Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Il lato (non troppo) nascosto dei "Mondiali Antirazzisti"

Uno sguardo interno sulla manifestazione Uisp contro le discriminazioni, con il racconto di chi ha coordinato il lavoro dei volontari internazionali

di Chiara Gallo

 

CASTELFRANCO EMILIA (MO) - Oltre all'aspetto sportivo e antirazzista, i "Mondiali Antirazzisti" - storica manifestazione della Uisp contro le discriminazioni che quest'anno, dal primo al cinque luglio, ha festeggiato a Bosco Albergati, vicino Modena, la sua diciannovesima edizione - sono caratterizzati da due dimensioni molto importanti: quella internazionale e quella del volontariato. Due dimensioni che nel corso degli anni hanno accorciato le loro distanze grazie a due progetti di Servizio di volontariato europeo (Sve), promossi dalle associazioni Yap e Younet tramite il programma europeo "Erasmus + Youth in action". Novità dell'edizione 2015 è stata l'individuazione di un "responsabile dei volontari internazionali": io, Chiara, 26 anni, laureata in Relazioni internazionali all'Università di Bologna, catapultata nell'universo dei "Mondiali Antirazzisti", a fare da ponte tra i volontari Uisp, i "vecchietti" di Bosco Albergati e 55 volontari internazionali, sperduti in mezzo alla campagna modenese, senza nessuna esperienza diretta con questo evento, senza nessuna conoscenza del posto né tanto meno della lingua italiana.

Una responsabilità che banalmente doveva limitarsi a una sorta di ambasciata tra responsabile di settore e coordinatore di associazione per distribuire il lavoro tra i vari volontari, ma che fin da subito si è trasformata in un incarico a 360°, che coinvolgeva non solo la comunicazione tra locale e internazionale, ma anche tra i vari piani del locale e dell'internazionale, la gestione dei turni, la preparazione dei pasti e la "caccia al volontario", quella nuova disciplina sportiva che prevede la ricerca di volontari liberi per lavori imprevisti sorti all'ultimo secondo. Quest'ultimo incarico mi è costato la reputazione, facendomi apparire agli occhi dei volontari come il loro incubo peggiore. "Chiara, every time I see you, I see the word "work" on your face!". "Ambasciator non porta pena" si diceva!

Normalmente, in queste circostanze di scambi internazionali il più grande ostacolo alla riuscita del lavoro finale è rappresentato dallo scoglio culturale e linguistico che divide i partecipanti e gli organizzatori. Ai "Mondiali" non è stato così, o meglio, quest'ostacolo passava in secondo piano rispetto alle difficoltà che sono state create dal caldo record e dalle tempistiche legate agli arrivi in loco dei materiali necessari all'allestimento. Nonostante ciò, quando si trattava di lavorare, pochi, pochissimi erano quelli si tiravano indietro. Non appena i materiali erano pronti, i volontari si buttavano a capofitto nel compito, portando a termine il lavoro con risultati veramente eccezionali. Dalla pulizia delle cucine alla creazione della Piazza Antirazzista, dalle decorazioni alla preparazione dei campi sportivi, tutto, o quasi, era fatto con cura e attenzione… e ovviamente con qualche imprecazione dovuta alla fatica e al caldo.

Chi è venuto ai "Mondiali Antirazzisti", e chi ha lavorato con loro, può testimoniarlo. Ovviamente non ero sola in quest'arduo compito. Io ero solo uno dei pilastri del ponte. Yap (Youth action for peace) è un'associazione, o meglio un movimento, internazionale che organizza campi di lavoro giovanili con il principale obiettivo di favorire la convivenza e lo sviluppo dei popoli attraverso l'educazione alla cultura della pace e alla convivenza nella diversità. Se tra il primo e il cinque luglio avete fatto un salto ai "Mondiali", avrete sicuramente notato giovani ragazzi e ragazze in maglia bianca che giravano per Bosco Albergati trascinando bidoni dei rifiuti o raccogliendo immondizia. Quelli erano gli "Yappini", i quindici volontari che hanno aderito al progetto, un progetto interamente incentrato sull'ecologia e l'ambiente. Younet, invece, è un'associazione di promozione sociale che utilizza la learning mobility - la mobilità transazionale con fini educativi - per supportare la crescita personale e professionale, il dialogo interculturale e la consapevolezza europea. Il progetto "Sport for Change" ha portato ai Mondiali ben 40 "Younettini": ragazzi e ragazze che durante la manifestazione hanno prestato servizio in tutti i settori chiave, dal magazzino all'infopoint, dall'assistenza ai campi alla ristorazione, compreso l'ingrato compito della pulizia dei bagni e delle docce.

Questa rete di collaborazioni nazionali e internazionali garantisce uno dei principi fondamentali dei "Mondiali Antirazzisti": sapere di non essere mai soli, in nessuna circostanza. Da una parte c'erano i coordinatori di Yap e Younet, dall'altra il team allestimento Uisp, pochi, ma validi, pronti e capaci di rendere sempre questi lavori il più divertenti e tollerabili possibile. Così si riesce anche a instillare nei giovani volontari lo spirito dei "Mondiali", mostrando loro cosa vuol dire lavorare per una manifestazione di questa portata, facendo capire che ciò che fanno ha un senso che va ben oltre il caldo e la fatica, che il risultato finale li ripagherà di tutto il sudore e la stanchezza. Visti i sorrisi, le risate e la voglia di tornare l'anno prossimo, credo che il messaggio sia arrivato forte e chiaro nelle teste e nei cuori dei volontari internazionali.

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