Lo spiritual, padre del blues, antenato del jazz, era il canto religioso intonato dagli schiavi afroamericani per alleviare i dolori e le sofferenze della schiavitù. La storia di Wilma Rudolph, la regina di Roma, va incastonata nel contesto degli stati del Sud, dove la piaga del razzismo e la richiesta di emancipazione sociale da parte dei cittadini neri d'America segnarono la sua infanzia. Ventesima di ventuno figli di una famiglia di colore del Tennessee, in tenere età la madre della Rudolph notò una malformazione al piede e alla gamba sinistra di sua figlia.
La diagnosi dei medici non sembrava dare scampo, aveva la poliomelite. L'unica opportunità per la famiglia Rudolph era il Meharry Hospital di Nashville (il più vicino e accessibile per le persone di colore), l'ospedale era distante ottanta chilometri dalla casa di Wilma. Per due anni la bambina si sottoppose alle cure e ai massaggi dei medici e solo all'età di dodici anni riusci a tornare a camminare correttamente. La scuola offrì a Wilma la possibilità di dedicarsi allo sport, abile giocatrice di pallacanestro, ben presto venne notata dall'allenatore di atletica che l'avviò alla velocità. In poco tempo divenne una campionessa di livello mondiale. Appena sedicenne partecipo alla spedizione olimpica di Melbourne, ma è quattro anni più tardi, a Roma, che la Rudolph stupisce tutti. Il 7 settembre del 1960 a Roma, Wilma Rudolph fu la prima donna americana a vincere ben tre medaglie d’oro nella velocità, una presunta relazione (in un'epoca in cui negli Stati Uniti i matrimoni interrazziali erano vietati) con Livio Berrutti, Wilma incanterà l'olimpiade romana meritandosi l'appellativo di Regina dei giochi.