BOLOGNA - In questi giorni sui quotidiani e nelle reti televisive si parla molto di violenza nel calcio, in seguito ai tragici fatti di Catania che hanno portato alla morte dell'ispettore Filippo Raciti. Il commissario straordinario della Federcalcio Luca Pancalli ha deciso di fermare tutti i campionati per un weekend e questa decisione ha visto schierare pareri opposti tra chi condivide l'iniziativa e chi, invece, ritiene che questo provvedimento non possa servire a risolvere la situazione.
Ashley Green, rappresentante del "Progetto Ultrà" dell'Uisp Emilia Romagna, ritiene che "fermare i campionati possa essere un provvedimento valido, ma non soltanto per i mali della violenza. Il calcio andava fermato dopo «calciopoli». Qualcuno lo aveva proposto, dopo gli scandali di quest'estate, perché è un sistema che fa acqua da tutte le parti. Sono più perplesso sull'idea di giocare a porte chiuse. Inizialmente si era pensato di fermare il campionato per mesi e appena qualche presidente delle società si lamenta e si iniziano a fronteggiare eventuali problemi come i ricorsi degli abbonati, si fa marcia indietro, proponendo soluzioni che dovrebbero garantire la sicurezza ma che in realtà, probabilmente, poco hanno a che fare con la vera radice del problema". La stessa Uisp ha deciso di bloccare i campionati e "pazienza - afferma Green - se stiamo fermi e si perde qualche soldo. Molti dei gruppi ultras non avrebbero alcun problema a fermarsi per qualche giornata a riflettere. Occorre cominciare ad avviare attività di dialogo, tavoli di confronto, per ripartire solo quando si è già fatto qualcosa. Inoltre, ritengo che siano più arrabbiati i singoli tifosi, gli abbonati che vedono tutto questo come un problema non loro".
Anche gli ultras vorrebbero stadi più accoglienti, più funzionali, più vivi e attivi non solo durante il fine settimana. "Però non credo - continua Green - che questi siano fattori influenti su un eventuale comportamento violento anche all'esterno. Pensiamo a Catania: lì tutto si è svolto fuori. Mi chiedo quanto influiscano davvero i tornelli sulla violenza negli stadi". Sul sito del Progetto Ultrà è stata inserita anche un'area dedicata alla consulenza legale offerta ai diffidati. Questa iniziativa è nata già da qualche tempo e vede la presenza di alcuni avvocati specializzati su questi temi. Green afferma che "alcune delle misure prese per contrastare il problema della violenza colpiscono indiscriminatamente tutto il mondo del tifo senza garantire, in certi casi, quelle libertà individuali sancite dalla Costituzione: in primo luogo, il fatto che qualunque provvedimento debba avere una possibilità di difesa e un giudice che applichi tale legge. Ci piace che tutti conoscano i loro diritti e i loro doveri e possano difendersi in maniera adeguata".
È evidente che la strada è ancora molto lunga, ma è necessario, fin da subito, adottare misure idonee per attuare un radicale cambiamento della situazione. Le prime proposte il Progetto Ultrà le ha presentate sul sito e in un incontro tenutosi il 6 febbraio tra Carlo Balestri, responsabile della struttura, ed il Ministro Melandri. "Essere riusciti ad avere un incontro con i vertici del Governo e con il Ministero dello Sport - sottolinea Green - rappresenta sicuramente un passo avanti per ragionare su strategie diverse che non siano soltanto di contenimento della violenza e di repressione. Noi abbiamo proposto, innanzitutto, di avviare un osservatorio delle buone pratiche, andando ad analizzare sia a livello nazionale sia internazionale quali sono i progetti che si occupano già adesso di attività di carattere sociale con i tifosi di calcio, trattando temi come violenza, razzismo e lotta alla discriminazione. Un'altra iniziativa da portare avanti, se si vuole avere una soluzione reale, è quella di parlare, discutere, avviare un confronto con gli stessi gruppi ultras che devono essere disposti a ripensare alcune dinamiche. Però, qualunque tavolo di confronto deve avere la disponibilità di tutte le parti, cioè autorità, istituzioni e gruppi ultras, discutendo in maniera propositiva sulle reali cause dei problemi. A lungo termine, si può sicuramente ragionare riprendendo modelli europei, non soltanto quello inglese, ma anche quello tedesco o olandese che si caratterizzano per un lavoro diverso, di mediazione sociale. In Germania esistono strutture che si chiamano fan-projekte, formate da operatori sociali istruiti e capaci, rispettati dai tifosi stessi, che fungono da centro di coordinamento, di dialogo tra le varie parti in causa, divenendo un referente positivo per le tifoserie".
In Gran Bretagna, hanno sconfitto la violenza degli hooligans inasprendo le pene ed è inevitabile chiedersi se un simile sistema in Italia potrebbe funzionare. "Il modello inglese ha sicuramente degli aspetti positivi e ha dato dei risultati, però non si può dimenticare che il contesto inglese è differente: gli hooligans sono molto diversi dai nostri ultras. Qualche misura va sicuramente ripresa - afferma Green - e noi stessi siamo piacevolmente colpiti dagli stadi inglesi e dal loro comfort. Tuttavia, in Inghilterra la maggior parte dei giovani non riesce ad andare a vedere le partite, perché i biglietti costano troppo". In sostanza i prezzi alti sono usati come deterrente per prevenire la violenza, ma rendono lo stadio un privilegio per pochi. "Gli stessi tifosi inglesi lamentano una perdita di atmosfera fortissima negli stadi, perché vengono a mancare aspetti importanti, come il supporto e il calore del pubblico".
"Per com'è stata gestita fino ad oggi la questione, è probabile che una soluzione definitiva al problema sia ancora molto lontana: ogni provvedimento, di solito, ha come effetto un calo immediato della violenza, dovuto alle misure prese e agli stessi gruppi che capiscono che forse è il momento di stare tranquilli. Dati numerici provano però che dopo poco tempo tutto torna come prima e ogni due anni ci ritroviamo ad affrontare lo stesso problema. Noi non abbiamo la ricetta magica ma con strategie diverse si possono limitare molti episodi. Va bene colpire chi è realmente colpevole, possibilmente con un processo, con una difesa e, se si ha la certezza della pena, con sanzioni. Ma non si può fare solo quello; occorre cercare di capire il perché, andare alla radice del problema".
Un aspetto spesso sottovalutato è quello delle connivenze tra gruppi ultrà e società di calcio. Nel disegno di legge del Governo è previsto il divieto per i club di offrire agevolazioni ad associazioni di tifosi che abbiano nelle loro fila persone condannate per reati da stadio o che propagandino la violenza. Esistono dei rapporti economici poco leciti tra alcuni gruppi ultras e società riguardanti, ad esempio, la gestione dei parcheggi, del merchandising, dei biglietti, delle contestazioni. I presidenti spesso si sono dissociati, ma non hanno mai preso provvedimenti concreti per eliminare queste situazioni, se si esclude il caso del presidente della Lazio Lotito che tuttavia, secondo Green, non è l'esempio migliore. "Mi fa un po' ridere adesso vederlo additato come eroe perché ha denunciato alcuni componenti della tifoseria degli Irriducibili che lo hanno minacciato sostenendo Chinaglia nella fallita scalata alla società, quando lui stesso, qualche anno fa, ha utilizzato il sostegno della tifoseria per comprare la Lazio e andava sotto la curva, facendosi chiamare Duce. Oggi quelle stesse dinamiche gli si sono rivoltate contro". In ogni caso, è indubbio, che "alcuni leader storici, in contesti anche importanti, hanno trasformato una componente di aggregazione, che dovrebbe rimanere autonoma, in qualcosa di più legato ad un business con la società per avere un tornaconto economico".
"Ma non riteniamo positivo - conclude il rappresentante di Progetto Ultrà - il discorso di vietare qualsiasi tipo di rapporto tra società e tifoserie; al contrario proponiamo di responsabilizzare i gruppi ultras incentivando iniziative come i «Supporters' Charters», vere e proprie Carte del Tifoso, in cui sia le società calcistiche che le tifoserie trovano una linea comune su cui operare, aderiscono a principi condivisi, ricusando certi tipi di comportamenti, realizzano iniziative positive, collaborano, si ascoltano l'una con l'altra e utilizzano lo stadio in maniera più propositiva". È giusto dunque vietare le connivenze economiche, però "non facciamo in modo di mettere tutto ciò che riguarda la tifoseria e la società nell'ombra, perché è in quell'ombra che vengono a crearsi dinamiche non esattamente lecite".