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Italia condannata da Strasburgo: non riconosce i diritti dei gay

Intanto la legge sulle unioni civili è ancora ferma al Senato. L'Uisp è al fianco delle associazioni LGBT. Parla M. Claysset
Nei giorni scorsi la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato l’Italia perché non riconosce i diritti delle coppie omossessuali: secondo la sentenza è stato violato l’art. 8 della Convenzione sui diritti umani. Il giudizio è stato emesso all'unanimità dalla Corte di Strasburgo. “È solo l’ultimo di una serie di episodi che evidenzia quanto il nostro Paese sia arretrato sul tema dei diritti - dice Manuela Claysset, responsabile politiche di genere Uisp - L’Italia è l’unico tra i grandi Paesi europei a non aver ancora dato una risposta sulla questione del riconoscimento delle coppie dello stesso sesso. Anzi, proprio a ridosso della sentenza della Corte europea, in Commissione Giustizia del Senato, il DDL Cirinnà che propone la regolamentazione delle unioni civili in Italia, ha visto l’ennesimo blocco”.

“L’Uisp è da sempre impegnata sul terreno dei diritti - continua Claysset - ed è al fianco delle associazioni LGBT e di tutte quelle realtà che si impegnano su questi temi: un confronto continuo e impegnativo, per parlare di diritti mettendo al centro della nostra iniziativa la persona. Anche nel nostro Paese le famiglie sono cambiate e hanno bisogno di leggi che riconoscano a tutte gli stessi diritti e doveri”.

Negli ultimi anni il Parlamento italiano ha analizzato proposte di legge per il riconoscimento delle coppie dello stesso sesso, che sono state sempre contrastate o bloccate da varie forze politiche per non stravolgere la famiglia “tradizionalmente intesa” e togliere ad essa diritti fondamentali. Nel frattempo tanti altri Paesi del mondo hanno legiferato e regolamentato le unioni tra persone dello stesso sesso, senza per questo togliere diritti alle unioni etero sessuali. "Le coppie omosessuali possono sposarsi in Spagna, Olanda, Belgio, Portogallo - continua Claysset - altri paesi, come Inghilterra, Danimarca e Finlandia, hanno forme di riconoscimento; hanno legiferato sul tema la Repubblica Ceca, il Sudafrica, il Nepal e tanti altri. L’Italia invece, insieme a Polonia, Lituania, Estonia, Moldavia e pochi altri, riconosce diritti solo alle unioni tra uomini e donne. Alcuni Comuni hanno avviato forme di riconoscimento, per tentare di promuovere una politica dal basso che fosse in grado di modificare la situazione attuale".
"Comprendiamo che non sia un terreno facile - conclude Manuela Claysset - perché riguarda aspetti delicati della sfera personale ed etica, ma occorre guardare alla realtà e lavorare per ampliare i diritti e non per limitarli. Viviamo in un mondo globale, in una Europa che cerca, anche se con grande fatica, di essere un paese unico senza frontiere. Invece, viviamo una situazione in cui coppie italiane dello stesso sesso potrebbero sposarsi e avere figli in altri paesi europei, che in Italia non sarebbero riconosciuti”.