Nazionale

Sport, olimpismo e rispetto: la riscoperta del fair play

Ne parla Marco Pastonesi su Il Foglio: c'è troppa distanza tra enunciazione e fatti. E cita la Uisp e le sue attività legate al rispetto e alla coesione sociale

 

Alla scoperta della Carta Olimpica, per conoscerla e per interpretarla, nel suo insieme. Una settimana fa abbiamo ospitato un articolo di Le Temps (testata svizzera) scritto dal professor Patrick Clastres, dell’Università di Losanna, città sede del Cio. Uno che non può essere certo accusato di antiolimpismo, anzi. La sua tesi è che, per rilanciare i valori olimpici, il Cio deve fare i conti con i propri “demoni” (la sua storia, anche le tappe più buie come le Olimpiadi di Berlino del ’36) e deve democratizzarsi.

Allo stesso argomento il Giornale Radio Sociale ha dedicato l’approfondimento settimanale, riprendendo un intervento audio dello stesso Clastres e intervistando Nicola Sbetti, Università di Bologna, uno dei più autorevoli storici dello sport italiani.

Il tema Cio è d’attualità, se ne è parlato in Italia perché è stato richiamato dal Coni per reclamare la propria “autonomia” nei giorni della riforma dello sport e se ne parla in vista di Tokyo 2020. Ma la Carta Olimpica ha un valore sociale ed educativo che non può funzionare ad intermittenza, va preso nel suo insieme, analizzato e attualizzato. Perché lo sport è un diritto di tutti, c’è scritto anche questo.

Pensate ad esempio al valore del fair play, che viene richiamato nel Preambolo della Carta Olimpica, al punto 4 dei Principi Fondamentali. Lunedì scorso Marco Pastonesi, giornalista e scrittore, è partito proprio da quel valore per chiederne un rilancio nei fatti. E cita alcuni episodi positivi avvenuti recentemente nel calcio, nel ciclocross, nello sci, nel rugby. Episodi che sembrano essere l'eccezione e sembrano andare controcorrente rispetto all'andazzo. E cita l’Uisp, che del fair play "fa un comandamento" nei fatti e lo fa rivivere in molte attività dedicate ai diritti e alla coesione sociale. E sì, perchè c'è un fair play che dallo sport può essere riflesso nella società, e ce n'è molto bisogno.

“Il fair play è entrato nella grammatica italiana, meno nella pratica”, scrive Marco Pastonesi nel suo articolo su Il Foglio dal titolo "La riscoperta del Fair Play". E aggiunge: “significa rispetto delle regole, dalle buone maniere fino alla lotta al dopig.  Il fair play è un comandamento della Uisp, che tra l’altro organizza i Mondiali Antirazzisti per dire no alle discriminazioni, non solo calcio ma anche pallavolo, basket e beach rugby, in città che si trasformano non in centri di accoglienza, ma in ‘simboli di accoglienza e rigenerazione sociale’. Viva l’impegno”. E viva questo giornalismo: grazie Pastonesi. (I.M.)

Ecco alcuni passaggi dell'articolo di Marco Pastonesi da Il Foglio di lunedì 15 febbraio 2021:

“La riscoperta del Fair Play - Belotti e Di Francesco nel calcio, Bertolini e Dorigoni nel ciclocross, il Sei Nazioni e i mondiali di sci a Cortina. Lo sport e il rispetto”

Atalanta-Torino, sabato 6 febbraio: sul 3-0 per i bergamaschi, il torinista Andrea Belotti cade al limite dell’area avversaria, l’arbitro Francesco Fourneau fischia il fallo dell’atalantino Cristian Romero e lo ammonisce, Belotti si rialza e fa cenno all’arbitro che non era fallo, l’arbitro ritira l’amminizione e riprende il gioco scodellando il pallone.

Cagliari-Atalanta, domenica 14 febbraio: sullo 0-1 per i bergamaschi, segnato all’ultimo minuto dei tempi regolamentari, contatto fra il cagliaritano Daniele Rugani e l’atalantino Marten De Roon nell’area bergamasca. L’arbitro Piccinini comanda il rigore, poi si affida al giudizio della moviola e ribalta la propria decisione. L’allenatore del Cagliari, Eusebio Di Francesco, nonostante l’amarezza, ammette che non si trattava di un rigore.

Lampi di fair play in Serie A, dove critiche e polemiche si moltiplicano, dove lamentele e piagnistei imperano, dove Antonio Conte, l’allenatore dell’Inter, sventola il dito medio (e prima un dialogo fatto di insulti) all’indirizzo di Andrea Agnelli, il presidente della Juventus, alla fine della partita di Coppa Italia, e dove Enrico Preziosi, il presidente del Genoa, si strattona con Stefano Campoccia, il vicepresidente dell’Udinese, a un’assemblea della Lega di Serie A. Finalmente parole per ridimensionare, gesti per riappacificare, modi per ritrovare il senso dello sport e lo spirito del gioco.

Fair play: gioco corretto. Non c’è bisogno di scriverlo in corsivo o fra virgolette, come si usa fare per le espressioni straniere. Fair play è entrato nella grammatica italiana, meno nella pratica. Ma c’è chi si batte, da anni, da sempre, per ristabilire le regole di un comportamento sano, leale, onesto, anche se non necessariamente scritto. Nel calcio, la Federazione internazionale assegna un premio al gesto esemplare. Nel 2020 è stato premiato Mattia Agnese, 17 anni, ligure, allievo dell’Ospedaletti: durante una partita contro la Cairese, in uno scontro di gioco ha visto Matteo Briano, il suo avversario, accasciarsi a terra e perdere i sensi, e lo ha immediatamente soccorso. “Non sono un eroe”, ha detto Mattia, inserito nella Hall of Fame del calcio italiano. Viva la semplicità.

Non è il solo premio, quello della Fifa. Il fair play è il premio nazionale di giornalismo sportivo per l’etica nello sport intitolato allo schermidore Antonio Spallino e concepito dal Panathlon di Como, ed è una missione storica del Panathlon International, che ha adottato una carta elaborata dal Club di Losanna, accettata dall’Associazione svizzera dello sport e condivisa da tutti i club italiani. Significa rispetto delle regole, dalle buone maniere fino alla lotta al doping. E il fair play è un comandamento della Uisp, che tra l’altro organizza i Mondiali antirazzisti “per dire no alle discriminazioni”, non solo calcio, ma anche pallavolo, basket e beach rugby, in città che si trasformano non in centri di accoglienza, ma in “simboli di accoglienza e rigenerazione sociale”. Viva l’impegno.

Se il credo giornalistico era “vale più un cross di Roccotelli che...” uno Slam di Federer o un Kandahar di Paris, adesso si privilegiano centimetri nudi di Wanda Nara e Melissa Satta a storie scritte su Gioele Bertolini e Jakob Dorigoni. Un mese fa i due ciclocrossisti (e bikers) lottavano nel Gran premio Friuli Venezia Giulia quando Bertolini, passando all’interno, sfiorò Dorigoni, e Dorigoni scivolò. Bertolini, invece di andare in fuga, lo aspettò e si scusò. Nel giro finale i due ricominciarono a sfidarsi. Quasi stupito di doversi spiegare, Gioele ha ricordato come “Jakob e io siamo avversari in queste gare, ma già compagni di squadra e adesso compagni in nazionale, e in nazionale perfino compagni di stanza. Voglia di confrontarsi e superarsi. Ma sempre stima, rispetto, amicizia. Il contatto in corsa è stato casuale. Cose che succedono. Però mai avrei voluto vincere avvantaggiandomi su quell’incidente. Aspettare Jack per scusarmi e spiegarmi mi sembrava il minimo che potessi e dovessi fare. E l’ho fatto”. Viva l’amicizia.

Rispetto è la parola magica (l’altra è sostegno) anche del rugby. Rispetto delle regole, rispetto dell’arbitro, rispetto dell’avversario. Nonostante le esasperazioni del gioco, oggi estremamente fisico, i rugbisti conservano tradizioni secolari di solidarietà. Sabato scorso, a Twickenham, l’arbitro scozzese Mike Adamson ha operato scelte sbagliate, molto discutibili e che comunque non sono state discusse dai giocatori. A cominciare da tre mete inglesi, da annullare: la prima per un chiaro passaggio in avanti (molto più chiaro di quello nella meta annullata a noi contro la Francia), la seconda per un salto di Jonny May a evitare un placcaggio (si può saltare solo tuffadosi in meta), la terza per un’evidente scorrettezza di Owen Farrell che impediva a un nostro giocatore di intervenire. Eppure: zero rimostranze. Spetterà farle, semmai, ai nostri dirigenti nelle opportune sedi. Magari si sarebbe comunque perso (41-18 il risultato), ma sarebbe stata un’altra storia, da giocare e raccontare, ricordare e archiviare. Viva il rugby.

E quanta correttezza anche ai Mondiali di sci a Cortina. Le azzurre dello sci, rivali, che si stringono a Sofia Goggia, la grande assente. Dominik Paris che non cerca scuse e si accusa di aver sbagliato la parte decisiva della libera. Laura Pirovano e Nadia Delago, dodicesima e quindicesima nella libera, che si dichiarano le più felici al mondo. Viva il fair play.

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