CONFESSO di non essere rimasto entusiasta al termine della lettura di "Pompa i bassi, Bruno!", graphic novel del famosissimo autore italo-francese Baru (Coconino Press. Bologna, 2011. pp. 128 - € 17). E riconosco che è particolare affermare questa assenza di entusiasmo facendo riferimento al concetto di confessione, un termine che in questo caso ha uno sviluppo duplice, in parallelo. Da un lato, infatti, sancire questo dispiacere - questa sensazione di piacere mancato al termine della lettura di un'opera - è atto che faccio con riguardo, bisbigliando quasi, considerando l'importanza dell'autore (Hervé Barulea, vero nome di Baru, è autore che ha ricevuto numerosi riconoscimenti importanti, tra cui il Grand Prix de la ville d'Angoulême nel 2010). E d'altronde non si può nemmeno giudicare brutto questo graphic novel, anzi. Dall'altro, è troppo forte la necessità di rivelarsi, di palesare la reazione di disagio vissuta al termine di questa storia, che delude un po' le aspettative.
Provo allora a raccontare in breve la vicenda, senza rivelarne troppi particolari (visto che siamo comunque di fronte a un piccolo - comico - noir). Slimane è un giovane ragazzo di un non meglio precisato paese africano che ha un grande talento calcistico. Visionato da un calciatore professionista di nome Ousmane Traoré (chiaro il riferimento al franco-senegalese Armand, ex Arsenal e Juventus) entra clandestinamente in Francia, avvolto nei sacchi e pelo e nascosto tra i bagagli nella stiva di un aereo. Si ritrova a campare di espedienti e lavoretti, tra paesini della provincia francese che rappresentano lo sfondo tipico delle vicende narrate da Baru, finendo con l'incrociare una strampalata banda di malavitosi nordafricani (il loro capo si chiama Zinedine, come il calciatore Zidane). Questi compieranno una rapina a un portavalori con l'aiuto di un gruppo di vecchi criminali, oggi perfettamente integrati (uno è addirittura sindaco del suo paese e presidente della locale squadra di calcio). E il bottino rimarrà conteso tra queste due generazioni di rapinatori fino alla fine.
La narrazione si basa quindi su due storie, che si sviluppano in parallelo: da un lato le peripezie di Slimane, dall'altro il colpo al portavalori. L'attesa del prevedibile momento dell'incrocio di queste due vicende condiziona tutta la lettura, che pure scorre veloce, visto che il testo ha grande ritmo e che spesso i disegni (en passant, degli acquerelli molto belli) parlano da soli, senza bisogno di vignette. Il parallelismo diventa quindi la cifra di questo graphic novel: tra Francia e Africa, ma anche tra due forme di criminalità (da un lato le bande di rapinatori e dall'altro gli immigrati clandestini). E tra i criminali (tutti o quasi stranieri, con in mezzo anche un italiano) c'è un ulteriore dualismo, questa volta generazionale. Lo sviluppo autonomo di questi mondi, l'atteso momento del loro "intreccio" è quindi l'elemento più caratteristico nella narrazione di Baru, simboleggiato nella pratica del cucito di abiti tradizionali con cui Slimane si guadagna da vivere nel suo paese d'origine (e che sarà anche la chiave per la chiusura in positivo della sua storia). Tutto questo mondo di guitti, di diritti cercati e negati, di aspirazioni e desideri frustrati, si intreccia costantemente con il calcio, che del movimento circolare e mai compiuto alla ricerca della realizzazione del sogno diventa un po' il simbolo. Eppure, tutto questo non basta.