Lo sport fa sempre bene? Bisogna distinguere, prestando attenzione ai rischi. Elise Bixby, medico sportivo sul New York Post ha recentemente elencato una serie di accorgimenti utili per accompagnare i ragazzi nello sport senza mettere a rischio la loro salute. FanPage, testata giornalistica on line, ha ripreso e rilanciato l’argomento grazie all’articolo di Nicolò De Rosa dal titolo: “Carichi eccessivi e poca varietà: la pediatra spiega gli errori comuni dei genitori che fanno fare sport ai figli”.
Siamo all’inizio dell’anno scolastico e della nuova stagione sportiva e molte famiglie sono alle prese con questa domanda: qual è lo sport migliore per ragazzi e ragazze? Quale quello più adatto alle loro attitudini e alle loro motivazioni?
Abbiamo girato queste domande a Michele Di Gioia, responsabile nazionale Uisp per le Politiche educative.
“Sicuramente lo sport rappresenta un aspetto fondamentale nella crescita di minori e adolescenti – risponde Di Gioia - non solo sul piano fisico, ma anche su quello emotivo e sociale: nell’approccio alla scelta dello sport da parte delle famiglie, questo dev’essere inteso come un percorso in grado di sviluppare l'empowerment personale e di gruppo, instaurare relazioni, e sviluppare nuove competenze, non semplicemente come l’apprendimento di una disciplina sportiva”.
“Questo cambiamento culturale, che Uisp sta accompagnando anche attraverso il concetto di transizione sportiva, deve porre costante attenzione ai minori, anche in considerazione che dopo il 2020, c'è stato un peggioramento significativo dell'indice di salute mentale tra gli adolescenti italiani: in primo luogo bisogna portare fuori dalla comfort zone, che può essere intesa anche come la propria stanza, i ragazzi e le ragazze che sempre con maggiore frequenza si auto-escludono dalla vita sociale e si isolano per periodi prolungati, talvolta per anni. Si tratta di un fenomeno sempre più affiorante tra i giovani, che viene chiamato hikikomori, che si manifesta con l’isolamento completo dalla vita sociale e il rifiuto del mondo esterno”.
“La visione dell’Uisp, da sempre accompagna la necessità di abbinare sport e socialità, quasi fossero facce della stessa medaglia. Evidenze scientifiche ormai consolidate dimostrano i benefici dello sport per le persone di minore età, non solo nella prevenzione di alcune patologie ma anche come valido strumento per combattere le disuguaglianze sociali. Quest’ultimo aspetto, come ha suggerito il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) di includere il tasso di deprivazione sportiva nell’elenco degli indici di Eurostat, per misurare la deprivazione materiale. In Italia un minorenne su cinque non pratica sport, un dato su cui, per il 58,4%, incide la condizione economica della famiglia che non può permettersi attività di svago fuori casa a pagamento”.
“Un tema allarmante che emerge dai dati statistici nazionali è l’abbandono sportivo in età sempre più precoce: già dopo la scuola primaria i bambini italiani cominciano ad allontanarsi dalla pratica sportiva continuativa e aumento numero dei giovani sedentari. Il drop out sportivo, annoso problema trasversale a tutte le discipline, in Italia colpisce circa il 30% dei ragazzi tra i 13 e i 16 anni. E se fino a qualche anno fa l’età spartiacque dell’abbandono sportivo era quella tra i 14 e i 15 anni, negli ultimi anni si è osservato che il trend negativo comincia già a 11 anni, 9- 10 anni per alcuni sport".
"La specializzazione precoce nello sport è causa diretta drop out sportivo, per cui diventa importante porre attenzione da parte delle famiglie alla scelta dello sport dei propri figli. Se il sistema sportivo iperspecializza, non garantisce la conoscenza e la coscienza del corpo, l’esplorazione del corpo in movimento, crea bambini e ragazzi non sono in grado di riciclarsi su altro. Struttura bambini e bambine che sapranno, forse, fare una disciplina sportiva, ma magari non hanno la consapevolezza né rispetto del proprio corpo”.
(a cura di Ivano Maiorella)
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