributo di esperienza in termini di rapporto con sessualità altre, Porpora, attivista del Movimento Identità Transessuale, parla in questa intervista del rapporto con il proprio corpo delle persone che stanno vivendo un cambiamento di identità sessuale e delle conseguenze che questa transizione comporta non solo sulla vita sociale ma anche sul rapporto con lo sport.


Vorrei un tuo giudizio sulla manifestazione e sugli esiti del lavoro condotto al suo interno contro omofobia e sessismo.
"Pensando ai Mondiali ho due sensazioni che rimandano a due giudizi diversi, entrambi positivi. Il primo riguarda il fatto che andando lì ho assistito ad una situazione che mi ricordava una persona molto cara, con cui sono stata per ventidue anni, che ora non c'è più. Era un antirazzista viscerale, giocava a calcio ed aveva partecipato a diverse edizioni della manifestazione. Abbandonando il personale, devo dire che l'aria che si respirava era di quelle che mettono a proprio agio e producono sensazioni positive. I Mondiali rappresentano qualcosa di importante in un'Italia che si è scoperta razzista, trans-fobica e omofoba, anche se questa è solo una goccia nel mare. Per quanto riguarda la presenza trans, lesbica e gay devo fare un po' di autocritica e riconoscere che negli anni passati non era evidente al punto giusto. Ciò è accaduto probabilmente perché noi non abbiamo preso nella giusta considerazione una realtà che ha una grande potenzialità e che si è venuta strutturando nel tempo molto bene, facendo enormi progressi anche rispetto all'edizione di due anni fa cui avevo preso parte. Quest'anno c'era infatti più mescolanza, più incontro, più scambio. E credo che noi avremmo potuto fare anche di più contribuendo ulteriormente alla contaminazione ed all'inserimento di elementi del mondo lgbt nel contesto dell'antirazzismo. Io ritengo infatti che sia fondamentale includere nella lotta al razzismo anche quella all'omofobia, perché la violenza ed l'emarginazione che vivono i migranti è la stessa che vivono tutte le persone non etero-normate. Molto spesso purtroppo quando si parla di antirazzismo le questioni di genere e di orientamento sessuale vengono invece messe da parte mentre sono diverse sfaccettature della stessa situazione: la matrice di razzismo, trans-fobia e omofobia è assolutamente la medesima. Per questo prometto che l'anno prossimo la presenza del nostro movimento sarà ancora più vasta".

Parlami del rapporto di una trans con il mondo dello sport. Qual è il livello di partecipazione e coinvolgimento?
"Il mondo dello sport si accorge delle persone transessuali solo quando ci sono casi eclatanti di transessuali che praticano sport ad alti livelli. Penso ad esempio alla tennista americana Renée Richards, alla campionessa d'atletica sudafricana Caster Semenya o alla tennista Martina Navratilova, che si dichiarò lesbica. E quando emergono questi 'casi' saltano fuori le solite questioni di sempre sul dove collocare un'atleta e così via. Altro discorso è invece quello della visibilità: la stragrande maggioranza delle persone transessuali ha problemi di visibilità ed a stare in relazione con una comunità perché ci si sente sempre sotto i riflettori di un'Italietta che si dà le gomitatine e che si lancia le occhiate di intesa. Io credo che le persone transessuali abbiano finito con l'introiettare questo tacito divieto, per cui si dà per scontato che lo sport è un territorio a loro inaccessibile, salvo essere così bravi e determinati da sfidare il giudizio e il pregiudizio".

Quali sono le problematiche più riscontrate nell'approccio allo sport?
"Io credo che si tratti comunque di una forma residuale di rapporto problematico col proprio corpo. La persona transessuale non sente adesione col sesso di nascita e questo implica il problema di affrontare i passaggi per avere il corpo che corrisponde al sesso che invece si percepisce come proprio. In tale processo credo che si finisca con lo scartare tutto ciò che può creare ulteriori problemi rispetto a quelli che già si hanno. Essendo lo sport un contesto nel quale il corpo è posto al centro, la somma di queste difficoltà rispetto alla percezione di sé e alla propria fisicità fanno sì che si escluda l'idea di dedicarsi a questa attività".

Quali azioni ipotizzeresti per risolvere queste problematiche e quale consiglio daresti a un operatore che si trovasse a relazionarsi con una persona transessuale?
"Mah, dire ad un operatore di sviluppare il senso di accoglienza è dire nulla. Quello che mi sento veramente di 'consigliare' e che ripeto anche quando faccio formazione su questi argomenti è che innanzitutto bisogna superare la paura di sbagliare. Molto spesso è proprio questa paura che compromette nelle persone la naturalezza del rapporto facendolo viaggiare sul filo dell'imbarazzo. Quando invece c'è un atteggiamento di apertura e di coerenza è normale e naturale che dentro ci possa stare anche lo sbaglio. Ed è la predisposizione a parlare che permette di far crescere un rapporto basato sulla tranquillità. Purtroppo i problemi sono dovuti sicuramente a sovrastrutture e ad una cultura che si sono caratterizzate così, ma ciò è accaduto semplicemente perché non ci siamo mai posti problemi. Sulla questione dello sport devo poi ammettere che essa rappresenta qualcosa di nuovo anche per me. Andando al di là dei 'problemi' su bagni e degli spogliatoi, la cosa certa è che preparandoci per tempo potremmo sperimentare e simulare partite e situazioni post-partita con un gruppo trans ai Mondiali per renderci conto un po' tutti dell'effetto che fa e di come vivere questo nuovo contesto".

A proposito di sport e sessualità o transessualità. In Italia c'è un forte rimosso che riguarda la prostituzione "d'alto bordo" di molte trans con personaggi del mondo dello sport. Qual è la tua opinione a riguardo?
"Avendo esercitato per tanti anni quella che oramai, in un contesto di disonestà spinta, definisco 'l'onesta professione', credo di poter vantare una certa esperienza in materia. La questione su questo tema è tutta culturale e politica: semplicemente in Italia non si riesce ad eliminare l'ipocrisia strisciante del 'si fa ma non si dice'. Quindi ciò che passa nello sport è che in quel contesto sono tutti maschi e tutti etero, vedi l'esempio lampante del mondo del calcio. Quello che però credo essere davvero interessante è che questi sportivi di alto livello, come i calciatori della serie A, non sono allenati solo fisicamente ma anche culturalmente. A ventidue anni infatti già si sposano e hanno figli e spesso, proprio dove la norma è più ostentata, trovi persone che hanno una doppia vita. È una situazione che ho sperimentato di persona e credo che tutto ciò sia legato a una questione di negazione e rimozione. Qualche tempo fa la questione dell'omosessualità nel calcio era nuovamente saltata fuori ed è stata subito messa a tacere perché nello spogliatoio una cosa simile non può esistere. Fortunatamente la vita e il mondo sono ben altro rispetto a quello che vogliono farci credere e se poi tutti fossimo più tranquilli e più sinceri riusciremmo a parlare senza problemi di tante questioni che invece nascondiamo".

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