BOLOGNA - Chi ha detto che il tiro con l'arco è solo maschile? In passato, tante testimonianze affermano come la donna abbia avuto il coraggio o la necessità di tendere un arco, senza mai perdere la propria femminilità. Oggi, in un contesto in cui non esistono più circostanze che obbligano la donna a questo gesto, è rimasta la passione che come tale non ha sesso. Allora eccole che arrivano sui campi di gara, in macchina, con computer o cellulari... queste sono le moderne "Diane" che nel giro di pochi minuti fanno un salto all'indietro nel tempo e riappaiono come antiche fate, con abiti lunghi, coroncine di fiori e perle e lui, l'oggetto che per qualche ora sarà lo strumento per tradurre in azione la propria passione: l'arco.
C'è una giovane donna di 26 anni che da tempo vive queste trasformazioni, e chi meglio di lei può spiegare cosa si provi? Silvia Signoretti - inizialmente Dama Uisp nella compagnia arcieristica degli "Arcieri del Reno" con presidente Moreno Scagliarini, ora anche "Amazzone dei boschi" nella Compagnia Fiarc della 08 Rupe di Sasso Marconi - è iscritta all'Unione Italiana Sport Per tutti da sei anni. Nell'associazione ha lavorato come volontaria nei centri estivi ed ha preso parte alle attività della polisportiva di Savigno, degli "Arcieri della Torre" di Molinella e del circolo "Rondone" di Bologna. Nel corso dell'ultima edizione del torneo natalizio storico e tradizionale degli Arcieri del Reno, Silvia si è classificata prima nella sezione femminile di tiro con il long bow, l'arco lungo di origine medievale.
Silvia, dove trovi la motivazione per affrontare una gara?
"I fattori che entrano in gioco prima di ogni competizione sono veramente tanti. Io definisco quel momento come un 'turbinio di emozioni ingestibile'. La gara significa mettere a frutto ore di allenamento, presso le palestre messe a disposizione delle compagnie, e rivedere dentro la propria testa tutti i consigli ricevuti dai maestri. Ma significa anche essere emotivamente pronta ad affrontare una competizione e le motivazioni delle altre donne che ti trovi di fronte, anch'esse altrettanto pronte e motivate a confrontarsi con se stesse. E posso garantire che tutto ciò è estremamente eccitante".
Da donna consideri il tiro con l'arco uno sport o un'arte?
"Facile rispondere a questa domanda: per me il tiro con l'arco è un'arte prima e una disciplina poi. Dico questo perché prima di iniziare a tirare ho fatto un piccolo studio storico su come in passato gli arcieri vivevano l'arco e questo mi ha spinto a considerarlo un qualcosa di veramente magico ed entusiasmante".
Cosa provi o pensi durante e dopo una gara storica?
"Prima devo gestire l'adrenalina, poi capire cosa sta succedendo attorno a me. Chiarito questo mi preparo con il mio abbigliamento storico, e qui comincio ad entrare nella magia. A questo punto c'è il raduno di tutti gli arcieri e, con occhio critico, osservo le altre Dame che possono essere ad un livello superiore al mio. Alla prima freccia tremo e sudo e il cuore batte a mille. Poi la calma. Durante la gara, freccia dopo freccia mi metto in competizione con me stessa, fino all'ultimo scocco. Solo quando è finita mi rilasso. È in questo momento che posso dedicarmi alla socializzazione con gli altri arcieri, tra un pasto e un bicchiere di vino".
Esiste un antagonismo particolare verso gli uomini, o è maggiore tra le donne?
"Secondo te? Certo che esiste fra di noi, e purtroppo a volte è anche esagerato. Ma non è tanto strano come fenomeno: siamo donne, e questo è uno dei nostri più marcati atteggiamenti. Chiaro che questo non rappresenta una costante. Infatti ho molte amiche arciere e con loro si riesce ad essere tali sia dentro che fuori ad una competizione. Io personalmente sento molto la gara, ma non per questo non applaudo se sul podio sale una donna che non sono io".