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Emilia-Romagna

Educare i bambini, educare al futuro. Parte "Il diritto di giocare in pace"

L'educazione dei bambini, in quanto strumento di pace, rappresenta il futuro del mondo. È questa la convinzione su cui si basa "Il diritto di giocare in pace", progetto di cooperazione internazionale organizzato dalla ong dell'Uisp "Peace Games".

La cerimonia di benvenuto al municipio di Calderaradi Vittorio Martone


CALDERARA DI RENO - L'educazione dei bambini, in quanto strumento di pace, rappresenta il futuro del mondo. È questa la convinzione su cui si basa "Il diritto di giocare in pace", progetto di cooperazione internazionale organizzato dalla ong dell'Uisp "Peace Games". L'iniziativa, apertasi ieri presso il municipio di Calderara, vedrà coinvolte fino al 28 gennaio due operatrici e la direttrice del centro educativo Al Zuhur, sito nel campo profughi di Shu'fat a Gerusalemme est. Nel corso di questi dieci giorni le tre insegnanti palestinesi Hana, Nassrin e Hanem avranno modo di confrontarsi con pedagogisti, educatori e psicologi professionisti attivi nel territorio della provincia bolognese. "Un percorso di aggiornamento - afferma il responsabile di Peace Games Daniele Borghi - che non si basa su tradizionali lezioni in cattedra, ma prevede invece di garantire, attraverso esperienze concrete, momenti di collaborazione tra tutti gli operatori coinvolti, col fine di un profondo arricchimento reciproco".

Daniele, siamo alla seconda edizione di questo progetto che sappiamo avrà continuità anche nel prossimo anno. Quali sono le differenze rispetto a quanto già fatto in passato e a quanto si andrà a fare nel 2010?
"Il centro Al Zuhur, con il contributo di operatori specializzati per ogni fascia d'età, si occupa non solo di bambini ma anche di adolescenti ed adulti. Per questo abbiamo strutturato un vero e proprio percorso che prevedesse una progressiva estensione degli scambi formativi a tutti gli insegnanti palestinesi. L'anno scorso siamo dunque partiti con l'ospitare le maestre che lavorano con i bambini più piccoli per passare oggi a quelle che si occupano degli adolescenti. Per il 2010 stiamo già progettando invece le attività con le esperte dell'assistenza alle donne".

Qual è la caratteristica principale dell'operato del centro Al Zuhur?
"Direi che la sua specificità risiede esattamente nel rappresentare un'isola felice all'interno della realtà deteriorata del campo profughi di Shu'fat. Il centro serve sostanzialmente a recuperare relazioni e a tesserne di nuove, in maniera da permettere alle persone che lo frequentano di vivere fuori dalle tensioni del campo e, soprattutto per le donne e i bambini, di trovare uno spazio libero".

Considerata la drammatica situazione attuale in Palestina, credi che quest'anno il centro educativo assuma un particolare valore aggiunto?
"È chiaro che, pur trovandosi in Cisgiordania e non nella striscia di Gaza, il centro Al Zuhur subisce tutte le ripercussioni della guerra, che ha sempre come conseguenza quella di aumentare ovunque le possibilità di conflitti tra le persone. Inoltre molti degli abitanti del campo profughi hanno parenti a Gaza, tant'è che sono numerosi i casi di lutti anche a Shu'fat. Perciò credo che proprio in questo momento l'attività di Al Zuhur assuma ancora più importanza".

Che giudizio puoi trarre sulla cerimonia di benvenuto tenutasi ieri e sulle prime riflessioni delle La cerimonia di benvenuto al municipio di Calderaravostre ospiti?
"È stata una cerimonia che ha visto un'elevata partecipazione sia della popolazione locale che della comunità palestinese presente nella provincia di Bologna. Per quanto riguarda le educatrici bisogna sottolineare che Hana e Nassrin, differentemente dalla direttrice del centro Hanem, sono uscite per la prima volta da Gerusalemme due giorni fa. Non avendo mai visto nulla di diverso dal campo profughi e dalle zone circostanti, la loro più grande meraviglia è stata quella di poter camminare, per la prima volta a trentun'anni, senza dover incorrere in posti di blocco. Chiaramente solo nei prossimi giorni potremo avere nuovi riscontri sull'efficacia formativa dell'attività svolta".

"Il diritto di giocare in pace" è un progetto realizzato anche grazie alla Regione Emilia Romagna ed ai sei comuni del consorzio Terre d'Acqua (San Giovanni in Persiceto, Sant'Agata Bolognese, Sala Bolognese, Anzola dell'Emilia, Crevalcore e Calderara di Reno). Come giudichi la collaborazione con questi enti?
"Sono estremamente riconoscente a Terre d'Acqua perché non è frequente trovare non uno ma addirittura sei comuni decisi a seguire un'associazione per tre anni in un progetto così impegnativo. Questa esperienza rappresenta secondo me un modello di quella che viene definita cooperazione decentrata, basata su enti che mettono a disposizione risorse in maniera collettiva. Questo perché in un'attività simile è l'intera comunità, compresi i singoli cittadini e le associazioni, che si mette al servizio di qualcun altro per fornire e al contempo ricevere esempi e modelli di competenze. Inoltre nel prossimo anno si unirà a noi anche la Provincia di Bologna, sottolineando ancora di più il contributo collettivo a questo progetto".

Nel suo discorso di ieri il sindaco di Calderara Matteo Principe, parlando di educazione ai bambini, ha affermato che al riguardo non esistono distinzioni possibili sulla base dell'appartenenza geografica e che per tale ragione questo progetto di scambio rappresenta un modello di cooperazione internazionale. Come giudichi questo riconoscimento?
"Chiaramente ne sono molto contento, poiché è un tributo alla bontà delle relazioni che abbiamo saputo costruire ed ai risultati che abbiamo saputo produrre, realizzando oggi questa dimensione di lavoro collettivo che rappresenta uno dei più grandi valori aggiunti al nostro progetto. Inoltre condivido perfettamente l'affermazione del sindaco riguardo alle giovani generazioni. Credo infatti che il lavoro quotidiano con i bambini, ovunque esso venga svolto, rappresenti sempre un impegno concreto anche in tema di lavoro per la pace, poiché nel futuro e nel presente di tutti ci sono i bambini".