La rabbia per essere stati purtroppo profeti di quanto successo oggi, con l'omicidio di Gabriele Sandri in un'area di servizio dell'autosole, domina le nostre riflessioni, e si accompagna al disgusto per la decisione di non sospendere il campionato in segno di lutto. La morte non è uguale per tutti?
Da tempo denunciavamo il pericolo di questa continua repressione, dell'incremento costante della tensione, della crescente militarizzazione degli stadi, senza alcun interesse per strategie di dialogo e lavoro sociale. Il risultato di tutto ciò è stata la rapida trasformazione - agli occhi dei cittadini e delle forze dell'ordine - di qualsiasi tifoso in un possibile delinquente, nei confronti del quale ogni provvedimento è possibile. Si vietano le partite, si vietano le trasferte, si impediscono diritti costituzionali... E, da oggi, si spara.
La morte di Gabriele NON è stata un fatto accidentale, NON è slegata dallo sport e dal tifo, come dichiarate in queste ore. Finiamola con i luoghi comuni. La morte di Gabriele è la naturale conseguenza delle decisioni sbagliate delle autorità e delle istituzioni su questi temi.
Ora esigiamo chiarezza, vogliamo sapere perché un ragazzo, un tifoso, è stato ucciso da un agente di polizia. Se davvero vogliamo che si fermi la spirale di violenza cominciata quest'oggi in alcune città, questa è l'unica strada da percorrere.