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Compensi sportivi: cosa fare dal 1° settembre?

Dal 1° gennaio 2023 modifiche alla gestione delle collaborazioni sportive. Ma prima? Ecco la nota di Arsea.

 

Se tutto va bene sarà approvato il correttivo al Decreto Legislativo 36/2021 che, nell’ambito della più ampia riforma dell’ordinamento sportivo, interviene in materia di lavoro sportivo. Dal 1° gennaio 2023 pertanto non potremmo fare più ricorso ai compensi sportivi per come li conosciamo ma avremo lavoratori – con alcune agevolazioni fiscali e previdenziali – e volontari. Ma fino ad allora?

Il provvedimento in bozza prevede espressamente (art. 35 comma 8 quater nella versione corretta) che per i rapporti di lavoro sportivo iniziati prima del termine di decorrenza indicato all’articolo 51 (e quindi prima del 1/1/2023) e inquadrati, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 67, primo comma, lett. m), primo periodo, del TUIR non si dà luogo a recupero contributivo. D’altro canto, avendo optato per rendere operativo il provvedimento dal primo gennaio 2023 non se ne possono retrodatare gli effetti giuridici.

Resta però in capo alla ASD/SSD l’onere di dimostrare – come da sempre - che:

1) il reddito in capo al percipiente non sia conseguito nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente (incipit del citato art. 67 TUIR);

2) l’ente realizzi effettivamente attività sportive dilettantistiche espressamente riconosciute dal CONI;

3) l’ente sia effettivamente senza scopo di lucro diretto ed indiretto;

4) l’ente presenti i requisiti anche formali per qualificarsi come ASD/SSD (requisiti statutari, affiliazione ad organismo sportivo riconosciuto dal CONI, iscrizione nel registro CONI).

Perché è necessaria quindi particolare prudenza nel ricorrere a questa tipologia di collaborazione?

Perché gli orientamenti interpretativi negli anni sono cambiati e di recente diverse sentenze della Cassazione hanno evidenziato come non possa qualificarsi come compenso sportivo – non soggetto a contribuzione previdenziale e soggetto al ben noto regime fiscale agevolato – il rapporto che si connota per la professionalità del collaboratore, ritenendo tale anche la collaborazione in regime di monocommittenza che generi redditi non soggetti a ritenute fiscali per la semplice circostanza che la collaborazione era prolungata nel tempo.

Resta pertanto a carico dell’organizzazione sportiva assolvere alla prova diabolica che non si tratti di attività conseguita in ambito professionale perché a fronte della contestazione di tale natura della collaborazione il compenso verrebbe ripreso integralmente a tassazione e verrebbe richiesta la liquidazione dei contributi previdenziali inerenti.

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