Il parkour come Art Du Déplacement, ovvero l’arte dello spostamento. Questo infatti è il nome originale e più utilizzato all’interno di questi ambienti. Una disciplina per Fabio Saraceni, referente parkour Uisp Roma e presidente dell’associazione ADD Roma, mentale e fisica che allena il corpo e la mente con l’obiettivo di superare qualsiasi genere di ostacolo. L’ADD (Art Du Déplacement) è considerata anche un’espressione artistica e, dopo aver passato un periodo sotto osservazione da parte delle persone che vedevano questa nuova pratica come inusuale, si è affermata diventando un punto di riferimento per molti appassionati.
La Uisp è stata tra i primi sostenitori del parkour , mostrandosi subito interessata agli aspetti valoriali portati avanti. “L’Uisp è stata uno degli EPS che per prima si è interessata al parkour per l’aspetto valoriale. La maggior parte delle persone e altri enti invece hanno focalizzato la loro attenzione sulla novità sportiva, non preoccupandosi del mondo che c’è dietro che è l’aspetto più importante della disciplina. Una delle cose che caratterizza la pratica del parkour in Uisp è quella di renderla non competitiva. Nella Uisp infatti non ci possono essere gare di parkour e questa cosa è fondamentale per passare da un aspetto sportivo-performativo ad un aspetto sportivo-ludico-ricreativo inteso come ricerca personale e non come vittoria su qualcun altro”.
L’ADD Roma nasce come associazione nel 2013 e cresce sotto il cappello dell’Uisp. “È stata una cosa naturale. Questo perché ci ritroviamo fondamentalmente nei valori dell’ente di promozione”. L’associazione sarà protagonista al prossimo Festival delle Periferie di Roma a Tor Bella Monaca, previsto nei giorni 21-22-23 maggio. L’evento nasce per dare luce ai territori senza voce e nei tre giorni dedicati al tema della periferia ci sarà spazio per il parkour.
Perché il parkour è all’interno del festival che unisce politica, cultura e arte?
“I valori dell’inclusività, del rispetto del sé, del luogo e delle altre persone sono parte della metodologia educativa di strada. Abbiamo provato a passare questi valori a tutti i ragazzi del quartiere e piano piano a Tor Bella Monaca questa situazione è cresciuta ed è stata riconosciuta, tanto da far diventare lo stesso quartiere uno dei centri a livello nazionale importanti per il parkour proprio perché è nato qua e i primi video e raduni sono stati fatti in questa periferia.”
Sei d’accordo con le parole del collega Antonio Calefato, formatore Uisp, secondo cui la piega agonistica che sta prendendo il parkour è un grande passo indietro rispetto alla filosofia della disciplina?
“Secondo me ha pienamente ragione. È inevitabile che avvenga questo perché la deriva agonistica-performativa è quasi sicura. Per questa ragione è ancora più importante continuare a battere su questa strada, sull’aspetto della non competitività, la ricerca personale, il superamento dei propri limiti e non il superamento dell’avversario. Sicuramente in futuro ci saranno gare ma ci sarà anche una buona parte di persone che non rientrerà in questa realtà perché non è inclusiva.”
Proprio su questo Antonio Calefato ha voluto, attraverso un video, mettere in evidenza il concetto di performance personale.
Questa visione è condivisa nell’ambiente?
“Ci sono diverse correnti di pensiero. Si sta marcando sempre di più una divisione tra competizione e non competizione. La situazione andrà a evolversi in un binario parallelo. Da una parte la performance la farà da padrona e sarà importante per raggiungere il massimo perché lo sponsor è probabilmente più interessato a una gara rispetto a una pratica lenta e costante e non sempre spettacolare. Dall’altra ci sarà una grossa fetta di popolazione che scoprirà le caratteristiche e le potenzialità di una pratica inclusiva, non competitiva e volta al miglioramento personale”.
La situazione a Roma sugli spazi urbani qual è? Ci sono abbastanza possibilità di praticare parkour?
“La fortuna è che nell’ADD si studia corpo e ambiente e, facendo interagire questi due elementi, esce il movimento all’interno dell’ambiente. Quest’ultimo va inteso come qualsiasi cosa che ti contiene. Quindi qualsiasi pezzo di città va bene, è fruibile per chi pratica parkour. Bisogna invece specificare la percezione che hanno le persone rispetto a questo sport. In un primo momento c’è stato un po' di sospetto perché era una novità considerata “strana”, poi, attraverso molti video su internet e pellicole nei cinema, c’è stato un riconoscimento e molta curiosità riguardo alla disciplina. Negli ultimi anni però la tendenza si sta invertendo (forse anche a causa del covid-19), c’è stata una regressione seguita da un po’ di ostilità per l’utilizzo dello spazio pubblico”.