Firenze – “Le parole sono importanti” gridava Nanni Moretti a bordo vasca nel film “Palombella rossa”. Lo sono ancora di più quando si parla di atleti e soprattutto di atlete. E’ quanto emerso a margine dell’incontro “Ma icchè giocano anche quelli?” organizzato sabato 6 ottobre all’Atletica Castello. La quarta edizione del torneo di calcio a 5 gay e gay friendly Florence International Soccer Tournament, organizzato dall’ASD Revolution Soccer Team è stata l’occasione per discutere di stereotipi e diseguaglianze di genere a partire dai campi da calcio.
L’iniziativa, lanciata dal Comune di Firenze nell’ambito del Festival dei diritti, in collaborazione con UISP Comitato Di Firenze, ha visto dialogare realtà come Rete Lenford e Accademia della Crusca. E proprio dalla linguista della prestigiosa istituzione culturale, Cecilia Robustelli, sono venuti gli spunti e le riflessioni più significative: un lungo elenco di articoli ed espressioni che danno l’idea di come le donne siano oggetto ogni giorno di atteggiamenti sessisti e discriminatori. Per non parlare poi del modello machista che impera proprio nel mondo del calcio. Una battaglia culturale da combattere a parole, stigmatizzando di volta in volta usi impropri e scoraggiando il ricorso ad espressioni poco rispettose, ma purtroppo di uso quotidiano. Manuela Claysset, responsabile nazionale Uisp per le Politiche di genere ha sottolineato il ruolo educativo che può e deve svolgere lo sport in questo senso: dovrebbe essere allo stesso livello di famiglia e scuola ma finisce invece ad essere relegato a semplice passatempo.
Andrea Vannucci, assessore allo Sport del Comune di Firenze, ha portato l’esperienza della sua amministrazione, sottolineando l’importanza di un maggiore dialogo tra scuola e mondo sportivo. A contribuire al dibattito con varie testimonianze, Luca Giacomelli della Rete Lenford Avvocatura per i Diritti LGBTI, Tullia Russo del Team Brigata della Pace, lo psicologo Bartolomeo Gentile e i giocatori della Revolution Soccer Team.
L’uso delle parole più appropriate può essere la prima risposta per stroncare sul nascere comportamenti discriminatori.
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