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Silvia Salis, la "bambina più forte del mondo"

Più volte campionessa italiana di lancio del martello e membro della squadra nazionale di atletica leggera nelle principali rassegne internazionali, Silvia Salis ha raggiunto oggi uno dei gradini più alti della politica sportiva: quello di Vicepresidentessa vicario del CONI. Lo spunto di questa intervista, che Silvia ha trovato il tempo di concederci nonostante la fittissima agenda, risiede nel suo recente libro “La bambina più forte del mondo” (Salani, 2022), che si ispira alla sua storia come atleta. Abbiamo voluto approfittarne per descrivere insieme a lei il suo percorso, da atleta a dirigente federale donna.

Chi è Silvia Salis oggi?

Sono una donna che è riuscita a trasformare l’amore per lo sport prima in un percorso appagante sui campi da gara, poi in un percorso professionale originale e di grande soddisfazione.

E guardando indietro, chi è stata Silvia Salis?

Sono stata una bambina fuori dagli schemi, molto movimentata, estremamente curiosa. Che ha potuto scegliere cosa fare della sua vita.

 Perché da piccola hai scelto l'atletica leggera?

 Dalla più tenera età ho vissuto dentro il campo di atletica leggera di Villa Gentile, a Genova. Sono cresciuta “in pista”, la scelta è stata più che naturale.

 Cosa ti ha dato questo sport?

 Mi ha dato una grande consapevolezza, il senso del lavoro e del merito. È difficile sintetizzare dei momenti, credo però che il regalo più grande sia avere oggi un metodo per affrontare le sfide della vita.

 Oggi sei Vice Presidente vicario del CONI: quali sono le difficoltà e le opportunità per una donna che voglia fare questa carriera? 

 Nella vita preferisco sempre concentrarmi sulle opportunità e non sui problemi. In questo caso l’opportunità contiene il problema: è positivo il fatto di rappresentare il cambiamento, quindi già l'essere una donna dirigente sportiva porta con sé una valenza positiva, comunica un senso di progresso. Il problema è che non tutti accettano il progresso. Quindi capita che, a volte, al di là delle competenze reali, si venga ostacolate o scavalcate a priori. La mia soddisfazione più grande è vedere i miei colleghi più resistenti cambiare idea su di me. E questo succede sempre più di frequente.

 Cosa pensi dell'attuale situazione dello sport nelle scuole, e in particolare dell'atletica leggera?

 La situazione dello sport nelle scuole è totalmente insufficiente a fornire ai nostri ragazzi la possibilità di avere un reale diritto allo sport.  L’atletica leggera non fa eccezione. Lo sport a scuola è poco, spesso non esiste, in quanto molte scuole hanno palestre fatiscenti e non utilizzabili. Però non si può colpevolizzare il mondo sportivo per questo. Il cambiamento deve partire dal Ministero dell’Istruzione: lo sport è cultura e deve avere il peso, la dignità e le attenzioni delle altre materie.

 Hai scritto un libro per bambini che trae spunto dalla tua storia di piccola atleta: a chi ti rivolgi?

 Ho scritto un libro che, attraverso la storia della mia vita, vuole dare un messaggio di parità di genere, inclusivo e contro gli stereotipi fisici. L’ho scritto perché le bambine, ancora oggi, anche negli ambienti più evoluti, ricevono stimoli completamente diversi dai maschietti. A quante bambine diciamo “come sei bella” e a quanti bambini “come sei forte”… O pensiamo a quando, ad esempio, una bambina ama il pugilato. Il commento è sempre che “così si rovina”. Potrei fare mille altri mille esempi. Così facendo le bambine crescono pensando che ci siano discipline e lavori da maschi, mentre altri da femmine. E così gli orizzonti si restringono.

 Credi che i bambini ed i giovani possano trovare ispirazione e stimolo da questo tuo racconto?

 Ne ho la riprova ogni giorno. Ricevo molti messaggi da giovani lettori, ma soprattutto dai loro genitori. Il libro andrà alla quarta ristampa in un anno e ne sono molto felice, anche perché devolverò i proventi all’Ospedale Pediatrico “G. Gaslini” di Genova, la mia città.