Comitato Territoriale

Cagliari

Tema sull'8 marzo: UISP Cagliari riflette sulla Festa della Donna.

Politiche di Genere e Pari Opportunità. Le dirigenti Broccia e Lorrai intervistate in occasione della ricorrenza della Festa della Donne.

 

Quando venne istituita questa ricorrenza" - ci scrive Pietro Casu, Presidente della UISP di Cagliari - "un fiore allegro e vivace costava poco, sbocciava a Marzo e si narra che dalle ceneri di un incendio che distrusse una fabbrica, dove rimasero vittime 109 donne, nacque una bella pianta di mimose. Queste sono alcune motivazioni perché l'acacia dealbata, un bellissimo e profumato fiore giallo, è il simbolo di questa giornata Internazionale della Donna, nata per ricordare tutte le conquiste delle donne in campo economico, politico e sociale ma anche le discriminazioni e le violenze cui le donne sono state sottoposte in passato e ancora oggi subiscono”.  Pietro sostiene come “Questa festa purtroppo perde sempre più di significato, giorno dopo giorno, per motivi prettamente commerciali, così come altre feste comandate. In realtà tutti lo dicono ma pochi mettono in pratica che tutto l’anno dovrebbe essere l'8 Marzo.

La UISP in questa giornata, oltre a celebrare l’emancipazione femminile e ricordare tutte le conquiste in campo economico, politico e sociale, decide di trattare altri temi legati ad essa come la violenza sulle donne. Lo scorso weekend si è tenuta in alcune città italiane la “Corsa Rosa” allo scopo di sensibilizzare le persone a questo genere di problemi. La UISP Sportpertutti è sempre stata molto sensibile alla promozione sportiva prescindendo dalla cultura, religione, età, capacità fisiche e mentali, orientamento sessuale e classe sociale dell’individuo. A testimoniare quanto appena detto, ricordiamo che la “Carta Europea dei Diritti delle Donne nello Sport”, presentata dalla UISP nel 1985, è divenuta patrimonio della comunità europea due anni dopo la sua stesura. E ultimamente è stata rivisitata in una "Carta Fumetto" dalla fumettista Franziska.

In tutta Italia in UISP si registra una forte crescita di presenza femminile, un incremento significa nuovi punti di vista ed idee al servizio dell’Associazione, nondimeno è per il Territoriale di Cagliari che ha deciso di dedicare un intervista ad alcuni dirigenti donne del Consiglio Direttivo, come Roberta Lorrai e Roberta Broccia, ma abbiamo anche sentito un maschietto, Giorgio Nurchi, tirocinante presso il Settore Comunicazione del Comitato UISP campidanese.

Trovi che questo genere di iniziative siano utili alla causa?

Roberta Lorrai: Apprezzo questo genere di eventi, impegnandomi nel darne una lettura positiva, che si affianca al mio pensiero: << se ne parliamo, ci fa meno paura>>. Vorrei che se ne parlasse, però, dandone un'accezione non semplicemente “femminile”. La “Corsa Rosa”, come manifestazione volta alla sensibilizzazione di un tema così delicato, credo dovesse coinvolgere tutti, in maniera attiva. Una “Corsa Rosa per tutti”, in cui tutti corrono per noi e per una società migliore, perché la violenza, di cui si parla, è una violenza maschile sulle donne e non possiamo scindere le due cose. Quindi si, apprezzo le manifestazioni che fanno da tramite, da mezzo attraverso il quale sensibilizzare l'opinione pubblica. Vorrei però che anche lì non ci fossero barriere legate alla semplice identità di genere.

Roberta Broccia: Il rischio in questo modo è la discriminazione e l’autoreferenzialità. Forse è proprio questo il vero problema culturale dei nostri tempi. Difatti ogni qual volta si parla di “problema di genere”,  ci si rivolge solamente alla platea femminile come se il problema non riguardasse tutti. Questo ragionamento vale, come detto sopra, sia per questa piccola intervista come per eventi di più ampio respiro come la corsa “Solo Women Run” tenutasi a Cagliari lo scorso fine settimana dove potevano iscriversi solo le donne. Per cui per rispondere alla prima domanda, queste iniziative fanno bene solo se sono trasversali e non autoreferenziali. Per capirci: potrei stare ore a parlare con la mia coinquilina del perché esistano ancora donne trattate come oggetti, ma sarebbe preferibile includere nel discorso anche il maschietto di casa.

Giorgio Nurchi: Assolutamente si, è importante affrontare questo genere di situazioni in stile UISP: con lo sport ma soprattutto con lo sguardo verso un futuro migliore ed egualitario.

In quali altri modi la UISP potrebbe attivarsi perché questo problema venga eliminato?

Roberta Lorrai: Il tema della violenza è molto ampio, ritengo che sensibilizzare le persone sia pur sempre un punto di partenza. Ben vengano eventi che abbiano come fine quello di mettere in risalto la problematica, purché la parte attiva non sia solo quella femminile. Ribadisco l’importanza che ha il coinvolgimento dell’altro, inteso in questo caso come i bambini, gli uomini e le persone anziane, sono parte integrante di un sistema che non funziona, la soluzione sono anche loro. Per dare una risposta concreta a questa domanda, credo che la UISP dovrebbe fare rete con realtà che si impegnano quotidianamente sulla tematica, come per esempio i Centri Antiviolenza presenti nel territorio.

Roberta Broccia: Non credo di poter circoscrivere ciò solo alla UISP, mi spiego meglio. Per debellare il fenomeno serve fare rete con tutti i soggetti  (istituzioni, chiesa, Centri  anti-violenza, forze dell’ordine, associazioni, singoli etc etc etc..). 

Giorgio Nurchi: La UISP è già attiva e lo sarà sempre di più. È fondamentale che la discriminazione verso un genere sia eliminata e perché ciò avvenga si necessita un cambio radicale di pensiero e di sguardo verso il mondo femminile.

L’essere donna è ancora un fattore discriminante? In quali casi?

Roberta Lorrai: No, a mio parere non è l’essere donna il fattore discriminante a mio parere lo sono gli stereotipi e i pregiudizi che la società ha strutturato intorno alla figura della donna. Non mi sento discriminata in quanto donna, sono fiera di esserlo, sono piuttosto profondamente amareggiata quando mi imbatto in schemi culturali che nulla hanno a che fare con la mia identità.

Roberta Broccia: Il problema culturale della discriminazione femminile c’è ancora, e lo sentiamo tutti i giorni, ogni qual volta l’uomo vede nella donna un oggetto. Però per non dare sempre la colpa solo ai maschietti, il problema possiamo girarlo anche al mondo femminile, in tutte quelle volte in cui la donna si rapporta all’uomo come un oggetto o come essere frivolo e sciocco.

Giorgio Nurchi: Non penso sia l’essere donna il fattore discriminante, lo è l’idea della società che ha di esse. Non devono cambiare le donne, ma il modo che ha il mondo di rapportarsi. Troppo spesso i media mostrano la donna oggetto tonta ma bella come unico punto di riferimento al quale aggrapparsi, ma questa è una visione maschilista che non fa altro che danneggiare il “sesso debole” e chiude il “sesso forte” in una spirale di superficialità e sessismo.

È un problema culturale?

Roberta Lorrai: E’ chiaramente un problema culturale. Nascere donna o uomo comporta possedere attributi sessuali specifici, ma solo attraverso il processo di socializzazione questi si strutturano come regole di comportamento e di ruoli. Questi aspetti prendono ovviamente vita nel contesto sociale nel quale sei inserito. Faccio l’esempio più banale, ma efficace: in Italia, è risaputo, il modello familiare prevalente nel dopoguerra era quello patriarcale che per tantissimi anni ha dettato regole morali e sociali, per non parlare della legislazione (solo nel 1945 è stato esteso il diritto di voto a tutti senza nessuna distinzione di sesso), anch’essa strettamente incentrata sulla subordinazione della donna. Mi pare ovvio che un excursus storico e politico, che ha temuto per secoli l’emancipazione femminile, abbia generato dinamiche “malate” che fondano il primato sul genere maschile, in un surreale ordine sociale gerarchico. Se pensiamo che la Riforma del Diritto di famiglia risale solamente al 1975, e che tanto abbiamo dovuto aspettare per vedere riconosciuta una parità di genere, è normale che ci si accappona la pelle.

Roberta Broccia: Il problema è culturale e purtroppo non credo se ne verrà mai a capo, almeno fino a quando i due generi non si metteranno ad un tavolo e parleranno del perché la donna si svilisce ed è continuamente svilita. Per fare ciò servirebbero politiche di lungo periodo da parte delle istituzione che non mi sembrano per ora intenzionale in questo senso. (per fare un esempio molti Centri Antiviolenza stanno chiudendo per carenza di fondi e questo crea nelle donne sempre più incertezza del denunziare la violenza).

Giorgio Nurchi: Decisamente si, oltre a vivere in una società dove è l’uomo ad essere al centro del mondo, penso che l’emancipazione femminile spaventi gli uomini deboli, che troppo spesso reagiscono con violenza verbale o fisica.

Perché è importante avere le quote rosa?

Roberta Lorrai: Qui entriamo in un argomento fortemente complesso. Non credo che la domanda sia posta nel modo corretto, cercherò comunque di rispondere.  Il termine quota non mi sta simpatico, come non mi piace l’idea che in questo XXI secolo, ci sia ancora bisogno di trovare dei compromessi in qualcosa che dovrebbe essere per merito egualitario. Sono combattuta nel leggere il diritto alle quote rosa come una vittoria del genere femminile. Mi ritrovo profondamente delusa dalla società odierna che continua a presupporre una differenza di fondo che sostanzialmente non ci dovrebbe essere, ma che ha necessità di utilizzare strumenti legislativi per appianare una strada che di per sé non dovrebbe avere buche sulle quali inciampare.

Roberta Broccia: Per Le quote rosa hanno un origine nobile, ossia fare lobby per far emergere un problema e dare il via ad un sistema virtuoso, che poi automaticamente metta in moto esperienze positive. Anche in questo caso queste opportunità diventano un problema nel momento in cui  vengono viste non come un dare uguali opportunità a tutti/e, ma come una imposizione. 

Giorgio Nurchi: Penso che la maturità di un popolo si misuri in quantità di leggi imposte, mi spiego: se un uomo ha bisogno di una legge per sapere che non deve uccidere o rubare, probabilmente ha un senso civile molto basso, così ha bisogno di una legge che gli imponga dei limiti. Tornando alla domanda, penso che il concetto di quota rosa sia ormai obsoleto e che possa essere servito i primi periodi per raggiungere in un certo qual modo l’uguaglianza, oggi dovremmo avere le quote rosa senza che venga imposto.

Siamo ancora lontani dalle Pari Opportunità?

Roberta Lorrai: Ti rispondo con una simpatica frase di Margaret Thatcher, la quale diceva: «La parità sarà raggiunta quando una donna cretina andrà nel posto dove di solito va un uomo cretino».
Non penso sia necessario sviscerare la frase per capirne il senso. Se poi vogliamo parlare delle politiche e delle strategie di pari opportunità di genere, ti posso dire che in Italia c’è tanto da fare.  E’ vero che, guardandoci alle spalle, sono state strutturate delle leggi cardine che hanno avuto l’obiettivo principale di realizzare l’uguaglianza fra uomini e donne, rimuovendo gli ostacoli che impediscono la realizzazione della parità di genere. Ma vedendo la realtà sarebbe inutile negare, che il fattore culturale incide ancora in maniera pesante sull’attuazione quotidiana di queste leggi. Vorrei svegliarmi e vedere un mondo nuovo, privo di schemi che catalogano tutto e tutti.

Roberta Broccia: La risposta è Si, siamo ancora lontani dalle pari opportunità.

Giorgio Nurchi: Secondo me no, si ma c’è ancora tanto altro da fare.

Chiudiamo l’intervista così come l’abbiamo cominciata, con Pietro Casu al quale chiediamo: 

Da quando sei diventato Presidente c’è stato un incremento di “quote rosa” notevole, è un fattore determinante per l’abbattimento della disparità dei sessi?

“Io penso che non si risolvono i problemi della disparità dei sessi con le quota rosa, è un passo che deve essere superato. E' il sistema di pregiudizi sulle donne che deve essere scardinato. La butto lì: nel mondo del lavoro, per esempio, siamo sicuri che una donna Direttore dei Lavori in un cantiere edile viene vista dagli operai allo stesso modo di un collega maschietto? Eppure ha la stessa laurea ed avrà anche maggiore competenza e conoscenze. altri esempi si sprecano, interroghiamoci. Nel mondo associazionistico è un pò diverso ma dobbiamo ancora fare meglio. Per esempio la UISP di Cagliari ha fortemente voluto una presenza femminile nel suo consiglio cercando di andare oltre la buonafede del concetto di quote rosa. Roberta Broccia e Roberta Lorrai, ma anche Sara Gerini, Maura Corda, e Martina Carta, sono dirigenti donne e giovanissime che daranno il loro prezioso contributo alle attività, ai progetti e alle battaglie di civiltà che dovremo affrontare tutti insieme. Maura Corda ad esempio, tra le citate è quella che vanta più esperienza di UISP, è stata eletta Presidente del Consiglio Direttivo, fa parte della Direzione e dell’Ufficio di Presidenza, un segnale non di poco conto. La responsabile dello stesso Settore della Comunicazione, Maria Carmen Atzori, e quella della Consulenza e del Tesseramento, Martina Carta, fanno parte delle quote rosa, diciamo pure che diversamente dal passato cominciamo a vedere più donne in posti di responsabilità ed organizzazione. E non intendiamo fermarci qua!”

Che progetti ha la UISP Cagliari per questo genere di iniziative?

“Siamo in carica da nemmeno due mesi e stiamo cercando di capire come proporre il nuovo assetto organizzativo e una nuova piattaforma organica dove le donne dovranno essere un punto di riferimento. Tanti altri incarichi dobbiamo ancora assegnarli a breve e credo che le donne saranno protagoniste in tal senso. Le vedo bene sulle Politiche di Genere e delle Pari Opportunità, sulle Campagne di Civiltà, sulla stesura dei Progetti, sulle Attività al Femminile, sull’Area Sociale, e su molte aree del Settore dello Sportpertutti e dell’Area di Cittadinanza, in quetse aree il ruolo al femminile darà buoi frutti. Questo è il futuro del ruolo al femminile dentro UISP Cagliari. Ne sono certo. Saremo, speriamo, beati tra le donne!”.

E allora DIAMO UN TAGLIO ALLA VIOLENZA SULLE DONNE INSIEME a UISP Cagliari. Non una di meno.

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