Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Alluvione nel Sahara

Circa 25.000 persone in emergenza nei campi profughi saharawi di Tindouf, in Algeria, a causa delle piogge che proseguono da venerdì scorso

della redazione Uisp Emilia-Romagna


BOLOGNA - Migliaia di famiglie senza un riparo, case, scuole e ospedali sgretolati dall'acqua, crisi alimentare e rischi igienici. È questo il bilancio dell'alluvione che ha colpito  tra il 16 e il 24 ottobre i campi profughi saharawi di Tindouf, in Algeria coinvolgendo complessivamente, secondo le stime dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, circa 25.000 persone. "Il numero di persone che necessitano di assistenza - avverte l'Unhcr - potrebbe aumentare nei prossimi giorni dal momento che si prevede che le piogge continueranno per tutto il fine settimana, almeno fino a domenica". Le case costruite con mattoni di fango sono diroccate,  l'acqua ristagna nei centri abitati, le strade di collegamento sono interrotte o di difficile transito, nel comune di Farsia un bambino è morto cadendo in una pozza d'acqua che nascondeva sotto la superficie una fossa biologica.

I danni non sono della medesima gravità in tutte le cinque regioni dei campi ma acqua potabile, pane, abitazioni  e ordine pubblico sono le emergenze ovunque. A Smara sono 3.200 le famiglie, circa 15.000 anime, che sono state evacuate sulla collina per proteggerle dall'impeto dei wadi, fiumi torrenziali del deserto normalmente secchi, che diventano forze di distruzione quando vengono alimentati da piogge improvvise e intense. La famiglia di Mohamed è una di quelle sfollate: Mohamed racconta come non si rada, non faccia la doccia, non cambi vestiti da otto giorni, come abbia dormito in furgone mentre la famiglia, sette persone, tra cui la moglie incinta, dormiva in tenda. La sua casa è solo parzialmente danneggiata ma nelle case confinanti dei vicini i muri di fango intriso d'acqua si trapassano con un dito. In una casa sventrata si vede la cucina con ancora la pentola sul fornello. L'orto familiare di Mohamed di circa 100 metri quadri ridotti a 4 ed è però il simbolo di un popolo che resiste.

L'alluvione, infatti, è un'emergenza che va solo ad aggravare la condizione perennemente precaria del popolo saharawi, che da circa 50 anni aspetta la messa in atto della risoluzione dell'Onu che nel 1966 gli riconosceva l'indipendenza. Il 1975 segna per la popolazione del Sahara occidentale l'inizio del conflitto con il Marocco non disposto a concedere autonomia alla Rasd (Repubblica democratica araba dei saharawi). Esito delle ostilità fu proprio la creazione dei campi profughi oggi in piena crisi umanitaria.

Nelle quattro "province" Auserd, Dakhla, El Ayun e Smara in cui vivono circa 200.000 saharawi rifugiati in Algeria la Uisp, assieme a Peace Games, lavora dal 2009 con progetti di educazione sportiva. L'obiettivo è quello di formare figure professionali e organizzare attività di calcio, pallavolo, giochi tradizionali, ciclismo e atletica per circa 6.000 bambini. "Attualmente - afferma Ivan Lisanti, responsabile Uisp delle Brigate internazionali della pace, ora a Tindouf - il nostro progetto coinvolge 30 donne che lavorano regolarmente nelle scuole, otto gestori di impianti, un coordinatore e due responsabili di un centro di documentazione sportiva. Alcuni di loro verranno in Emilia-Romagna il prossimo aprile per un corso di formazione. Ma per il momento l'emergenza da affrontare è un'altra".

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