A un anno dalla morte, il Comune di Bologna, in collaborazione con il comitato provinciale del Coni e la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, ricorda Ondina Valla, prima donna italiana a conquistare l'oro negli 80 metri a ostacoli alle Olimpiadi di Berlino del '36. Scomparsa a L'Aquila all'età di novant'anni, Trebisonda Valla nasce il 20 maggio 1916 da una benestante famiglia bolognese (deve il suo nome all'amore del padre per l'antica città turca Trapezunte). Ultima di cinque fratelli e unica femmina, si fa notare sin da giovanissima per la sua grinta: nel 1930 vince infatti i campionati italiani di atletica leggera e viene convocata in nazionale assieme alla concittadina Claudia Testoni, sua antagonista per tutta la carriera sportiva. "Le atletesse" divengono così un simbolo della "sana e robusta costituzione" e Bologna diventa la capitale dello sport al femminile.
Bruno Di Monte, responsabile del Centro Documentazione e Archivio Storico Nazionale dell'Uisp ed autore di "Era Uisp da cent'anni", ricorda come anche lo stesso regime fascista dovrà prendere atto di alcuni successi intervenuti, nonostante avesse penalizzato sia il lavoro che la pratica agonistica femminile. La donna sportiva è infatti stretta tra i pregiudizi riguardo a eventuali danni alla funzione procreativa (poiché il fascismo promuove l'incremento demografico e sostiene le famiglie numerose) ed é comunque obbligata al ruolo di tutrice degli affetti familiari. Essa è limitata anche esteticamente per l'abbigliamento in pista, giudicato dall'opinione pubblica non consono all'immagine tranquillizzante di moglie-mamma. Infatti, in seguito ai molti reclami, la sezione femminile della Fidal (Federazione italiana di atletica leggera) dispone regole precise: "Le atlete non dovranno mai per nessuna ragione oltrepassare il recinto dei campi sportivi senza indossare i calzoni lunghi, non dovranno abbandonare questi che al momento della propria gara. I calzoni da competizione non dovranno mai essere eccessivamente corti e le maglie dovranno essere a mezze maniche". Anche il Vaticano è decisamente ostile allo sport femminile: Ondina Valla racconterà in seguito che avrebbe voluto partecipare anche alle precedenti Olimpiadi di Los Angeles, ma che glielo impedirono dicendo che avrebbe creato problemi, in quanto unica donna a bordo di una nave piena di uomini. "Che discussioni con i miei genitori per l'atletica: mamma non voleva che facessi sport, - Sei una ragazza, ormai devi pensare ad altro - mi diceva; papà invece mi strizzava l'occhio e mi incoraggiava: - Vacci, vacci a fare le gare -". Anche Ondina, che pure è l'esempio di chi ha vinto la sua partita, non è sfuggita al classico diverbio familiare.
Le due bolognesi arrivano a Berlino quasi inosservate, i giornali le considerano poco, nonostante siano appaiate al quinto posto nelle classifiche mondiali. Le batterie filano via in scioltezza, le semifinali pure. Il 6 agosto 1936 sono entrambe in finale: Claudia in corsia 2, Ondina in corsia 4. La prima ha le mestruazioni, la seconda mal di gambe: lo dirà a gara finita attribuendo all'indolenzimento la sua lenta partenza. Da allora, è un crescendo di risultati e di vittorie. Veste la maglia della nazionale per sedici volte, versatile ed eclettica in molte discipline dell'atletica leggera, gareggia per 15 anni sempre ad altissimo livello, vincendo ben 15 titoli italiani sia nelle gare di velocità che nella corsa ad ostacoli ed eccelle pure nel salto in alto e nel pentathlon. A fine carriera, sono ventuno i record nazionali conquistati. Ai giochi olimpici di Berlino nel '36, in semifinale corre gli 80 ostacoli in 11.6", tempo omologato come primato mondiale. Il giorno successivo, 6 agosto, entra nella storia dello sport italiano: viene ricevuta con tutti gli onori a Piazza Venezia da Mussolini. Il suo primato di salto in alto (1,57 m), realizzato nel '37, resiste 18 anni, battuto solo nel 1955 da Paola Paternoster.
Dopo questi successi, Ondina ha seri problemi alla schiena, ma continua tuttavia a gareggiare fino ai primi anni Quaranta. Essa è inferiore per popolarità soltanto alla Nazionale italiana di calcio, campione nel '34 e nel '38. Nel 1948, durante il primo Congresso Nazionale dell'Uisp di Bologna, è eletta membro del Consiglio Nazionale dell'associazione. Nel 1978 la medaglia d'oro le viene rubata dall'abitazione. Il 7 luglio del 1984 l'allora presidente della federazione italiana di atletica leggera, Primo Nebiolo, dona alla pioniera azzurra una riproduzione identica dell'originale vinta a Berlino.
Molteplici sono stati gli eventi organizzati a Bologna in onore di Ondina Valla: il 16 ottobre, anniversario della scomparsa, la città ha intitolato all'atleta una via nel quartiere San Donato. Il giorno successivo, presso la Cappella Farnese, si è svolto il convegno "Ondina Valla, la vittoria di un sorriso". I lavori, aperti dall'Assessore allo sport Anna Patullo e dal presidente del Coni di Bologna Renato Rizzoli, hanno visto le relazioni "Ondina Valla e il suo tempo" di Gustavo Pallicca, segretario della Società italiana di Storia dello sport, "Sport femminile della seconda metà del 900: dalla ricostruzione alla caduta del muro" di Sergio Giuntini, docente all'Università Statale di Milano, "Primo evolversi della ginnastica e dello sport femminile" di Giorgio Bernardi, docente di Storia dello sport all'Università di Bologna, con moderatore Alberto Bortolotti, vice presidente dell'Unione Stampa Sportiva Italiana. Inoltre, dal 13 al 17 ottobre, la Galleria "Il punto", in via San Felice, ha allestito una mostra biografica curata da Stefano Stagni e Cristina Martini: una ricca esposizione di cimeli, tra cui spicca il pettorale 343 con cui Ondina vinse l'oro a Berlino nel 1936, e poi filmati, quadri, libri, ritagli di giornali e fotografie inedite risalenti agli anni dei suoi successi sportivi. Insomma, un ricordo a tutto tondo reso possibile dalla collaborazione del figlio Luigi, che ha messo a disposizione l'archivio di famiglia per rendere degno onore ad Ondina Valla, una delle più amate, significative e simboliche personalità dello sport italiano.