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Emilia-Romagna

La naturale aspirazione di arrampicare

Intervista a Santino Cannavò, presidente della Lega Montagna Uisp, sul valore umano, sociale e ambientale dell'esperienza del climbing

Prime arrampicate con la Uisp agli SportDays di Rimini - Foto di Antonio MarcelloRIMINI - Le prove di arrampicata sulla parete verticale artificiale hanno riscosso un enorme successo nel padiglione Uisp allestito a SportDays, la fiera dello sport organizzata a Rimini dal Coni dal 9 all'11 settembre.

Santino Cannavò, presidente nazionale della Lega Montagna, quali sono a tuo avviso le ragioni di questa grande attenzione nei confronti di questa proposta di approccio all'arrampicata?
"Arrampicare è un'attività motoria che tutti abbiamo fatto da piccoli, passando dal gattonare alla posizione eretta. Proporla qui, come un gioco in sicurezza, fa sì che chiunque voglia provare dopo l'esitazione iniziale. E la soddisfazione di arrivare in cima poi è enorme, tant'è che l'arrampicata si usa anche nella riabilitazione psicofisica. Rispetto a questo primo approccio, uscendo poi in ambiente naturale il senso di benessere si amplifica. Noi stiamo puntando molto su questa disciplina, tanto che quasi la metà degli affiliati alla Lega Montagna fa arrampicata. Pareti artificiali come quella usata nel nostro padiglione ci permettono di spostarci anche nei contesti urbani e nelle scuole".

Credi che una prova di arrampicata fatta in una fiera susciti tanta curiosità da spingere poi le persone a un'attività continuativa?
"Sicuramente sì. Tant'è che dopo simili eventi riscontriamo un elevato numero di persone che si ritrova a volere riprovare".

Questo vuol dire per voi investire nelle pareti artificiali?
"Come Lega crediamo che le pareti artificiali abbiano significato solo laddove non c'è la possibilità di arrampicare in ambiente naturale. È lo stesso discorso dei parchi avventura, che in Italia si stanno diffondendo molto. Riteniamo che ci sia del buono nella diffusione di un'attività, ma non vogliamo che questa sia inflazionata e diventi business. Pareti artificiali e parchi avventura sono strumenti per mediare rispetto all'uscita in ambiente; strutture simili in contesti naturali sono invece sfregio all'ambiente e all'esperienza che si adatta al luogo. Perché la parete artificiale riduce l'interpretazione personale, poiché i movimenti sono obbligati e il tracciatore determina il gesto dell'atleta. Sulla roccia invece ognuno crea la sua via e interpreta l'ambiente".

Come accade in ambiente urbano con il parkour. Vedi delle somiglianze tra queste discipline?
"Sicuramente, anche perché hanno radici storiche comuni. Il parkour è una forma di ribellione al contesto urbano che mette in contrapposizione la libertà del movimento in ambiente con le costrizioni della città per la riconquista del luogo. La rivoluzione di questa disciplina somiglia a quella che ci fu nel passaggio dall'arrampicata tradizionale al free climbing, grazie a un movimento di giovani verso i primi anni '70 nella Valle dell'Orco in Piemonte".

Abbiamo parlato di arrampicata come aspirazione dell'uomo. Eppure questa disciplina obbliga a prestare un'enorme attenzione alla sicurezza. Voi come organizzate la formazione per garantire agli associati Uisp la massima tranquillità?
"Mettiamo al centro l'associazione. La formazione si struttura nel vivere insieme, nell'acquisizione lenta e costante delle pratiche e nel passaggio delle conoscenze all'interno di un gruppo. L'associazione è il luogo ideale per realizzare questo cammino: i nostri operatori sportivi volontari sono persone che dopo anni di attività decidono di mettere a disposizione degli altri la propria esperienza. Solo se capaci, sicuri per loro e per gli altri, formati sul piano ambientale e sociale possono operare. Non crediamo assolutamente ai corsi di formazione veloci, che anzi riteniamo estremamente pericolosi. E consigliamo a tutti di non appropinquarsi a un ambiente naturale senza una persona esperta e che giorno dopo giorno mette a disposizione la propria professionalità e umanità".

(vi.mar.)

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