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Tris di Vivicittà negli istituti di pena meneghini

Oltre 500 detenuti dai carceri milanesi per la “corsa più grande del mondo”. Ferraroni: “è il risultato di un lavoro che ci impegna 365 giorni l'anno”

 

Anteprima della vigilia a Bollate; chiusura il 22 aprile con la corsa nell'IPM (Istituto Penale Minorile) Beccaria; Opera parte con Radio 1 Rai in contemporanea con Rebibbia, 45 città italiane e 10 estere. Se organizzare una corsa all'interno di un carcere non è certo banale il tris di Milano è cosa più unica che rara, e conferma l'impegno che da 25 anni fa di Uisp una delle realtà più presenti e strutturate in una realtà complessa come quella degli istituti di pena lombardi.

“Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti con Vivicittà -fa sapere Renata Ferraroni, responsabile carcere Uisp Lombardia- per il 14esimo anno consecutivo, nel carcere di Bollate fiore all'occhiello del sistema penitenziario italiano, abbiamo fatto correre 300 detenuti, a cui vanno aggiunti i 73 che per motivi medici hanno passeggiato lungo il percorso. Ad Opera -racconta- è andato in scena il Vivicittà vero e proprio, con partenza in contemporanea con tutte le piazze italiane e numeri più ridotti rispetto a Bollate, ma comunque lusinghieri (un centinaio i carcerati coinvolti) soprattutto considerando l'alto livello di sicurezza dell'istituto. Per quanto riguarda l'IPM Beccaria invece si correrà martedì 22 aprile, che non a caso è il martedì di Pasqua, data critica per i ragazzi che -considera- oltre a non poter celebrare le feste si trovano di fronte a una drastica riduzione delle attività”.

Scardinare pregiudizi, riempire le giornate di chi è privato delle libertà personali ed offrire prospettive di reinserimento sociale; sono i pilastri attorno a cui costruire un lavoro utile e proficuo nella realtà carceraria. In questa direzione vanno alcune della iniziative che Renata Ferraroni racconta con maggiore entusiasmo: “Oltre ai corsi di formazione come operatore sportivo -spiega- è importante promuovere manifestazioni in cui si rompe la barriera culturale che divide agenti e detenuti, è un'emozione ogni volta che si complimentano e si abbracciano dopo un agguerrito match di tennis, come succede al torneo che organizziamo a Bollate”.

 

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