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Gastone Nencini: la figlia Elisabetta racconta il “leone del Mugello”

Uno sguardo al Mugello ed alla sua vocazione sportiva non poteva non raccontare uno dei più grandi rappresentanti di questo territorio, per risultati e notorietà. Parliamo di Gastone Nencini, che cerchiamo di raccontare attraverso le parole della figlia Elisabetta.

Elisabetta, chi era il Gastone Nencini campione?

Mio babbo è stato una leggenda del ciclismo e uno dei più grandi atleti italiani. Conosciuto e ricordato come il “leone del Mugello”, per l’indomito coraggio e la determinazione in corsa, era nato a Bilancino di Barberino del Mugello il I° marzo 1930. Professionista dal 1953 al 1965, primeggiò su un plotone di grandi campioni che nella storia del ciclismo non avrà uguali. Vinse il Giro d’Italia nel 1957 ad una media record che rimase imbattuta per ventisei anni; e il Tour de France nel 1960,  che gli consentì di entrare nella leggenda del ciclismo a cui possono aspirare solo i giganti del pedale. La stretta di mano del Generale Charles De Gaulle a Colombey Les Deux Eglises sigillò la straordinaria vittoria. Ad oggi, detiene il record di aver concluso nella stessa stagione – correva l’anno 1957- i tre Grandi Giri (Giro d’Italia, Vuelta Espana, Tour de France) nelle prime dieci posizioni.  E’ stato  uno dei soli cinque corridori nella storia ad aver vinto sia Giro d’Italia che Tour de France, e le rispettive classifiche degli scalatori. Designato “l’uomo dai traguardi di prestigio”, vinse tappe che sono entrate di diritto nella storia del ciclismo. Fu considerato il miglior discesista di tutti i tempi, campione completo.

Chi era invece il Gastone Nencini uomo?

Nato dove ora si trova il lago artificiale più grande d’Europa, la sua storia parte da qui, dove ha cominciato a metter da parte i soldi per la prima bicicletta. Il suo babbo era contrario, perciò  iniziò a collaborare con i renaioli e a forza di quintalate di  rena racimolò il necessario per  comprare una PINZANI usata,  di color azzurro,  che teneva nascosta al babbo posteggiandola da un parente.

 Cosa lo legava al suo territorio?

L'orgoglio della sua gente e la capacità, con le sue imprese, di far parlare non solo della sua persona, ma anche delle sue origini. Divulgate dalle più grandi penne del giornalismo internazionale del tempo, come da grandi scrittori, poeti e artisti, che, attraverso la loro arte, hanno portato a conoscenza nel mondo quel piccolo borgo di case dal nome che sembra uno scherzo, Bilancino, e con esso il Mugello. Fu un grande del giornalismo, Giampaolo Ormezzano, durante il Tour de France, a coniare il suo soprannome “leone del Mugello”, volendo esprimere le sue capacità agonistiche ed il carattere caparbio e ostinato.

C’è un ricordo significativo di quel legame, ed è la cartolina postale dove si ritraeva la nostra casa: uno scorcio di Bilancino, un piccolo agglomerato di case, attraversato dal fiume Sieve. Nella foto si intravede la balaustra del ponte da cui si tuffava mio padre, nelle acque gelide d'inverno. Come altri grandi monumenti del Mugello, come i castelli di Cafaggiolo e del Trebbio, la Fortezza medicea di San Piero, la casa di Giotto e il bellissimo Palazzo Pretorio di Scarperia, la grande casa bianca dove era nato il campione rappresentava un luogo di orgoglio. E pertanto, meritevole della stampa di una cartolina postale per i propri cari. Quest’oggetto serba per me anche la memoria di quel carattere ardimentoso e spericolato (altrimenti che leone sarebbe stato ??), che lo spingeva a tuffarsi nella Sieve in piena.

 E qual era il legame con la popolazione mugellana?

Rispondo con un aneddoto. La gente si sentiva molto vicina. Il ciclismo era uno sport di massa, seguitissimo. Ed era una metafora della vita, con tutte le sue fatiche. I mugellani erano gente abituata a lavorare, a faticare. Una volta, a una mostra fotografica a Milano, vidi un   omone piegato in due a piangere. Aveva riconosciuto in una foto il suo babbo. C’era un pullman con tre tifosi intorno, uno era suo padre che seguiva Gastone ancor quando era dilettante e non professionista.  A quei tempi non c’erano tante disponibilità economiche e quel signore mi raccontò che in casa sua mangiavano poco la carne, forse una volta al mese. Un giorno questo signore, allora bambino, vide il padre con un fagotto di carne e gli chiese se quel giorno l’avrebbero mangiata. No, rispose, questo lo porto a Gastone, perché domani ha una corsa ed ha bisogno di alimentarsi al meglio.

In generale, viveva molto il suo territorio. Era una persona cordiale, frequentava qualche circolo e le feste di paese a Scarperia, Barberino,  Borgo San Lorenzo,  San Piero,  dove si cantavano stornelli.  Molto spesso portava anche noi figli, senza mai gli atteggiamenti del divo distaccato, nonostante la grande notorietà soprattutto dopo la vittoria al Tour.

 Qualche aneddoto curioso?

Questo credo che lo sia. Tra gli anni ’50-’60, in una piccola chiesetta sopra Ronta di Mugello, Santa Maria a Pulicciano, era parroco don Rino, grande latinista e docente in lingua greca. Nonché grande appassionato di ciclismo. Nel 1955, in occasione del Campionato del Mondo a Frascati, dove mio padre era uno dei favoriti, don Rino Bresci - d’accordo con alcuni parrocchiani molto sportivi - ebbe l’idea di allestire un pullman. Ma, poveretto, non aveva una lira. Cosa ideò allora? Chiese un contributo alla Curia per un pellegrinaggio al Santuario della Verna. Accolta questa richiesta e ricevuti i fondi, don Rino e i suoi parrocchiani invece di andare alla Verna raggiunsero Frascati!

 Come viene ricordato questo campionissimo nella sua terra?

La sua memoria è viva, anche grazie ai monumenti dedicati in suo onore: in cima al Passo della Futa, con la celebre cronoscalata a lui dedicata; la pista ciclopedonale “Gastone Nencini”, all’interno del Parco di Bilancino; e l’omonima via, una bellissima strada panoramica sul lago di Bilancino.