#70anniUisp significa guardare al futuro cercando di approfondire (e divulgare) valori e radici. Per questo vogliamo presentare un lavoro documentaristico importante ma poco noto, del quale fu protagonista l'Uisp all'inizio degli anni '70 insieme ad una regista e fotografa dal profilo prestigioso,Cecilia Mangini. Questo fruttuoso incontro di lavoro nacque in occasione della realizzazione del mediometraggio “L’altra faccia del pallone”, prodotto per l’Uisp nel 1972.
Ve ne presentiamo un frammento, dedicato in particolare al nuoto popolare e al lavoro di divulgazione che l'Uisp faceva in quegli anni, in chiave salute e sicurezza (GUARDA IL VIDEO L'altra faccia del pallone di Cecilia Mangini)
Il film fu presentato anche alle Giornate del Cinema di Venezia, dove ottenne un riscontro positivo da parte del pubblico e della critica”, scrive Luciano Senatori. Che prosegue: “Il documentario contesta in modo duro e radicale lo sport spettacolo, il consumismo sportivo e la sua commercializzazione spietata e inesorabile. La pellicola, ovunque proiettata, genera reazioni positive e negative negli spettatori. La discussione attraversa e divide intellettuali della sinistra”. “Il documentario – scrive Senatori – fu pensato e realizzato per far riflettere e immettere elementi di critica e presa di coscienza tra i cittadini ma soprattutto nel mondo dello sport ufficiale”.
Ma chi è Cecilia Mangini? Nata nel 1927 a Mola di Bari, da padre pugliese e mamma di Firenze (dove la famiglia si trasferisce quando Cecilia ha sei anni), è la prima donna documentarista in Italia del dopoguerra. In anni nei quali "le donne dovevano essere solo oche giulive, non potevano avere opinioni proprie, non potevano discutere di libri e dovevano adorare i maschi", come ha spiegato in un'intervista all'Unità. Con i suoi film e corti non fiction, è sempre andata oltre censure e stereotipi.
"La fotografia è quella di strada in cui si esce dal proprio nido protetto e si va ad incontrare e esprimere gli altri - scrive la Mangini - Nelle strade l'umanità vive, si dibatte, soffre. Tutto questo è a disposizione di chiunque abbia una macchina con un obiettivo". A fine anni '50 incontra l'uomo della sua vita, che diventa suo marito e compagno d'arte, Lino Del Fra (scomparso nel 1997). Con i suoi documentari Cecilia Mangini ha toccato temi diversi quali i cambiamenti in pieno boom economico nel nostro Paese, la storia d’Italia, il lavoro, sino allo sport. Temi attraverso i quali leggere l’Italia e i suoi mutamenti sociali, i suoi paradossi e le questioni non risolte, un invito ad aprirsi ad una maggiore coscienza critica.
Nel catalogo del NodoDocFest di Trieste del 2009 c’è un intero capitolo dedicato all’attività di documentarista di Cecilia Mangini, con due lunghe interviste nelle quali la regista racconta perché ha scelto il documentario come forma espressiva: “era un sogno che restava mimetizzato in fondo al cuore”. E poi spiega perché ha scelto soprattutto Roma come sfondo: “era il 1958, Pasolini aveva avuto grande successo con il suo Ragazzi di vita ambientato tra Tiburtino III, Donna Olimpia e San Basilio, da tempo Lino e io eravamo affascinati dal loro essere zone di esclusione, di emarginazione dalla città, In definitiva lager di concentramento”. (Ivano Maiorella)
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