Progetto fortemente voluto dal Direttore della Casa Circondariale Paolo Basco e l'allora Presidente del Comitato Uisp di Arezzo Antonio Leti, progetto che vuol evidenziare l’importanza di una regolare attività motoria in carcere con una duplice finalità: la prevenzione di patologie legate ad uno stile di vita forzatamente sedentario, nonché l’azione diretta al recupero sociale del detenuto mediante la trasmissione educativa della lealtà e del sacrificio teso al conseguimento del risultato come valori fondanti dello sport e della vita.
Un modo per tutelare la salute degli individui reclusi è permettergli di praticare sport così che essi possano combattere la sedentarietà, riprendere consapevolezza del proprio corpo e fluidità nei movimenti, scaricare l'aggressività e le frustrazioni, combattere l'ozio e stabilire un contatto con gli altri.
Si può ostacolare l'insorgenza delle varie patologie, comprese quelle mentali, grazie anche all'aumento, a seguito dell'attività fisica, della produzione di endorfine, sostanze prodotte dal cervello che aiutano a sopportare lo stress e a migliorare l'umore.
Lo sport in carcere, quindi, oltre a favorire la salute dei detenuti, può essere un modo per passare il tempo, rompere la noia ed uscire dalla routine, per far sì che i reclusi si attivino positivamente e non diventino più pericolosi di prima.
E' inoltre un mezzo per tenere le persone occupate e diminuire i conflitti interni, ma soprattutto durante l'attività le persone si sentono più libere e si divertono, in particolare con gli sport di squadra, pervenendo ad un benessere fisico e mentale anche grazie al raggiungimento degli obiettivi che di volta in volta si pongono cercando di migliorare le proprie prestazioni. In più, se c'è il coinvolgimento di gruppi di esterni, si avvia anche un vero e proprio processo di risocializzazione.