Ho 48 anni e ben due figlie che giocano a pallavolo, sulla scia della mamma. La più grande, ha 17 anni, la piccola 11 tra poco. Con l’arrivo della seconda - dopo un paio d’anni, a dire il vero! - ho dovuto smettere di giocare e “accontentarmi” di accompagnare loro, il tempo non bastava mai. La mia storia pallavolistica di palleggiatrice mi ha visto arrivare fino alla prima divisione; poi, per la maggior parte, ho giocato nei campionati amatoriali UISP. Dove fra l’altro ho incontrato mio marito.
Prima della pallavolo avevo praticato solo sport individuali: pattinaggio a rotelle, ginnastica ritmica, e nuoto. Poi, grazie a mio zio che era dirigente in una società di pallavolo qui a Firenze, seppi che stavano creando una squadra under 14. Ed è così che è nata la mia passione per il volley - dai 14 fino alla soglia dei 40 anni - da cui poi sono scaturiti affetti e amicizie che fanno stabilmente parte della mia vita. Anche le mie figlie sono praticamente nate in questo ambiente. La più grande, in particolare, mi ha accompagnato sui campi da gioco anche da prima, visto che nei primi sei mesi di gravidanza non mi ero accorta di essere incinta ed ho continuato a giocare. Poi ho continuato fino all’ottavo mese, peraltro iniziando anche ad allenare la squadra di mia sorella – sempre nei campionati Uisp – e riprendendo non appena mia figlia maggiore compì tre mesi. Non riuscivo a stare lontana dalla pallavolo, e lei era sempre con me: è logico che le abbia trasmesso la mia passione. E forse non è un caso che sia diventata anche lei palleggiatrice, come la mamma… Ricordo che era un po’ “birbona”. Voleva stare solo con me, prendeva il latte solo da me, e spesso faceva delle bizze terribili. Ricordo che una volta, nel mezzo di una partita, mentre io allenavo le ragazze lei era in braccio a mia mamma, sugli spalti: fui obbligata a salire su per calmarla, altrimenti non avrebbe mai smesso. E le mie giocatrici, quando chiamavo il tempo tecnico, dovevano venire lì sotto per farsi dare le indicazioni!
La cosa simpatica è che, quando poi ha iniziato anche lei a giocare, tra le sue compagne c’era la figlia di una ragazza che aveva cominciato insieme a me, da piccola, nella mia prima squadra di pallavolo. Noi due ci siamo ritrovate lì, per caso, ed è stato molto bello.
Mia figlia più piccola, invece, ha iniziato da poco e gioca nel mini-volley. Ma non credo farà la palleggiatrice, vista l’altezza le pronostico un futuro da “centrale”. E poi, ce ne sono già troppe in famiglia!
Avere due figlie impegnate nello sport non ci pesa minimamente, a livello famigliare. Anzi, finora sono sempre state le ragazze ad adeguarsi alla passione mia e di mio marito per la pallavolo. Adesso ricambiamo volentieri, le accompagniamo senza fatica ad allenamenti e partite e ci siamo riorganizzati una bella compagnia e nuove amicizie con gli altri genitori.
Penso che il mondo dei campionati Uisp, oltre ad averci consentito di vivere la passione per questo sport, ci abbia anche permesso di farlo in un ambiente che ci ha trasmesso la cultura dello sport, dello spirito di squadra anziché dell’individualismo. Che rivedo anche in mia figlia. Ad esempio, la sua migliore amica è palleggiatrice come lei. Per tanti anni si sono giocate il posto, ma sono sempre state affiatate e mai gelose l’una dell’altra.
Divertirsi, stare insieme e giocare tutti: questo è sempre stato il mio modo di vedere la pallavolo. Nulla togliendo al sano piacere di vincere! In questo senso, qualche volta è capitato anche di darsi delle belle soddisfazioni. Come il terzo posto alle finali nazionali di Rimini, con la squadra amatoriale femminile; mentre, con il misto, come “Firenze 5 - Palestre” - squadra in cui ho conosciuto mio marito - abbiamo vinto il campionato provinciale.