Eravamo rimasti al 2020, quando l’arrivo improvviso del Covid-19 aveva preso alla sprovvista tutti e aveva portato alla sospensione del nostro Vivicittà Porte Aperte e delle attività sportive all’interno del carcere di Rebibbia. Ma anche durante quel periodo il nostro impegno non si era fermato e abbiamo sempre cercato di trovare un modo per continuare a far svolgere attività sportive alle detenute, cercando di guardare cosa c’è di là e di aiutare qualcuno a vivere un po' meglio il proprio tempo sospeso.
Danza e pallavolo sono le attività che sono ritornare ad abitare Rebibbia, precisamente le mura della casa circondariale femminile. Mura che sono state riaperte da poco e che il Comitato Uisp di Roma non vedeva l’ora di tornare a frequentare.
Ma in concreto, cosa succede all’interno del carcere? Per poter rispondere a questa domanda abbiamo sentito le voci di Ilaria Nobili, responsabile delle attività negli istituti di pena, e di Alberto Ricci, consigliere Uisp Roma e operatore di pallavolo, che, rispettivamente, si occupano delle attività di danza e di pallavolo.
Il ritorno è stato sicuramente difficile per entrambi gli operatori Uisp che hanno risposto in maniera differente agli stimoli delle prime lezioni. “L’unico modo per entrare in carcere – dice Ilaria – è con tanto entusiasmo. Questo perché ci sono molti ostacoli e barriere che bisogna superare e solo con tanta motivazione si riesce a farlo. Ogni volta che varco quel portone mi si rinnova dentro l’importanza che ha il movimento in un contesto così immobile. Il movimento funge da svago e queste attività sono le uniche occasioni per respirare un attimo e incontrare nuova gente”. Diverso invece l’impatto emotivo provato da Alberto: “Ricominciare per me è stato abbastanza normale, considerando le precedenti esperienze. Le prime sensazioni, dopo diversi anni di assenza, sono state di sconforto e tristezza, avvertite soprattutto nel ritrovare alcune persone che stanno ancora lì”.
Una presenza che mancava quindi quella della Uisp. “È indispensabile – sottolinea Ilaria – da quello che mi viene detto dalle partecipanti. La Uisp, oltre ad essere conosciuta dalle detenute e dalla direzione, è un nome dentro il carcere e conquistarsi la fiducia negli anni fa bene. Siamo una presenza costante, un punto di riferimento”. A confermare ciò è anche Alberto Ricci, il quale spiega che queste attività fanno parte del DNA dell’associazione: “La Uisp è sport per tutti e la maggior parte delle persone lo sa e ci riconoscono sotto questo aspetto. Credo che gli enti di promozione sportiva non debbano fare attività di alto livello, la nostra missione è differente, è sport sociale e inclusivo. E il carcere, allo stesso tempo, ha bisogno di queste attività perché senza di noi la proposta sportiva di Rebibbia è ridotta di un terzo”.
Le attività attualmente si svolgono una volta a settimana e sono state accolte in maniera positiva dalle detenute. Oltre 100 sono state infatti le iscrizioni sia per la danza che per la pallavolo. Le lezioni hanno una durata di 2 ore e 20 partecipanti prendono parte alle attività che si svolgono al chiuso e all’aperto. “A danza – commenta Ilaria – partecipano tre sezioni di Rebibbia femminile (Camerotti, Cellulare, Orchidea). Dopo una prima parte di respirazione insieme, si tiene il riscaldamento, seguito subito dopo dal potenziamento, dalla coreografia e dal rilassamento finale. Prima di salutarci tengo una parte di proposte di ascolto e condivisione finale. L’importante è renderle presenti al momento, portarle lì con il corpo e la testa, cercando di restituire una sensazione corporea di movimento che manca”.
Il percorso è diverso come il numero delle partecipanti nelle lezioni di pallavolo. “Rispetto alle classiche attività di volley, il lavoro è completamente il contrario qua – spiega Alberto – partiamo dal gioco e, successivamente, man mano che commettono errori durante la partita spiego i fondamentali. L’elemento essenziale è il gioco perché per loro le due ore sono il momento di svago. Si inizia con la partita e durante quel momento trovo l’occasione per fermarmi con loro a spiegare un dettaglio e un movimento facendolo vedere a tutte”.
Benessere e divertimento. Questi sono i due obiettivi principali portati avanti da Ilaria e Alberto durante le loro attività. “Mi concentro sul benessere fisico, mentale ed emotivo – racconta Ilaria – voglio creare uno spazio nuovo, diverso da quello di tutti i giorni, dove le partecipanti non vengono giudicate. Lo scopo principale è quello di farle stare bene, costruendo un luogo non contaminato, una pagina bianca dove a ogni lezione si scrive qualcosa di nuovo, dando una ritrovata struttura al corpo attraverso il movimento”. Farle divertire invece è l’unico obiettivo che si pone Alberto. “Loro hanno bisogno di divertirsi e non devono pensare – si sofferma Alberto – alla famiglia, alle uscite o alle questioni con l’avvocato. Si devono sfogare, distrarre, divertire e scherzare in maniera diversa rispetto all’ambiente interno”.
Un rapporto, quello tra operatore e detenuta, di complicità, con un gruppo che si crea lezione dopo lezione. “Gestisco le lezioni – conclude Ilaria – in base all’umore delle partecipanti e quindi si instaura un rapporto in primis di complicità. Si crea un gruppo dove entro in empatia con loro e dove le partecipanti non si sentono giudicate nei movimenti che fanno, questo perché a noi interessa il movimento e non la perfezione”. È del medesimo pensiero anche Alberto: “con il tempo si instaura un rapporto di complicità anche se allo stesso tempo bisogna cercare di essere formali. Pur non facendo parte ufficialmente dell’istituzione, bisogna pensare di essere uno di loro. Anche se non è facile quindi, bisogna sforzarsi di avere un atteggiamento neutro”.
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