Vibrazioni nella forza
Sergio Raimondo
La Meridiana (collana per Sport)
Molfetta, Bari, 2007
Una "storia critica delle discipline orientali" che nasce dall'esperienza di decine di migliaia di appassionati delle discipline orientali aderenti all'unione italiana sport per tutti. Nel corso degli anni alle arti centrate sullo studio di tecniche idonee al combattimento si sono aggiunte varie discipline che, pur restando distanti da pratiche di lotta, si fondano su principi teorici analoghi, perseguendo la stessa ricerca di equilibrio tramite una coerente autoeducazione di corpo e mente. Queste pagine soddisfano il bisogno di coniugare insieme l'illustrazione del contesto culturale con l'esplicazione dei contenuti tecnici e disciplinari dell'attività formativa. Per un nuovo percorso di sviluppo personale.
Le discipline orientali considerate in Vibrazioni nella forza, a cura di Sergio Raimondo (collana Persport, 344 pagine, 24,00 Euro) sono quelle che rispettano un programma di formazione per i propri insegnanti elaborato su scala nazionale in ambito Uisp e in particolare nell'Ado, l'area discipline orientali che ha assunto questa denominazione dal 1998, per chiarire l'evoluzione rispetto alla precedente esperienza maturata dalla Lega arti marziali. Queste discipline sono quattordici, una larga sezione di quelle operanti in Italia, anche se non completano il panorama. Tenendo conto della loro specifica cultura di origine si possono così ordinare: Cina (qigong e taijiquan); Corea (taekwondo); Giappone (aikido;iaido; jodo; judo; jutaijutsu; karate; kendo; shaolin mon) India (gatka e yoga); Vietnam.
"Ci si affretta comunque ad aggiungere - scrive Raimondo, laureato in Materie letterarie alla Sapienza di Roma e docente di discipline Orientali presso la Facoltà di Scienze motorie dell'Università di Cassino - che questa è solo una ripartizione di comodo perchè, pur nella diversa provenienza, queste discipline conservano una loro omogeneità di fondo dovuta alla comune origine nel pensiero tradizionale asiatico. È questo - continua - un sistema teorico animato da logiche e interrogativi ben diversi da quelli che uniformano il pensiero classico europeo, sebbene sarebbe anche erroneo presumere l'esistenza di blocchi culturali organici che identificano perfettamente nozioni viceversa assai sfuggenti come quelle di Oriente e Occidente".
Raimondo ripercorre i canali culturali del legame tra Occidente e Oriente partendo dal missionario Matteo Ricci (1552-1610), che aprì un nuovo cammino nei rapporti tra la cultura europea e quella cinese. Non a caso, spiega, è tuttora il personaggio storico italiano più famoso in Cina (dove è chiamato Li Madou), ben più di Marco Polo. Ricci sperimentò un metodo che adattava la predicazione cattolica alla mentalità cinese, per esempio accogliendone la venerazione dei morti e l'omaggio a Confucio, un atteggiamento contestato dai francescani e dai domenicani. La questione restò aperta fino alla condanna della Compagnia emessa da benedetto XIV tra il 1742 e il 1744 e che rappresentò una tappa verso la sua soppressione decretata nel 1773 da Clemente XIV. Per quanto riguarda l'ingresso delle discipline orientali in Italia, Raimondo ricorda gli studi di Livio Toschi che indica il 1908 come data ufficiale dell'arrivo del judo, dal Giappone, con diverse dimostrazioni tenute a Roma. Ma è stato l'urlo di Bruce Lee (1940-1973) a cambiare la percezione di massa delle arti marziali e a far scoprire agli occidentali che le più note discipline giapponesi hanno tratto origine dalla millenaria tradizione cinese.
"L'autentico obiettivo che tutte queste discipline si propongono - dice Raimondo - consiste nella sconfitta dell'unico vero nemico, quello che si annida in ogni caso dentro se stessi. È fondamentale soffermarsi su questo punto, in quanto si può così chiarire un concetto mai abbastanza ribadito: al pari dei metodi incentrati su tecniche volte alla soddisfazione estetica e alla quiete fisica e mentale, anche le cosiddette arti marziali sono innanzitutto discipline volte all'autoeducazione e non specialismi per l'esercizio della violenza. La medesima attitudine spirituale accomuna, infatti, le arti marziali e varie discipline orientali molto lontane da un'impronta bellicosa quali la cerimonia del tè, la disposizione dei fiori o la calligrafia".