Nazionale

"A Ugo e ai nostri pensieri", da Luigi Martini

Riceviamo e pubblichiamo la seconda parte dell'articolo firmato dal dirigente Uisp e dedicato a Ugo Ristori, recentemente scomparso

 

A pochi giorni di distanza dalla pubblicazione del primo articolo di Luigi Martini, segretario generale Uisp negli anni '70, riceviamo e pubblichiamo la seconda parte della lettera indirizzata a Ugo Ristori, presidente Uisp dal 1972 al 1982, a pochi giorni dalla scomparsa.

"Confermati dall’VIII congresso nazionale continuiamo nel nostro lavoro, convinti che il rafforzamento delle sinistre possa consentire un’espansione della nostra proposta sportiva, incentrata sull’idea che lo “sport servizio sociale” possa trovare una sponda nella maggiore iniziativa dei comuni e delle regioni sul temi dello sport e nella costruzione di impianti. Anche l’Arci si muove nella stessa direzione sugli altri temi della cultura. Grazie ai risultati elettorali e alla legge 382, che da maggiori poteri in materia alle regioni, l’Arci progetta di decentrare alle proprie strutture regionali sempre più poteri e servizi, tema sul quale si registra uno scontro tra associazione e unioni, perché le condizioni e le esigenze di queste ultime non corrispondono a quelle più generali.

Nello stesso tempo prende corpo la lotta unitaria per la soppressione dell’Enal, ma la strategia politica dell’associazione, incarnata nel titolo: “Programmazione culturale sul territorio”, segna il passo, non riesce a conquistare spazi politici e associativi e, in breve tempo, si registrano flessioni nel tesseramento. In questa sede non possiamo soffermarci adeguatamente sulle ragioni che ostacolano il successo di quella linea politico culturale, ma sappiamo che non possono essere attribuite solo alla debolezza di insediamento territoriale dell’Arci, che pur ha raggiunto un elevato numero di associati, e delle sue Unioni. Le motivazioni profonde hanno a che fare con l’evoluzione della società, sia sul terreno associativo che dell’industria culturale, oramai attrezzata per promuovere un determinato tipo di consumi culturali e a rispondere alle più diverse richieste che emergono tra la popolazione del paese.

Anche nello svolgimento della pratica sportiva diffusa si registrano fenomeni simili. La battaglia che andiamo conducendo per fare in modo che il paese si doti di una adeguata quantità e specificità di impianti sportivi, raccoglie qualche successo solo in alcune aree del paese, mentre si afferma una cultura sportiva che trova risposte puntuali nell’iniziativa privata.

Come l’associazionismo culturale, anche quello sportivo va mutando natura, i cittadini non avvertono la necessità di associarsi per svolgere pratica motoria; lo stesso andamento dell’attività dei Centri ce lo sta segnalando da tempo, lo sviluppo associativo in quell’ambito ha caratteristiche di puro servizio, seppure qualitativamente motivato. Anche la diffusione delle palestre private documenta la svolta in atto, così come tutto il corollario di negozi specializzati nell’abbigliamento sportivo, o il piacere edonistico che l’essere umano cerca e trova nel frequentare palestre.

Non ce ne rendiamo conto con sufficiente rapidità e sensibilità, presi come siamo dall’idea di “Sport servizio sociale”, e dall’essere ancora interni a logiche di classe. In ciò siamo confortati anche dal fatto che il tesseramento continua a crescere. Nello stesso tempo non vediamo come sia possibile combattere una cultura edonistica sempre più accolta da masse di cittadini e giovani. Ancorati ai valori dell’associazionismo leggiamo questi fenomeni con sospetto. Infine, le vecchie bandiere dell’“alternativismo” sportivo sono rimaste a terra, non più utilizzabili, a causa dei loro limiti.

Caro Ugo, così mi pare stiano le cose, mentre una parte dell’Uisp, seppure in modo ancora non molto esplicito, si lascia trascinare in una battaglia contro l’avvenuta unificazione, accusata di avere generato sprechi, contro l’erosione delle risorse economiche prodotte dall’Unione; malumori settoriali emergono qua e là sul territorio e nelle leghe. Si comincia a perdere di vista il disegno generale, come spesso avviene nei momenti di difficoltà strategica; io mi batto contro questa deriva, che non considero inarrestabile, tu, invece, sei meno convinto che debba essere contrastata.

Mentre attraversiamo questa fase, le brigate rosse sferrano l’attacco decisivo allo Stato, sequestrano Moro, con tutte le conseguenze politiche che ne conseguono. La notizia giunge mentre la direzione nazionale Arci sta per riunirsi, tutti e due siamo già nella sede di via Carrara. Delle ore, dei giorni, delle settimane e dei mesi che seguono, mi resta una percezione dominante, la caduta del progetto politico che stava producendo un accordo tra le maggiori forze della sinistra e la Dc per un nuovo governo del paese, in modo da farlo uscire dalla ferrea gabbia nella quale è rinchiusa fin dal 1948, quando il mondo s’è diviso in due blocchi contrapposti e ha contribuito a impedire che la democrazia italiana assumesse le forme di un processo compiuto. Al progetto, sul quale convergono, seppure con posizioni diverse, Berlinguer e Moro, il Psi di Craxi guarda con malcelata contrarietà, perseguendo un disegno politico diverso, diventare il partito perno negli equilibri politici del paese. Anche il terrorismo brigatista e fascista, seppure per obiettivi diversi, punta a far cadere quel progetto.

Non per questo ci lasciamo sopraffare, nonostante il gruppo dirigente nazionale dell’Arci sia già incamminato verso una crisi irreversibile, che condurrà da lì a poco alla sostituzione dei vertici dell’associazione.

Ci muoviamo nella direzione segnata, e rafforziamo la nostra struttura organizzativa, anche con l’avvento di donne alla direzione dei comitati regionali in Veneto e in Puglia, e di comitati provinciali di due città metropolitane: Roma e Napoli. Nel quadro del programma per il trentennale dell’Uisp, ribadiamo la necessità di porre le società sportive al centro della vita democratica delle organizzazioni sportive, con particolare riferimento a quelle olimpiche, sulla base di criteri associativi svincolati dai risultati tecnici raggiunti dai loro atleti. La battaglia che cerchiamo di ingaggiare punta anche a una legislazione regionale e nazionale che sostenga il valore dell’associazionismo sportivo di base. L’impegno che dispieghiamo è importante, ma l’adesione delle società non si rivela all’altezza delle aspettative, inoltre non riusciamo a coinvolgere quelle federali.

Stiamo guardando alla democrazia nello sport, alle società sportive, agli atleti e ai tecnici, ai loro diritti, secondo criteri che indicano la necessità di un rinnovamento per il quale l’Uisp si batte da sempre. Nonostante il deludente risultato non traiamo tutte le conseguenze doverose. Ma non ci limitiamo a questo, perché, mentre proseguiamo l’attività dei Centri e dei Corri o Pedala…, che oramai hanno convinto molti altri, cominciamo a lavorare ad alcune novità di rilievo.

Prima di soffermarmi su queste novità non possiamo dimenticare l’effetto prodotto dall’avvento del nuovo gruppo dirigente dell’Arci, iniziato con l’insediamento ai vertici di Enrico Menduni e Beppe Atene, ma che vede la graduale fuoriuscita di quasi tutti i precedenti membri della segreteria nazionale. Il cambio è anche generazionale, gli effetti si leggono già nello slogan coniato dal nuovo presidente: “l’Arci associa in ognuno dei campi in cui esprime opinioni; esprime opinioni in ogni campo della cultura dove associa”. La linea messa in atto intende costruire una “associazione che persegue una cultura della trasformazione e della liberazione”. Come si può capire anche da questi slogan, le teorie classiste si allontanano dallo scenario dell’Arci.

Nel frattempo il movimento operaio esce sconfitto da una lotta epocale, la lunga occupazione operaia della Fiat; ha sancirne la sconfitta è la marcia dei “colletti bianchi”; è un evento cardine che, simbolicamente, segnala la fine di un'era e l’inizio della nuova; anche se nessuno se ne rende conto.

L’Arci va incontro ai temi della società nascente. La “Programmazione culturale sul territorio” non ha più ragione d’essere, e l’associazione cambia gradualmente, ma rapidamente, pelle. Emergono naturalmente malumori, insieme alle energie nuove che sono in moto. Alcuni temi sui quali lavorava la precedente direzione stanno per diventare nuove unioni: la Lega per l’ambiente in primo luogo, ma anche la Leid, che intende associare l’emittenza democratica, le cosiddette “radio libere”, che volgono al superamento del monopolio pubblico nel settore radio, e poi televisivo. Si cercherà di rilanciare unioni già esistenti, come Arci ragazzi, ma anche l’Ucca (in questo caso si giungerà alla costruzione di un settore onnicomprensivo destinato a operare sui Media). Nei mesi seguenti e, comunque, in breve tempo, nasceranno: Arci Gay, Arci Kids, Arci donna, Arci gola (incubatrice di Slow Food); si cercherà di associare persino le prostitute che stanno combattendo per la conquista dei loro diritti umani e professionali. Si cammina velocemente verso direzioni sconosciute alle organizzazioni tradizionali del movimento operaio, tanto che, quando Giancarlo Pajetta incontrerà casualmente una delegazione dell’Arci Gay, parlando agli uomini della vigilanza del Pci, che lo informano su chi siano le persone in attesa nell’ingresso monumentale di Botteghe oscure, con la solita ironia sembra faccia la seguente considerazione: “Beh…, gay va bene!... ma arci mi sembra un po’ troppo”.

Già nel 1979, l’Arci organizza grandi concerti, come ad esempio: “Woodstock in Europa” e “Patti Smith”. Il desiderio e l’urgenza di connettersi con le nuove generazioni che stanno cambiando l’Italia è evidente. Anche l’immagine grafica dell’associazione raggiunge nuovi livelli estetici e di capacità comunicativa, grazie al lavoro creativo di un grafico di valore come Gianni Sassi. Un’operazione di tali dimensioni implica forti investimenti, e le fonti devono essere trovate dentro l’organizzazione esistente. I risultati positivi di questo rilancio su temi contemporanei si avvertono immediatamente anche nel tesseramento e nella nascita di nuove basi associative.

Trascuro in questa sede altri temi di rilievo, come la lotta per la pace e il disarmo, che diventeranno importanti nella vita dell’Associazione; o della solidarietà, e non solo in occasione del terremoto che colpisce Campania e Basilicata.

Questo mutamento copernicano produce ripercussioni rilevanti, specialmente nelle organizzazioni che vengono dalle origini, infarcite da battute ironiche e atteggiamenti di chiusura. Le due unioni storiche: Uisp e Arci caccia, esprimono tale malessere; di converso, la politica sportiva che abbiamo costruito e perseguito viene sottoposta a dura critica. Quando, allo stadio olimpico di Roma, un razzo lanciato dalla curva opposta uccide un tifoso laziale, il gruppo dirigente dell’associazione comincia a sostenere che l’Uisp denuncia un ritardo politico, che è troppo schiacciata sull’esistente e sulle attività di “Servizio sociale”. Anche il gruppo dirigente dell’Arci, però, è in difficoltà quando deve cimentarsi nell’individuazione di traiettorie nuove da intraprendere nel campo della pratica motoria e sportiva. Difficoltà simili maturano fra linea dell’Arci e dell’Arci caccia, specialmente ora che Lega per l’ambiente mette in discussione le ragioni dell’attività venatoria.

Noi reagiamo con vigore alle accuse, mettiamo in rilievo le ragioni della nostra azione e di quanto la costruzione dell’Arci-Uisp, prima, e della nuova Arci, ora, abbiano penalizzato in uomini e risorse economiche il nostro lavoro. La valutazione è giusta, ma non coglie sufficientemente la spinta innovativa che il lavoro unitario ha impresso a tutto il movimento. D’altra parte, anche noi due non reagiamo nella stessa maniera alle novità, e quando esce la nuova campagna di propaganda per il tesseramento Arci, impostata sullo slogan “Da soli non si può”, con l’uomo nudo, verniciato di calce e lo scudetto sul braccio, pronto sui blocchi di partenza, nel manifesto per l’Uisp, io la difendo in modo convinto, mentre tu ti collochi tra i numerosi contestatori che escono numerosi alla ribalta nell’Unione.

Ciò non impedisce una direzione convergente, l’Uisp continua a macinare nel proprio lavoro, la sua antica testata: “Il Discobolo” vede nuovamente la luce.

Più importante è quanto stanno facendo alcuni dei nostri migliori teorici e tecnici, che iniziano a costruire un progetto rivolto alla condizione fisica degli anziani nella società industriale urbanizzata. Nei grandi centri urbani nascono i centri di attività motoria per gli anziani, curati da tecnici formati dall’Uisp, con il supporto di medici. In Italia è una novità assoluta e il successo è tale che, nel 1981, allo Stadio delle Terme di Caracalla, realizziamo la prima festa nazionale dello sport per gli anziani, alla quale seguirà la seconda edizione nel 1982, a Bologna.

All’inizio del 1981 diamo vita al Coordinamento donne dell’Uisp, con l’obiettivo di giungere alla stesura della “Carta dei diritti delle donne nello sport”, che infatti presenteremo in un teatro romano, proprio in vista del IX congresso nazionale. Nello stesso periodo lanciamo il progetto “Tuttisport”. Trascuro per brevità tanti altri avvenimenti e iniziative di grande valore.

Caro Ugo, di un altro episodio non ti ho detto alcunché. Mentre ero ricoverato all’ospedale di Praga, avevo scritto una lettera al responsabile sport del partito comunista per esprimergli il mio disappunto sulle continue critiche che esternava nei confronti dell’Uisp e del suo gruppo dirigente; inoltre precisavo che se non avesse ascoltato le osservazioni che avevo espresso su alcuni punti della bozza di progetto di riforma dello sport, ancora in fase di elaborazione, l’Unione si sarebbe schierata contro la proposta. La risposta non si fece attendere, ero ancora in ospedale, quando, in accordo con Enrico Menduni, Pirastu organizzò una riunione dei comunisti dell’Uisp per discuterne la politica. Il tutto a mia insaputa. Tornai pochi giorni prima della data prevista, la riunione doveva essere introdotta da Mauro Riccucci che mi venne a trovare per informarmi della situazione che aveva dovuto subire. Gli dissi di non dire niente, e il giorno della riunione i convenuti mi trovarono a Botteghe oscure sulle stampelle. Naturalmente tenni la relazione, se non ricordo male parlai in piedi per un’ora e mezza, dopo di che seguirono un paio di interventi innocui, quindi Tortorella, responsabile della commissione culturale del partito, ritenne bene porre fine al significativo “colpo di stato farsa”. Ti racconto ora questo episodio perché conferma, ulteriormente, come l’accusa di collateralismo che ci è stata mossa sia oltremodo infondata; tanto più malevola, se si tiene conto che a scriverne è stato proprio il custode delle carte dell’Uisp, al quale consegnai la minuta della lettera insieme ad altre mie carte. Chissà se quei documenti si trovano ancora nell’Archivio storico dell’Uisp – la Fondazione Gramsci, comunque, ne conserva la fotocopia –, oppure se hanno fatto la fine dei miei 12 quaderni di segretario generale dell’Unione, consegnati al mio successore in occasione del 50° dell’Uisp, ma andati smarriti.

Mi avvio a concludere. L’Uisp, seppure tra questi sussulti, continua la sua crescita in tesserati, oltre che in credibilità e autorevolezza, ma avverto che è finito il mio tempo alla direzione dell’Unione, troppe fibrillazioni lo dicono, a cominciare dal malessere che una parte dei dirigenti dell’Unione dimostra nei confronti dell’Arci. Non condivido quella china, la giudico frutto di una chiusura culturale, pur comprendendo che l’attivismo impresso dal gruppo dirigente dell’associazione sta portando l’Arci verso un disavanzo economico non controllabile, specialmente se non si interviene per porre un freno alla direzione impressa, che considero piuttosto “leggera”, legata all’inesperienza di molti dirigenti e all’espansione sovradimensionata di unioni e associazioni tematiche. Enrico Menduni mi chiede di entrare in segreteria nazionale, per cui decido di parlartene, chiedendoti di lasciare insieme l’Uisp, e costruire le condizioni per l’avvento di un nuovo gruppo dirigente nazionale. Il IX congresso si sta approssimando e, dopo qualche tentennamento, convieni con me sulla scelta; insieme prepariamo il congresso e il cambio al vertice; tutto va in porto senza scosse. Il congresso, al quale giungiamo rappresentando oltre 400.000 associati, ti saluta con un lunghissimo applauso; ricordo ancora il mazzo di fiori che ti venne consegnato mentre in piedi rispondevi agli amici e compagni presenti. Mentre sono già entrato a far parte della segreteria nazionale dell’Arci, come responsabile della programmazione delle risorse e vice responsabile della commissione d’organizzazione, tu, invece, ti incammini verso un importante incarico che ti attende al Coni, e che onorerai negli anni a seguire, portando le tue indubbie capacità, compresa la cultura e l’esperienza dell’Uisp. (di Luigi Martini - seconda parte e fine)