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Messico ’68 “No queremos Olimpiadas”

Era il 2 ottobre 1968, le proteste in Plaza de les Try Culturas, le Olimpiadi e il pugno guantato di Tommie Smith: ecco la ricostruzione di L.Senatori

Tra questi c’è anche Oriana Fallaci, giornalista fiorentina inviata de L’Europeo, colpita da un proiettile sparato sul mucchio da un elicottero dell’esercito messicano.

Gli studenti di Città del Messico, così come in altre parti del mondo, da alcuni mesi manifestano e lottano contro il governo rivendicando libertà e democrazia, diritti civili e riforme sociali. A loro si uniscono masse popolari per denunciare il dilagare della corruzione tra la classe dirigente del paese, l’impoverimento generale della popolazione ed il basso livello d’istruzione.

Il 28 luglio l’ennesima manifestazione studentesca si era conclusa con violenti scontri tra polizia e studenti. Alla fine si contano otto morti e centinaia di feriti.

Il Governo messicano vuole organizzare comunque i Giochi olimpici per dimostrare la forza e il prestigio del paese coprendo così in una cortina fumogena lo stato reale della società messicana.

Nel contesto sempre più drammatico e confuso si alza per prima e determinata la voce dell’UISP contro lo svolgimento dei Giochi. La nota ufficiale del 25 settembre, (pubblicata da Il Discobolo n.41 settembre-ottobre 1968) denuncia il tentativo del governo messicano di voler salvare le Olimpiadi in un bagno di sangue.

“Ogni tentativo di presentare la rivolta degli studenti e dei giovani messicani come una ribellione di pochi gruppi di sobillati è grottesco. Grida di scandalo, contro questi moti che traggono origine dalle profonde ingiustizie della società messicana e dalla volontà di lotta del suo popolo, vengono lanciate dai benpensanti della consacrazione olimpica, indifferenti al massacro purché ai Giochi sia resa salvezza. Avery Brundage, il vecchio Presidente del CIO, esperto protettore dell’autoritarismo, dorme tranquillo protetto dai reparti di granaderos e rilascia dichiarazioni agghiaccianti sul sicuro svolgimento dei Giochi garantito dal governo messicano a qualunque costo.”

L’UISP si rivolge direttamente al Comitato Olimpico Internazionale invitandolo a considerare l’eventuale annullamento delle Olimpiadi aprendo una riflessione critica profonda sulle stesse, sul ruolo dello sport nel mondo ritenendo chiusa l’epoca aristocratico-borghese decoubertiana, cogliendo le novità ed i grandi fermenti che investono l’umanità.

L’atteggiamento del gruppo dirigente dell’UISP è fermo, come si evince dal telegramma inviato il 27 settembre dal presidente dell’UISP, Arrigo Morandi, al presidente del CONI Giulio Onesti, (pubblicato da Il Discobolo n.41).

“Grave situazione creatasi in Messico minaccia travolgimento XIX Olimpiade nel sangue stop. Preso atto dichiarazioni di Brundage et Clark svolgimento Giochi qualsiasi costo auspichiamo iniziativa italiana et altre forze sport nazionale che scinda proprie posizioni dal CIO essendo ingiustificato svolgimento Giochi sotto protezione militare et impossibile assistere passivi brutale repressione inasprita proprio in nome Olimpiadi” (pubblicato da Il Discobolo n.41).

 

La presa di posizione dell’UISP non rimane inascoltata, la direzione del PCI “esprime lo sdegno dei comunisti e fa propria la collera dei giovani e di tutto il popolo italiano per la tragica e sanguinosa strage operata a Città del Messico”, in pari tempo PCI e PSIUP, presentano in Parlamento una mozione per chiedere al governo italiano di farsi promotore del rinvio delle Olimpiadi, trovando il consenso delle forze sindacali, dell’ARCI e dell’UDI. Negli stessi giorni donne e uomini di cultura, scrittori, scienziati e docenti universitari si appellano al Presidente della Repubblica per il ritiro della rappresentanza italiana dai Giochi olimpici.

Dal confronto parlamentare emergono differenze più o meno marcate. Il Partito socialista italiano si appella genericamente alla non violenza, la Democrazia Cristiana è per lo svolgimento delle Olimpiadi con la richiesta di garanzie per la incolumità degli atleti italiani, il Governo è contrario alla proposta di ritiro dai Giochi dell’Italia, il CONI è per lo svolgimento delle Olimpiadi e tutti gli atleti italiani devono parteciparvi.

Come è noto, le Olimpiadi ebbero regolare svolgimento, gli interessi economici camuffati abilmente in un astratto neutralismo sportivo presero il sopravvento. Ciononostante i giochi di Città del Messico riservarono qualche sorpresa rimasta impressa nella storia delle Olimpiadi.

A seguito dei recenti violenti scontri razziali nel loro paese tutti gli atleti statunitensi di colore, portarono sulle loro divise i distintivo con la scritta Olympic Project Human Rights (Progetto Olimpico per i diritti umani). La protesta raggiunge l’apice quando, inaspettatamente, durante la premiazione dei duecento metri piani, Tommie Smith (medaglia d’oro) e John Carlos (medaglia di bronzo), sul podio ascoltano l’inno americano con il capo chino verso la medaglia ed innalzano il pugno chiuso in un guanto nero (simbolo di Black Power e della lotta contro il razzismo), davanti a milioni di telespettatori che vedono per la prima volta i giochi in diretta via satellite.

Sul podio c’è anche la medaglia d’argento, l’australiano Peter Norman, con il distintivo per i diritti umani in bella evidenza, atto che gli procurerà dure critiche nel suo paese con conseguenti ostracismi e difficoltà nella vita quotidiana.

 La foto della protesta fa il giro del mondo ed il poster della trasgressiva premiazione in diretta diventa il simbolo che la contestazione di quel periodo affianca a quello del Che Guevara, è scelta provocatoriamente per la copertina de Il Discobolo n. 42 (novembre-dicembre 1968). La rivista dell’UISP coglie l’occasione per approfondire analisi e giudizi sui giochi olimpici e le questioni razziali. In particolare un articolo di Mario Gulinelli fa notare che la protesta degli atleti “negri” si è estesa, ha cancellato la teoria dei “bianchi” sulla non esistenza del razzismo nello sport e “ha decretato la fine del ruolo che l’uomo bianco aveva assegnato all’atleta negro: hanno proclamato la fine di una mistificazione, iniziando un processo crediamo irreversibile.”

Altre proteste in modi e forme diverse ebbero luogo nelle stesse olimpiadi. Il quadro degli eventi olimpici del ’68, insieme a tutti i fermenti di lotta politica e culturale di quel periodo è complesso, ma anche da tutto ciò prenderanno corpo le proposte per uno sport diverso e alternativo contenute nelle tesi per il sesto congresso dell’UISP che sarà celebrato da lì a pochi mesi.

Luciano Senatori       

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