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Ma che genere di sport è questo? Sport, media, donne

Ecco il report del webinar e disparità di genere. C’è bisogno di una nuova narrazione: i partecipanti lanciano un appello a Rai e media

 

La decima edizione del Matera Sport Film Festival, si conclude domenica 6 dicembre. Le 30 opere in concorso, provenienti da ogni angolo del mondo, saranno visibili per l’intera durata del Festival, registrandosi gratuitamente su www.materasportfilmfestival.it.

Il Matera Sport Film Festival dal 2011 racconta il legame tra sport e cultura, ed è organizzato dall’associazione Matera Sports Academy, in collaborazione con l’Uisp Matera e con il sostegno del Comune di Matera e del programma Sensi Contemporanei Cinema della Regione Basilicata. Matera Sport Film Festival aderisce al network dei festival lucani “BasilicataCinema”.

Sabato 5 dicembre si è tenuta la tavola rotonda sulla disparità di genere nello sport e nella comunicazione sportiva dal titolo “Ma che genere di sport è questo? Sport, media, donne”. All’evento hanno partecipato Manuela Claysset, responsabile politiche di genere Uisp; Marina Cosi, vicepresidente Giulia Giornaliste; Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai; Elisabetta Esposito, La Gazzetta dello Sport; Sandra Mayers, atleta olimpionica; Ivano Maiorella, direttore Uispress.

I partecipanti hanno lanciato un appello a Rai e media: "C’è bisogno di una nuova e corretta narrazione del fenomeno sportivo, per quello che è diventato oggi. Un grande fenomeno sociale capace di esprimere valori di coesione sociale, di riconoscere diritti, pari opportunità tra i generi e stili di vita improntati alla sostenibilità, alla salute, alla convivenza civile.
Dallo Sport Film Festival di Matera parte un appello al sistema dei media affinchè ci siano concreti impegni per liberare l’informazione sportiva da canoni e clichè che ne fanno un’informazione parziale e di genere. Lo sport sociale e per tutti chiede spazio e attenzione per raccontare la società e illuminare le periferie, attraverso un linguaggio narrativo popolare, trasversale e intergenerazionale".
"I suoi protagonisti spesso poco noti ma esemplari, possono contribuire a dare una nuova prospettiva anche all’informazione sportivo, con una attenzione esemplare al linguaggio e al rispetto degli altri (con riferimento alla Carta di Roma, al Manifesto di Assisi e al manifesto Media ,Donne, Sport). Lo sport è il terreno dell’emancipazione, della libertà e delle pari opportunità. I film in concorso quest’anno dimostrano che attraverso il valore sociale dello sport si realizzano storie di riscatto, di inclusione, di nuova umanità. Concetti che sono alla base di documenti, come il Contratto di servizio Rai, che basano sulla coesione sociale il patto di collaborazione tra cittadini e stato, attraverso il ruolo informativo della Rai".
"Chiediamo - conclude il documento - connessioni stabili tra mondo dello sport sociale e professionisti dell’informazione, a cominciare dalla Rai, per provare a trasformare i tanti “fatti” e le tante “storie” che ogni giorno lo sport sociale e per tutti realizza, in notizie e racconti del nostro Paese. Anche accogliendo e ospitando nella programmazione e nei palinsesti, contenuti narrativi nuovi, film e documentari su queste tematiche. Siamo convinti che questi temi siano propri della missione del Servizio pubblico e per questo lanciamo questo appello con particolare riferimento alla Rai".

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Dopo i saluti del direttore del Matera Sport Film Festival, Michele di Gioia, ad aprire la tavola rotonda è stata Elisabetta Esposito, giornalista de La Gazzetta dello Sport. Dopo aver seguito la vicenda legata ai tamponi ai giocatori della Lazio, la giornalista è stata vittima di inqualificabili minacce e insulti gratuiti, prodotti nella ormai solita cornice denigratoria dei social network: “Avevo previsto delle minacce perché conosco bene il mondo del calcio e la vivacità di alcune tifoserie. Quando si è passati dagli insulti alle minacce ai familiari è stato però brutto, anche perché non sai chi tu hai di fronte dato che questi commenti partono dai social. Nel mondo del calcio ci sono queste cose, ma devo dire che è presente anche un accanimento verso le giornaliste sportive. Sono presenti molti attacchi sessisti espliciti, veniamo molte volte accusate di aver ottenuto determinati ruoli solo dopo aver fatto alcune cose dietro”. Le donne nello sport e nel lavoro sembrano faticare più del dovuto e la testimonianza della Esposito su quest’ultimo tema è indicativa: “All’inizio erano poche le donne in redazione, ora il numero è aumentato ma prevale ancora una maggioranza di uomini, soprattutto nel giornalismo cartaceo. E’ una fatica perché è chiaro che essere donna – prosegue Elisabetta Esposito – comporta essere anche mamma e hai un bagaglio di responsabilità che si conciliano anche con il lavoro. Quando arrivi a scrivere qualcosa e viene riempita di insulti, non si può essere contenti. L’ondata di solidarietà però mi ha stupito e mi ha aiutato. Alla fine, con l’onesta intellettuale di chi fa questo mestiere, si va avanti lo stesso”. Pochi giorni fa proprio La Gazzetta dello Sport ha dedicato una pagina intera ad Antonella Bellutti, ex ciclista che si vuole candidare come presidente del Coni. “Questa è una cosa sicuramente importante – sottolinea Esposito – perché la mancanza di donne ai vertici è una cosa che si sente su tutto lo sport: dai piani alti allo sport di base. Qualcosa si sta muovendo e ci auguriamo che sia solo l’inizio perché la strada davanti è ancora lunga”.

Molto vicina alla giornalista Elisabetta Esposito è stata l’associazione Giulia Giornaliste, rappresentata dalla vicepresidente Marina Cosi, alla quale si è aggiunta la solidarietà della Uisp, che ha sottoscritto e rilanciato il 13 novembre scorso un duplice appello presentato dalla stessa associazione delle giornaliste e condiviso con Commissione Pari Opportunità della Fnsi, la Cpo Usigrai, la Cpo del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti. In questo modo l'Uisp si posta in linea di continuità con l'azione intrapresa un anno e mezzo fa con il lancio del documento "Media, Donne, Sport-Idee guida per una diversa informazione". La stessa Marina Cosi ha sottolineato quanto, oggi, lo sport sia riconosciuto come uno dei fortini del linguaggio maschile: “Di recente Giulia, insieme all’Uisp, in 5 punti ha declinato delle linee guida del linguaggio. Nel primissimo libretto che abbiamo curato con la nostra associazione Donne, grammatica e mediaavevamo scritto suggerimenti per l’uso di italiano e per l’utilizzo delle cariche. Abbiamo sottolineato anche che nell’uso del linguaggio, la stampa ha una grande responsabilità, una sorta di potere. L’obiettivo principale resta vedere il prodotto dell’azione sportiva e non il corpo di chi compie il gesto atletico. Il linguaggio dà veste al mondo. Se non hai un nome o un’identità – commenta Cosi – sei sempre un’appendice che dipende da qualcos’altro. Bisogna battersi affinché ognuno abbia i propri diritti di rappresentanza, di essere donna e di essere nominata per cariche”. 

Perché è difficile illuminare aspetti specifici della vita sportiva delle donne che, finora, sono rimasti nell’ombra dell’anonimato? Per rispondere a questa domanda, Vittorio Di Trapani, segretario Usigrai, ha rimarcato l’importanza sociale dello sport per le comunità. “Lo sport sociale deve diventare un tema centrale perché si è capito nella pandemia quanto è fondamentale lo sport per la società. E lo sport sociale ha molto a che fare con l’impegno delle donne nello sport. Riusciremo a parlare bene dello sport quando riusciremo a capire quanto è importante l’impatto delle donne in questo mondo. Lo sport è un veicolo culturale straordinario e quando si capirà questo, faremo un grande passo avanti nella società”. In Italia ci sono oltre 40 federazioni sportive: il dato negativo che balza all’occhio è che, tra queste, nessuna donna ricopra il ruolo di presidente o comunque cariche rilevanti: “Sta emergendo un forte livello di giornaliste sportive nel giornalismo cartaceo e televisivo. Troppo spesso però le colleghe in tv vengono valutate per il loro aspetto piuttosto che per la qualità che hanno. Il movimento che ha tracciato la Rai per promuovere il calcio femminile deve segnare il percorso futuro da intraprendere”. Secondo Di Trapani per affrontare il problema delle connessioni, l’unica soluzione è quella di tessere una grande alleanza tra soggetti e sollecitare all’ascolto di quelle personalità che vivono questo mondo attraverso due proposte che potrebbero cambiare, nel prossimo futuro, le carte in tavola: “Partendo dall’ascolto delle persone che vivono queste difficoltà si potrà capire meglio il contesto che si vuole affrontare. Avanzo due proposte per migliorare la situazione: la prima è il contratto di servizio per incominciare un cammino dove nel racconto sportivo ci sia un’adeguata importanza allo sport femminile. La seconda è legata all’evento del Matera Sport Film Festival, mi auguro che Rai Sport diventi partner di questa iniziativa e che trasmetta in futuro un film prodotto in questo contesto nel servizio pubblico”.

Ne corso dell’evento è intervenuta anche l’atletica olimpionica Sandra Mayers: “Mi associo anche io ai dati che vedono poche donne, se non nessuna, ricoprire ruoli in federazioni”. Una situazione, quella spagnola, che non sembra discostarsi troppo dal contesto nostrano: “Dalla mia esperienza, dagli anni ‘80 ho visto come in ogni Olimpiadi venivano aperte poco a poco nuove discipline olimpiche alle donne. Attualmente siamo quasi in situazione di parità ma c’è ancora molto da fare. In Spagna ci sono 59 federazioni di cui 2 con presidenti femminili, alcune con vicepresidentessa come donna ma sembra una gentile concessione per far vedere in apparenza che sia un team equilibrato. Non è solo il vertice ma anche il settore degli allenatori da rivalutare. Vedere un’allenatrice che allena una squadra maschile è una situazione ancora molto lontana”. L’unico precedente in Italia di una donna alla guida di una squadra maschile risale all’estate 1999 quando la Viterbese dell’allora presidente Luciano Gaucci, si affidò a Carolina Morace per affrontare il girone B della vecchia Serie C1. Un‘avventura durata appena lo spazio di due partite.

Più duraturo nel tempo è invece il contributo, efficace e incisivo, che la Uisp ha dato al settore femminile. Manuela Claysset, responsabile politiche di genere Uisp, ha tracciato un filo storico dei cambiamenti avvenuti: “La pratica femminile nel corso degli anni è cambiata. Qualche anno fa c’erano alcune discipline ancora non riconosciute, ma oggi tutti gli sport possono essere praticati. Si sono cancellati anche alcuni stereotipi ma dobbiamo ancora capire come, di fronte a certi episodi come quello di Elisabetta Esposito e della pallavolista incinta Lloyd, impostare un lavoro trasversale molto ampio. Dobbiamo fare un lavoro unendo il giornalismo e le associazioni, promuovendo iniziative e vedendo quali possono essere le azioni concrete per contrastare questi episodi e cambiare questa cultura dello sport”. E’ fuori discussione che ci sia ancora molto da fare ma che tipo di attenzione, visibilità e spazi, anche e soprattutto sui media, è necessario concedere a temi così delicati come quello della parità di genere? “Non sempre come Uisp riusciamo a dare la giusta visibilità – precisa Manuela Claysset – ma questo deve essere un messaggio per altre associazioni e altre realtà. Bisogna impegnarsi per un impegno comune e mettere in atto azioni concrete. Da parte delle associazioni il lavoro più importante da attuare è capire che tipo di formazione dare ai propri educatori e che visibilità dare”.

La cerimonia di chiusura del Matera Sport Film Festival si terrà oggi, domenica 6 dicembre, alle 19, con le premiazioni dei vincitori dell’evento giunto alla sua decima edizione. (a cura di Sergio Pannocchia e Alessandro Fracassi)

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