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PRESA DIRETTA - Lo sport è un diritto

“Lo sport è un diritto”: servono politiche pubbliche per lo sport anche nel nostro Paese, investimenti sull’impiantistica pubblica, una nuova cultura dello sport.
 
 
Complimenti Presa Diretta Riccardo Iacona per questa puntata “Lo sport è un diritto”: servono politiche pubbliche per lo sport anche nel nostro Paese, investimenti sull’impiantistica pubblica, una nuova cultura dello sport.
 
“Lo sport è un diritto”: Bilanci in rosso e bancarotta del calcio. Superlega e affari, con voci insistenti che arrivano dalla Spagna, sta succedendo un terremoto. Ceferin, presidente Uefa; Agnelli, le lacrime di Messi e le congiure di palazzo: Infantino, presidente Fifa, sapeva della Superlega? La banca del progetto Superlega era JPMorgan, che punta a futuri diritti televisivi.
Gli investitori americani vedono nel calcio una grande opportunità, per questo sino entrati nella costruzione degli stadi anche in Italia, con Roma e Fiorentina. Si chiama americanizzazione del calcio, gli affari vengono prima. Superlega avrebbe significato consolidamento e sicurezza della partecipazione, mossa salvabilanci: oggi nella Champions puoi entrare o no, dipende dai risultati e prevale l’incertezza. Quindi è meglio radunare i piu forti e potenti e decidere per tutti.
La Superlega si rivela essere una scorciatoia per uscire dai debiti.
Cefferin ha provato a farsi finanziari da capitali arabi. E il Paris S. Germain è stata la prima squadra acquista da uno stato: il Qatar. La posta i palio tra capitali americani e capitali arabi è il controllo del calcio.
In Italia, dice Calcagno, Aic, il calcio dovrebbe spendere meglio i soldi che crea. Il sistema dovrebbe mettere a punto delle norme capaci di equilibrare il sistema.
Il caso dell’Inter: dopo lo scudetto è stata smantellata la squadra, non si è in grado di gestire il valore aggiunto, vende i pezzi migliori e fa entrare nelle casse 200 milioni. Tutti vivono al di sopra delle proprie possibilità. Milan, Inter, Juve e Roma hanno accumulato circa 1,4 miliardi di euro, spiega Carlo Festa giornalista del Il Sole 24 ORE.
Questa crisi si riflette sulle squadre minori che sono destinate al fallimento, basta vedere le storie del Parma o del Foggia. Come funzionano le plusvalenze? Scambi fittizi che gonfiano artificialmente i bilanci. Oggi le plusvalenze sono schizzate a 800 milioni, ovvero entrate sulla carta che in realtà non ci sono mai state.
Oggi il calcio è talmente indebitato, spiega il giornalista Pistocchi, che a fronte di ricavi per 3,5 miliardi ci sono debiti per 4,7 miliardi. 138 milioni di euro pagate ai procuratori in questo periodo di crisi: è un’altra cifra che grida vendetta.
Avremmo bisogno di una grande rivoluzione nel calcio ma non possono certo farlo coloro che lo guidano.
Ci sono sperimentazioni di “azionariato popolare” come quello del Bayern Monaco , dove i tifosi hanno il 35%, che permettono ai club di coniugare bilanci sani e buoni risultato.
Anche Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, parla della positività del modello azionariato popolare. Un esperimento è quello che hanno iniziato i tifosi interisti con Interspac.
Ma tutti i ricavi del calcio hanno un qualche riflesso sullo sport di massa, lo sport di base?
Le società sportive di base non ricevono risorse pubbliche, pur svolgendo attività sportiva per tutti. I Comuni sono i maggiori proprietari di impianti sportivi ma il 62% di questi impianti risalgono agli anni ‘80 e richiederebbero ristrutturazioni che non arrivano. Esempi di sprechi in impianti?
Si rimane su Roma con la Città del rugby di Spinaceto e la Città dello sport, a fianco della Vela di Calatrava. E lo scandalo dello Stadio Flaminio, chiuso dal 2018. Fanno rabbia le grandi strutture sportive non utilizzate, ma anche le piccole. Il professor Monni, dell’Università Roma Tre, ha realizzato “la mappa della disuguaglianza”, ovvero la distribuzione ineguale degli impianti sportivi pubblici in una città come quella di Roma, con quasi tre milioni di abitanti. Una tappa degli sprechi e delle disuguaglianze.
Benenti di Federconsumatori spiega che una famiglia media si dovrebbe accollare circa mille euro l’anno per far fare nuoto ad un ragazzo. Genitori che si tassano e società sportive che fanno mille sacrifici: ma le politiche pubbliche dove sono?
Possibile che lo sport di base sia sulle spalle di famiglie e societa sportive private?
Eppure le ricadute positive dello sport sulla salute dei giovani sono molte. E poi c’è il problema dell’obesità infantile e della sedentarietà che si contrasta col movimento. Eppure la scuola non se occupa. Inoltre il movimento crea miglioramento nell’apprendimento: tutto ció che viene svolto in un ambiente di piacere e benessere fa scattare un aumento dell’apprendimento. Il diritto allo sport va inserito nella Costituzione, insieme al diritto alla salute e quello alla scuola. Lo chiede Mauro Berruto, responsabile Pd dello sport.
La comparazione con il modello sportivo della Francia è impietoso: l’insegnamento del nuoto nelle scuole d’oltralpe è obbligatorio. Superare la paura dell’acqua, misurarsi con gli altri, migliorare le proprie capacità motorie: la cultura sportiva in Francia ha lo stesso livello della cultura artistica, sviluppa valori ed educa alla vita. Anche gli insegnanti sono formati ad altissimo livello. In Francia le politiche per lo sport di base sono gestite dal Ministero per l’educazione. Quest’anno sono stati previsti 100 milioni di euro in piu per uscire dalla pandemia Covid. La politica del Ministero è orientata a combattere sedentarietà e obesità. Per ogni euro investito c’è un ritorno di 8 euro. Le piscine pubbliche francesi sono molto diffuse nelle città e la quota di frequenza è di circa 22 euro per tre mesi. C’è un sistema culturale pubblico che investe sullo sport, a più livelli. Ci sono ad esempio strutture montate nei parchi pubblici.
Ci vuole un impegno costituzionale per fare in modo che anche lo sport diventi oggetto di politiche pubbliche anche nel nostro Paese, lo sport di massa serve ad includere e a rappresentare un veicolo di socializzazione per provare ad uscire da contesti difficili. Viene intervistato Antonio Bosso, campione di parkour, che racconta la sua storia di “educatore di strada” nel quartiere Barra, uno dei più difficili di Napoli.
 
 
 

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