Nazionale

Vincenzo Manco annuncia disponibilità a ricandidarsi

Presentiamo il documento con il quale Vincenzo Manco, attuale presidente Uisp, annuncia la sua disponibilità a ricandidarsi

Con una nota inviata venerdi 30 settembre ai dirigenti e ai Comitati Uisp ai vari livelli territoriali e regionali e delle articolazioni associative, Vincenzo Manco ha manifestato la sua disponibilità a candidarsi alla carica di presidente nazionale Uisp per il rpossimo quadriennio. Questo è il testo del suo documento di candidatura:

Carissime e carissimi,
con il Consiglio di Napoli del giugno scorso è stata formalizzata la convocazione del Congresso Nazionale per la fine di marzo 2017 e, in virtù del calendario che è stato predisposto, oggi si apriranno i lavori del primo congresso territoriale. Da sempre sostengo che per essere un buon dirigente di un’organizzazione è necessario soprattutto rispettarne gli organi della rappresentanza democraticamente eletti ed assumere comportamenti di lealtà e coerenza, con la viva speranza di riuscire nell’intento. Ho esplicitato pertanto nell’ultima Direzione nazionale la mia disponibilità a candidarmi alla presidenza nazionale per il prossimo quadriennio 2017/2021.
Ritengo tuttavia, che questa mia disponibilità e le motivazioni che seguono debbano essere sottoposte alla libera, franca e trasparente valutazione di tutto il corpo associativo: la sovranità sta al territorio, che deve portare nel dibattito congressuale quelle istanze utili ad indirizzare la Uisp verso un terzo millennio, il cui orizzonte tarda a delinearsi ma nell’individuazione del quale possiamo e dobbiamo giocare un ruolo da protagonisti.


Per farlo non possiamo sottrarci dal continuare ad investire in quel processo di rinnovamento soprattutto del pensiero, del nostro modo di approcciarsi nel rapporto con la Uisp, delle relazioni tra dirigenti e tra territori, tra territorio e nazionale, tra territorio e le strutture di attività e che deve tendere sempre di più non solo ad immaginare, a teorizzare, ma a rendere quotidianamente praticabile l’idea di una associazione aperta.
È un percorso, questo, che abbiamo sicuramente avviato nel Congresso di Chianciano, ma che ha registrato in seguito un punto di contraddizione e di successiva crisi nel non essere riusciti a tenere strettamente collegati il consenso con la conseguente agibilità politica. Abbiamo bisogno di maggiore coraggio, di praticare un modello associativo che metta in campo le migliori energie e risorse umane, superando definitivamente lo storico riferimento dualistico, per tendere verso un policentrismo virtuoso, multilaterale. Tante sono ormai le esperienze importanti che dal punto di vista progettuale, della ricchezza della proposta sportiva e associativa hanno acquisito sul campo un’importanza tale che richiede attenzione ed investimenti a sostegno da parte del Nazionale.


Non possiamo più permetterci di deprimere opportunità che vengono avanti e che hanno trovato spazio e realizzazione nei vari territori, continuando a praticare vecchi tatticismi e stantii collateralismi. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi è di far emergere la soggettività di ognuno, di liberare il confronto per recuperare idee ed arricchire il dibattito interno. In tale maniera rafforzeremmo il nostro ruolo nell’agone pubblico, non solo sul terreno della cultura sportiva, bensì nella grande sfida apertasi con la riforma del Terzo Settore e che porta soprattutto l’associazionismo sportivo di promozione sociale a misurarsi sulla propria identità nel rapporto con il capitale relazionale, l’economia sociale, il civismo, la cittadinanza attiva, la qualità della vita e lo sviluppo sostenibile del Paese.
Il territorio è al centro, in un rapporto circolare con il livello nazionale, che deve mettersi al servizio ed essere capace di praticare una sussidiarietà generativa, non assistenziale. I territori vanno sostenuti soprattutto nelle criticità, portandoli a condividere, ad aprirsi per trovare, insieme ai vari livelli dell’associazione, condivisione sulla sostenibilità, sulla tenuta complessiva dei singoli territori, costruendo patti di solidarietà associativa che permettano di rendere più coesa e più forte la nostra associazione.
Dal Consiglio di Napoli in poi, girando continuamente l’italico stivale, ho avuto modo di trovare le motivazioni per impegnarmi anche per il prossimo quadriennio.
In tanti mi hanno ricordato il risultato forte, non scontato, per certi versi storico, dell’Assemblea di Montesilvano, se lo cogliamo soprattutto nel rapporto con la riforma del nostro statuto relativamente ai sistemi organizzativi delle attività e alla ridefinizione dei Comitati. Un grande risultato di tutte e di tutti, partecipato, un grande esercizio di democrazia. Abbiamo portato a casa risultati importanti e non solo sul piano interno alla Uisp.
Al Coni non abbiamo guidato esclusivamente i lavori per la riforma del regolamento degli Eps, ma siamo stati i promotori di una vera e propria campagna sui valori etici e sulla trasparenza, portata poi in Parlamento ed a Palazzo Chigi, che ci ha permesso di saldare un’alleanza con Csi ed US Acli nella quale credo sia utile continuare ad investire, per affermare il valore ed il peso sociale dell’associazionismo sportivo nei vari ambiti in cui queste organizzazioni operano.
Un’alleanza che deve mostrare capacità di produrre massa critica e portare il sistema sportivo ed il Governo all’affermazione di una legge che riconosca il valore sociale dello sport e che preveda la predisposizione di un quadro normativo di riforma del sistema sportivo e delle politiche sportive del Paese nel rapporto con una nuova idea di società. La vicenda del no alle Olimpiadi 2024 di questi giorni non fa altro che squadernare in modo evidente la crisi del sistema complessivo. Occorre continuare ad affrontare il tema del rapporto con le Federazioni Sportive e del riconoscimento delle nostre attività.


Siamo tornati ad essere il primo Eps (certificato): abbiamo aperto la strada, ora è importante proseguire.
Il prossimo congresso dovrà arricchire la nostra elaborazione nell’ambito delle politiche della Uisp, affinché ci sia una costante integrazione con le attività, le quali andranno adeguatamente sostenute per consentirne, inoltre, una integrazione sempre più evidente nel rapporto con i comitati e viceversa.
Questo congresso indicherà tanti dirigenti che per la prima volta assumeranno ruoli di responsabilità apicale, a partire dai livelli territoriali e regionali, ai quali abbiamo il dovere di fornire strumenti formativi, conoscenza, saperi che rappresentino un corredo aggiornato di cosa la Uisp oggi rappresenta nel panorama del terzo settore italiano, del sistema sportivo e nei rapporti con le istituzioni. Abbiamo cominciato poco tempo fa ad attivare percorsi di formazione base rispondendo ad indicazioni ricevute dai comitati regionali del sud: formazione come priorità per rispondere al bisogno di aggiornamento dei nostri quadri dirigenti. Proseguiremo nelle parti restanti del Paese con una presenza costante fino a rendere omogeneo il percorso formativo.
La formazione dovrà prevedere risorse dedicate ed impegno ad una periodicità che avrà bisogno di diventare strutturale se vogliamo essere al passo con le sfide che le società complesse ci mettono davanti. Formazione e conoscenza per ampliare anche il nostro sistema dei servizi endoassociativi e non solo.
Una riflessione è maturata in tempi recenti nell’avvertire il bisogno di una ulteriore discussione sul ruolo del livello intermedio regionale a partire dal modello organizzativo. Se vogliamo aumentare l’efficacia della nostra azione, è necessario considerare i livelli regionali, sempre più, come uno snodo delle politiche nazionali nel rapporto con il territorio, come la sede delle coerenze delle scelte tra nazionale e comitati territoriali, i quali dovranno avere a riferimento il livello regionale per rispondere alle sfide che si trovano ad affrontare quotidianamente. Regionali non più, come in passato, solo il coordinamento e la rappresentanza dei territori, ma livello di coesione, responsabile cerniera delle decisioni collegiali.
Uno dei temi sui quali bisognerà accelerare è sicuramente quello dell’impiantistica. I tagli ai trasferimenti dello Stato, la crisi economica, la costante rincorsa delle istituzioni a trovare equilibrio nelle risorse, spingono la nostra associazione ad avere uno scatto su questo argomento. Le esperienze maturate in tante regioni hanno bisogno di essere messe a sistema, per una configurazione dei vari modelli e comprendere meglio le scelte da assumere relativamente ai servizi da offrire al tessuto associativo, ai comitati e alle società sportive. Formazione innanzitutto, sostenibilità economico-finanziaria delle gestioni, capacità di rapporto con le amministrazioni pubbliche, competenze e professionalità sono elementi che devono essere acquisiti senza alcuna approssimazione. Per questo credo sarà necessario un impegno specifico e risorse dedicate, per essere pronti e preparati ad affrontare al meglio questo ambito, sia per gli impianti semplici che complessi.
Non faccio l’elenco dei risultati collettivi raggiunti dalla nostra associazione perché mi piace che siano il frutto della libera valutazione che ci sarà nel confronto congressuale ai vari livelli. Sono fermamente convinto però che, tenendo anche conto delle condizioni economiche, politiche e sociali che abbiamo registrato in questi anni nel Paese, siamo una grande organizzazione sempre più considerata e rispettata nel dibattito pubblico. Grazie evidentemente alla nostra capillare presenza territoriale e alla nostra capacità di proposta e di elaborazione sportiva e sociale.
Mai più di oggi, come ancora sostenuto in questi giorni dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si sente il bisogno di protagonismo, di riconoscimento e di legittimazione del mondo che rappresentiamo. La cultura del movimento, l’attività motoria e sportiva sono ormai diventate un progetto di vita di ogni persona, ma nonostante questo, l’accessibilità alla pratica, la concentrazione delle risorse dedicate redistribuite a pochi, meccanismi della rappresentanza che riducono gli spazi di democrazia, sono ancora fattori frenanti della forza dei numeri e del valore sociale dell’associazionismo sportivo di base.
La cultura sportiva in Italia è ferma da molti anni. A noi il compito, ancora una volta, di sollecitare e di creare un sistema di alleanze trasversale affinché si possa avanzare nel comprendere che l’1,7% del Pil del Paese ha bisogno di sostegno, di infrastrutturazione sociale, di servizi dedicati, di semplificazione amministrativa. In sostanza, di una vera e propria fase costituente dello sport che guardi ad un orizzonte progressista delle politiche pubbliche, per dare dignità a milioni di persone che, attraverso l’animazione sportiva, saldano quotidianamente il rapporto tra le periferie territoriali, culturali e sociali ed il centro di una comunità.
Siamo ancora lì, a dover agganciare una conquista di civiltà che la sordità dei tanti non coglie come grande valore per la qualità della vita sociale, culturale e democratica di un intero Paese. Ma sta a noi, ancora una volta, individuare energie nuove, idee e proposte all’altezza delle sfide che abbiamo davanti: questo sarà il senso della costruzione collettiva di un percorso da avviare dopo che la ricandidatura avrà eventualmente acquisito le formalità necessarie previste dal nostro statuto, percorso che si arricchirà dei contributi, delle indicazioni, delle proposte che raccoglierò già nelle prossime settimane, incontrando i territori.
Un grazie, pertanto, sentito a tutta la Uisp per avermi concesso la straordinaria e ricca esperienza del mandato che va a concludersi ed un augurio di buon lavoro a tutti noi per le fatiche che dovremo sopportare.
Avanti, che abbiamo ancora strada da fare!
Vincenzo Manco

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