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No grazie: l’Uisp replica a Ichino, l’educazione fisica non è uno spreco

"L’educazione fisica? Bocciamola”: questo è il titolo di un articolo di Andrea Ichino, professore di economia all’Università di Bologna, pubblicato domenica 25 luglio dal Sole 24 Ore. Non è singolare che il quotidiano di Confindustria dedichi spazio ad una materia così plebea, la “ginnastica” a scuola? Niente affatto, non si guarda in faccia nessuno se si tratta di privatizzare e portare acqua (...cercano di privatizzare pure quella) al mulino del turboliberismo. C’è in ballo il futuro del welfare in Italia: applicare ai diritti di cittadinanza le regole di mercato, come si fa per i beni e i servizi. Per dimostrare che i servizi pubblici sarebbero molto più efficienti se gestiti dai privati, il prof. Ichino (fratello di Pietro, parlamentare pd) fa un esempio e se la prende con l’educazione fisica. Soltanto un esempio, replica oggi il professore dalle colonne del Sole, ingranando una parziale retromarcia dopo le numerose lettere di protesta arrivate in redazione: “l’obiettivo del mio articolo – scrive – era proprio invitare a riflettere su come migliorare l’offerta di questo servizio”. Una logica che continua a non convincere.

Nel dibattito seguito all’intervento di Ichino si inserisce anche l’Uisp. Pubblichiamo la lettera iniviata da Antonio Borgogni, dirigente dell’associazione, al professor Ichino: “credo sarò tra i tanti che risponderanno pubblicamente al suo articolo sull’educazione fisica. Non ho il dono della velocità necessaria all’approccio giornalistico e magari mi capiterà di intervenire quando le luci saranno, ahimè, spente. E’ un ahimè sincero perché il suo intervento ha il pregio di porre alla ribalta una questione, quella dell’educazione fisica scolastica e di quella sportiva extrascolastica, dimenticato sul piano dei contenuti, delle didattiche, delle certificazioni professionali. Se ne parla solo quando problemi di riconoscimento del ruolo e dell’orario, e quindi dei posti di lavoro, scuotono il torpore degli insegnanti e dei sindacati. E’ una faccenda quantitativamente rilevante visto che il mondo sportivo è, da tempo, il secondo luogo di aggregazione dopo la scuola per bambini e adolescenti”.

“Sono quasi del tutto in disaccordo con quanto lei scrive”, prosegue Borgogni. “Sarebbe facile chiederle perché, ad esempio, non abolire l’inglese o la musica, probabilmente le uniche altre discipline trattate a scuola, in cui gli studenti si impegnano anche al di fuori di essa. Potrei altresì chiederle perché manchi una riflessione sui livelli formativi dei docenti scolastici ma soprattutto, nella prospettiva da lei indicata, sugli educatori sportivi extrascolastici e quanto costerebbe una seria procedura formativa che presupponga una valutazione”.

In conclusione, Antonio Borgogni segnala alcuni materiali nei quali Ken Hardman, incaricato dall’UNESCO di monitorare la situazione dell’educazione fisica a livello mondiale e rappresenta complessità, vizi e virtù della disciplina “che lei ha - e questa è la critica più forte che le rivolgo - ridotto ai limiti dell’accettabile. In quella complessità, una delle riflessioni, sorte dopo avere ascoltato e letto Hardman, è relativa al rapporto che vedo come inversamente proporzionale tra il decremento delle ore curricolari di educazione fisica a livello mondiale e il crescere delle dichiarazioni politiche e dei progetti relativi alla lotta contro la sedentarietà”.

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