Comitato Territoriale

Messina

Sport e sviluppo sostenibile

Il modello di sviluppo perpetrato dalla rivoluzione industriale fino ad oggi ha modificato
sostanzialmente gli equilibri dell’ecosistema, quelli che ci hanno garantito l’acqua, la terra, le
risorse che hanno permesso la vita sulla terra e quindi la nascita delle civiltà, la storia dei popoli, la
lotta per l’affermazione dei diritti degli essere viventi.
Per il futuro si presenta uno scenario ambientale apocalittico che avrà grosse ripercussioni sulla
geopolitica, aumentando le disuguaglianze economiche e sociali tra individui ricchi e poveri. La
paura di un futuro incerto e la conoscenza scientifica, misti alla rabbia dei giovani, nella
settimana dal 20 al 27 settembre, culminata con la manifestazione mondiale Fridays for future,
si sono trasformati in un fiume in piena che ha invaso le piazze, sollecitato le coscienze, messo
alla sbarra i governi e chiesto una risposta immediata, urgente e concreta.
La realtà è amara. Si è appena concluso il vertice sul clima e l’ONU ha lanciato l’allarme su cicloni
sempre più potenti, sullo scioglimento dei ghiacciai, sull’innalzamento del livello dei mari,
sull’aumento della CO2 nell’atmosfera, sugli incendi dei polmoni verdi del pianeta, sullo
scongelamento del permafrost in Siberia, la fine degli stock ittici negli oceani e la comparsa delle
isole di plastica, la diminuzione della corrente del golfo, la possibile scomparsa di territori sotto il
livello del mare….
Il ministro dell’Istruzione chiede che ecologia ed ambiente diventino materie scolastiche, ma in
realtà queste sono già presenti nello studio della biologia, delle scienze naturali, dell’economia
ecologica, delle scienze della terra ma non sono mai state diffuse e contestualizzate con la ricerca
scientifica. Non bisogna permettere che la scuola, come sistema educativo e di formazione, si
deresponsabilizzi del ruolo che avrebbe dovuto avere ma che non ha mai esercitato. In particolar
modo l’Università che più ha contatto con il modo scientifico e della ricerca è obbligata a
diffondere gli studi sugli impatti ambientali e le conseguenze sociali ed economiche. Bisognerà
lavorare perché la scuola ritorni ad essere la culla del sapere per tutti.
A cosa stiamo assistendo? Una rivoluzione delle coscienze? Una mossa strategica dei signori
dell’economia che dalla brown economy lanciano la green economy riconvertendo gli stessi
capitali? Il marketing per la creazione di un nuovo mercato di fruitori green? Una fase
annunciata del crollo del capitalismo?
Resta la contrapposizione tra il diritto al profitto e i diritti universali della persona, tra chi sfrutta
il pianeta per fini economici e le popolazioni indigene che difendono la terra, tra chi ha imposto
un modello di sviluppo consumistico e la cultura popolare del ridurre, riusare e riciclare, tra chi
ha perpetrato, e continua a farlo, politiche colonialistiche e capitalistiche a danno delle
popolazioni più povere del mondo e chi opera per la solidarietà, l’uguaglianza e l’integrazione,
tra chi alza muri per difendersi dai migranti ambientali e sociali e chi crea accoglienza. Due
culture: la prima dell’egoismo e la seconda dell’altruismo.
Stiamo allerta perché il grande nemico non è “il cambiamento climatico” ma le cause che lo hanno
generato e le lobby che lo hanno prodotto. Il cambiamento climatico è solo la punta dell’iceberg.
L’Agenda 2030 è chiara nell’esprimere una stretta relazione tra le politiche economiche e quelle
sociali e ambientali. Causa ed effetto.
La Uisp con i suoi dirigenti sin dagli anni ’80 ha sollecitato i cittadini a ripensare le pratiche
sportive, partecipando all’elaborazione culturale dei grandi temi dell’ambientalismo nati in Italia.
Iniziative come Corri per il verde, Vivicittà, Bicincittà e poi Greensport, l’Ecoorientering e
Verdeazzurro hanno denunciato le pressioni esercitate dallo sviluppo urbano sull’ambiente e di
conseguenza sul benessere dei cittadini ed hanno lanciato idee e proposte sulla pratica sportiva
come strumento politico di trasformazione.
Poi dai primi anni del 2000 si è giunti alla produzione e pianificazione di nuovi modelli di
organizzazione sostenibile degli eventi e delle manifestazioni. Sono nate la campagne di Riducoriuso-riciclo, per un uso consapevole dell’acqua che ha anche accompagnato il referendum per
l’acqua pubblica.
Si sono avviati i corsi di formazione: Uisp e ambiente e Outdoor training ambedue finanziati dal
Ministero del Lavoro e si è prodotto il Piano d’azione ambientale per Rimini sport for festival. Negli
stessi anni si è sistematizzato un rapporto diretto tra le strutture delle attività svolte in ambiente
naturale, quali quelle della montagna, del mare, dei fiumi e dei laghi con i parchi e le aree
protette, tra i tanti: Parco nazionale Gran Paradiso, Parco nazionale dell’appennino ToscoEmiliano, Parco delle Dolomiti Friulane, Parco del Beigua, Parco del Pollino. Si sono avviate
collaborazioni con la Fondazione Sviluppo Sostenibile, il Coordinamento nazionale agenda 21, con
l’ENEA, con le università.
Un periodo intenso e proficuo che deve essere ripreso per affermare che lo sport è un elemento
importante per lo sviluppo sostenibile, come anche affermato dall’ONU nell’Agenda 2030.
Oggi abbiamo bisogno di pianificare un nuovo percorso fatto di organizzazione e formazione
sugli obiettivi dello sviluppo sostenibile, non più solo come élite culturale bensì come intero
corpo sociale sui vari livelli: nazionale, regionale e territoriale.

Messina, 26 settembre 2019                                         Santino Cannavò

 

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