Comitato Regionale

Emilia-Romagna

20 giugno: Sala stampa

È a partire dalla mattinata di oggi che hanno cominciato a girarmi per la testa le immagini di un film del '74 di Billy Wilder. "Prima pagina" il titolo di questa divertentissima e dissacrante commedia sul mondo del giornalismo, fagocitante per eccellenza, dal quale uscire pare alle volte impossibile.

Vita di sala stampadi Vittorio Martone


È a partire dalla mattinata di oggi che hanno cominciato a girarmi per la testa le immagini di un film del '74 di Billy Wilder. "Prima pagina" il titolo di questa divertentissima e dissacrante commedia sul mondo del giornalismo, fagocitante per eccellenza, dal quale uscire pare alle volte impossibile. Nella pellicola, tutta incentrata sul tentativo del protagonista - interpretato da un grandissimo Jack Lemmon - di lasciare la carta stampata per sposarsi con quello che crede essere l'amore della sua vita, si susseguono scene frenetiche all'interno del claustrofobico ambiente della sala stampa di un tribunale. Spazio cinematografico per eccellenza, quest'ultimo: ridotto, male illuminato, invaso dal fumo, con trilli continui di telefono e il ticchettio nevrotico e compulsivo delle macchine da scrivere: la somma più elaborata di tutti i clichés.

L'ufficio stampa di Rimini 2008 è un po' diverso da questo modello. Collocata accanto all'area eventi della Darsena di San Giuliano Mare, vicinissima quindi a tutte le iniziative che vengono ospitate nel Villaggio dello Sport, la nostra sede ha la fortuna di avere un affaccio sul mare, o meglio sul porticciolo antistante la nostra postazione. Situazione frustrante, specie per me che tra uno spostamento e l'altro qualche radice e qualche legame coi posti di mare ce l'ho (e li ho fortemente conservati). In compenso, pur parlando di ufficio, è utile chiarire che siamo dentro una tensostruttura (dal De Mauro: "edil., struttura costituita da una rete di cavi, spec. metallici, che sorreggono una copertura utilizzata per proteggere grandi complessi sportivi, luoghi di spettacolo, ecc") e che quindi il continuo rapporto dentro/fuori, oltre a essere molto fluido e dinamico, in qualche modo limita il senso di chiusura.

Trovarsi per circa 12-13 ore al giorno in un luogo con un nome simile, però, crea anche in maniera quasi automatica delle riflessioni su quanto di metaforico possa avere una denominazione tecnica. Tensostruttura: una costruzione che si regge in sostanza grazie al gioco di tensione tra i vari tiranti che la compongono, la cui interrelazione di forze determina il sostenimento del peso. Non male... In effetti è una descrizione perfetta anche per la rete di rapporti che si costituiscono all'interno dei collaboratori di quest'ufficio stampa. Tutti a stretto contatto, tesi per un lavoro che di responsabilità ne comporta parecchie, e al contempo con la testa dietro a una marea di altri piccoli problemi che, in una situazione di "precarietà", tocca saper risolvere senza tante distinzioni di ruoli. Persone che ho imparato a conoscere ed apprezzare e che arrivano dai posti più disparati d'Italia, con le cui grandi capacità si sono create sinergie inaspettate...

Abbiamo iniziato la nostra esperienza di "reporter" a Rimini 2008 con l'inaugurazione odierna. Il fatidico taglio del nastro non ho potuto seguirlo, poiché impegnato nella scrittura di un articolo. Ed è da questo particolare, l'immaginare come fosse l'inizio ufficiale di una manifestazione tanto attesa, che ho cominciato a riflettere sulla forma di mediazione dello sguardo cui andiamo soggetti con quest'attività di cronaca. Infatti è come se i fatti, prima di arrivare alle nostre viscere, siano obbligati a passare per un filtro che dia loro già in partenza l'impianto della notizia, della forma giornalistica. Tutto ciò mette senza dubbio in evidenza la stranezza della professione del giornalista: raccontare alle persone quello che accade o, nel caso della manovalanza da addetto stampa, fare in modo che la gente sia presente a quello che stai organizzando, spesso senza potere partecipare di persona, ovvero in maniera libera e abbandonata.

In sostanza il problema è che tu sei fermo davanti allo schermo e alla tastiera di un computer, in attesa che i vari referenti sparsi in giro a realizzare servizi ti aggiornino su quanto accaduto. O, nel migliore dei casi, sei presente agli avvenimenti come operatore, a scattare foto e realizzare riprese, ma il tuo sguardo ha già la cornice del mezzo meccanico. Non è libero di spaziare. Allora liberi l'udito e cerchi di carpire le storie che corrono sulle bocche delle persone, come quella dei due portieri di una squadra di calcetto del torneo "Matti per il calcio", composta da membri dei centri di igiene mentale, che si sono suddivisi equamente il merito della vittoria del proprio team parando i rigori a turno. Una intercambiabilità dei ruoli importante, quella che viene presentata da questo comportamento, oltre che una spontanea sottolineatura del concetto di diversabilità. Uno dei pochi termini derivanti dalla politeness mediatica che apprezzo, perché elimina la divisione binaria sani/malati (di mente o di corpo) e apre al molteplice.

Ma frenando, come sempre, le derive, torno a pensare a questo nostro sguardo mediato, e mi viene in mente il rapporto tra scrittura e vita e la classica e datatissima massima secondo cui "la vita o la si vive o la si scrive". Dal canto mio, a questa balla non c'ho mai creduto. Infatti credo che la possibilità di scrivere delle cose che accadono, delle tracce che esse lasciano nella nostra personalità, deriva proprio dall'aver vissuto. Senza la vita precedente che pregna di senso le cose, le parole rischiano di diventare strumenti vuoti, sterili, incapaci di creare relazioni e riflessioni nuove. Allo stesso modo, le sole esperienze brucianti, quelle che nella cultura nordamericana della Beat Generation si definivano "candele che bruciano dai due lati", o "fuochi d’artificio urlanti", senza una testimonianza restano forme di dissipazione di un'energia, quale essa sia e quale siano il suo senso e il suo significato.

È da questa idea di fondo che nasce questo diario. Nel mentre, ci troviamo però qui, tra cronaca e immaginazione, con le cose che ci scorrono intorno. Sperando che la tenda resista...

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