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Parma

Una nuova guerra minaccia il popolo saharawi

 

 

 

 

 

La Uisp, che dal 2005 opera nei campi profughi con progetti di cooperazione sportiva internazionale, si unisce alle preoccupazioni del movimento solidale italiano.

 

di Vittorio Martone
Redazione UISP Emilia-Romagna


ROMA
 – Sport, lavoro, tutela dei minori, emancipazione delle donne e prospettive di giustizia hanno caratterizzato ogni progetto della Uisp al servizio del popolo saharawi già dal 2005. Una storia di cooperazione finalizzata a garantire possibilità di sviluppo alle oltre 200.000 persone che vivono nei campi profughi saharawi ospitati nel deserto algerino, nei pressi dei confini con il Regno del Marocco e la Mauritania. Sulla base di questo percorso oggi l'associazione dello sportpertutti non può non condividere le preoccupazioni per i rischi di un nuovo conflitto armato tra il Fronte Polisario, legittimo rappresentante politico dei saharawi, e il Regno del Marocco. Preoccupazioni che sono state espresse in un comunicato stampa del "Movimento solidale italiano di amicizia con il popolo saharawi".

Il punto sulla situazione
Il 13 novembre 2020 ci sono stati scontri a fuoco tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, dopo 29 anni di cessate il fuoco firmato da entrambe le parti nel Quadro del Piano di Pace ONU nel 1991 che istituì, inoltre, la MINURSO (Missione ONU per il Referendum nel Sahara Occidentale). Secondo l'accordo militare, il limite invalicabile per garantire la tregua attraversava il territorio conteso fino ad arrivare al corridoio della regione di El Guerguerat, al confine con la Mauritania. 

Dal 21 ottobre scorso la regione è incandescente: il Regno del Marocco ha violato l'accordo con l'apertura di una breccia lungo tale limite per consentire il libero passaggio di persone, ma anche e soprattutto di camion per il trasporto di prodotti commerciali. Tale atto ha innescato l'immediata reazione della popolazione civile saharawi, accorsa per protestare pacificamente e chiudere la breccia, ostacolando il transito dei mezzi. Un corridoio sfruttato per esportare prodotti provenienti dal Sahara Occidentale occupato dal Regno del Marocco dal 1975, nonostante l'aperta deplorazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Un passaggio fondamentale per il Regno del Marocco, a maggior ragione in questo momento, in cui la pandemia ha limitato l'uso dei trasporti aerei e marittimi per le esportazioni.

La Uisp e i saharawi
Tutto ciò destabilizza ulteriormente questa realtà già problematica. Nell'attesa pacifica di un referendum sull'autodeterminazione, i saharawi vivono in parte nel Sahara Occidentale occupato, subendo violenze ed incarcerazioni da parte delle forze di polizia marocchine, in parte nei Territori liberati al confine con il Sahara Occidentale e in parte nei campi profughi in Algeria, divenuti oggi delle vere e proprie città. 

È in questi campi che la Uisp opera, in collaborazione con il Ministero a Gioventù e Sport della Repubblica Araba Saharawi Democratica, occupando oltre 70 persone. I progetti Uisp sono finalizzati a formare educatori ed educatrici sportivi che lavorino con i più piccoli, offrendo occasioni di svago e di impegno del tempo libero, promuovendo la tutela della salute tramite la pratica motoria in un contesto in cui, date le difficoltà della vita nel deserto basata su aiuti umanitari, sono numerose le malattie diffuse, specie nell'infanzia. "C'è ora bisogno di tutto il cuore e di tutta la ragione – afferma Ivan Lisanti, che per Uisp Emilia-Romagna segue i progetti di cooperazione nei campi saharawi – per contrastare il rischio di una nuova guerra e per affermare il diritto dei popoli e delle persone contro ogni forma di oppressione colonialista".

Un messaggio che si unisce a quello del "Movimento solidale italiano di amicizia con il popolo saharawi", che ritiene "indispensabile l'intervento dell'Europa e della comunità internazionale per impedire alle forze armate del Regno del Marocco ulteriori azioni lesive della legalità internazionale".

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