BOLOGNA - "Tracce di sport" è il nome del tour a tappe che l'ex pallavolista due volte campione del mondo Andrea Zorzi, a bordo di un camper, ha condotto in giro per l'Italia approdando poi, in vista della sua conclusione, ai Mondiali Antirazzisti nella giornata di sabato 10 luglio. Il tour è stato un viaggio per fotografare lo stato di salute dello sport nel nostro paese, con l'obiettivo di focalizzare l'attenzione sulla sua dimensione di fenomeno sociale che in modi e in misure diverse interessa la vita di molti italiani. A bordo del camper assieme a Zorzi anche un esperto di ricerca sociale, un giornalista, un fotografo e un cameraman per raccontare e utilizzare la forza di approcci differenti nella narrazione di volti diversi e sfumature che caratterizzano questo universo, raccogliendo sul campo la voce dei protagonisti, le storie delle persone e le immagini dei luoghi che lo compongono.
Il tour è partito da Montecatini Terme (PT) il 6 giugno. Come è stato organizzato e strutturato?
"Siamo partiti con l'idea di avere qualcosa da promuovere, da cercare nel mondo sportivo. L'itinerario di questo viaggio ha fatto tappa prevalentemente al centro-nord, ma solo per questione dei tempi blindati dalle attività del tour, privilegiando quindi solo una parte della nostra penisola. Una visione non completa di tutta l'Italia ma che comunque già sottolinea un aspetto molto importante: lo sport è tirato da tutte le parti. Ormai il mondo sportivo sembra concentrato solo sugli aspetti che lo rendono uno spettacolo sempre meno interessante: il protagonismo, il business ed il mercato. Dall'altra parte è vero anche che parlare di sportpertutti è molto complicato, perché il rischio è che se ne perdano i contorni. A tal proposito credo che per parlare di sport, in generale, occorra comunque riferirsi a dei capisaldi che ne costituiscono la vera struttura, evitando il fenomeno che lo vede tirato in ballo da tutte le parti".
Perché il tour ha scelto di fare tappa conclusiva proprio ai Mondiali Antirazzisti?
"Perché questa manifestazione rappresenta un luogo di sport e più precisamente di sport non competitivo. Un luogo dove è possibile praticarlo in maniera semplice, in cui la partecipazione è legata per la maggior parte ad un target ben definito: la fascia giovanile tra i venti ed i trent'anni di giovani provenienti dall'Europa e dal mondo. Un luogo in cui la pratica sportiva diventa un'occasione da declinare nella sua forma aggregativa più pura di socializzazione. Devo sottolineare però un aspetto che ritengo importante: per il mio passato di atleta: parlare di sport non competitivo suona come un ossimoro. Non penso che la competitività sia da considerare totalmente in maniera negativa, diventa negativa quando le si attribuisce un significato non appropriato. La competitività rappresenta la naturale voglia di vincere ed impegnarsi per un risultato. Credo faccia parte dei valori dello sport riconoscere chi ha vinto e chi no e soprattutto accettare la sconfitta. Declinato in questa modalità questa parola diventa secondo me un valore che assume anche una valenza educativa".
La tappa finale è comunque un momento per tirare le fila di un'esperienza. Come è stata complessivamente?
"La percezione è quella di aver vissuto un'esperienza ricca di emozioni in cui contemporaneamente è stato possibile osservare lo sport da vicino, sul territorio. L'impressione è stata quella di aver rilevato la mancanza dell'organizzazione di una rete che sia in grado di mettere a sistema il mondo sportivo, un mondo che da sempre abbraccia tante realtà diverse. Sarebbe interessante abbandonare l'approccio concreto dello sport, un concetto a cui l'Italia rischia di rimanere attaccata, parlando solo di impiantistica, atleti ed agonismo, tralasciando l'importanza delle idee in questo contesto. Idee che riguardano la possibilità di rendere lo sport più fruibile per tutti".
Quali sono i progetti futuri una volta conclusa questa esperienza?
"In cantiere c'è sicuramente l'idea di provare a raccontare questo viaggio attraverso un libro fotografico ed un documentario, produzioni che non si esauriscano solo alle immagini e che al tempo stesso non siano solo didascaliche. Il tentativo sarà quello di ricercare un filo conduttore che sia in grado di valorizzare questa esperienza. Proprio per questo nella costruzione della narrazione non pensavamo di adottare un criterio esclusivamente cronologico ma di provare a costruire delle area tematiche di riferimento che siano facilmente leggibili ed interpretabili. Il fine è quello di ottenere un prodotto che magari possa anche essere presentato nelle scuole, per illustrare a bambini e ragazzi uno sport visto con occhi diversi. E nel prossimo futuro, perché no, pensare alla possibilità di realizzare la seconda edizione di Tracce di sport".