Comitato Regionale

Emilia-Romagna

Il volto nascosto dell’atletica

Un'intervista a Christian Mainini dedicata al trail e all'atletica leggera, sulla ripartenza e sullo spirito che si cela dietro queste attività.

 

di Ginevra Langella

È una luce diversa quella che illumina l'atletica leggera Uisp in Emilia-Romagna: comunitaria, democratica e con una componente apparentemente anarchica. A garantirle questa diversa prospettiva è il racconto che ne fa il suo responsabile, Christian Mainini, che abbiamo raggiunto telefonicamente. Abbiamo parlato con lui delle iniziative svolte in questi mesi e di cosa si nasconde dietro il volto del corridore tipico: passione, energia e tanta attenzione rivolta all'ambiente e alla società che lo circonda.

Guardando il sito dell'Atletica Leggera Uisp Emilia-Romagna, mi sono imbattuta in una grandissima quantità di informazioni ed eventi: direi che l'entusiasmo è tra i termini più adatti per descrivere il vostro spirito, che sicuramente anche in una fase così particolare ha aiutato molto. Quindi per prima cosa mi viene da chiederti: cos'è la Krash Warm Up e perché è nata?
«Krash Warm Up è una manifestazione nata durante l'emergenza sanitaria, in collaborazione con la piattaforma Endu e l'ASD Leopidistica di Faenza. È nata con l'intento di sostituire quello che è invece il Krash Trail: in pratica è una prova virtuale, che possiamo anche vedere come una sorta di allenamento "pre gara", ricalcata su tracciati veri, percorsi dai nostri atleti e registrati poi tramite Gps. Per la partecipazione bisognava inviare il numero della tessera e il certificato medico agonistico e solo dopo queste fase preliminare veniva fornita la traccia che poteva essere percorsa dal 19 al 28 giugno: una volta fatto il percorso il tracciato veniva inserito all'interno di un casellario. Abbiamo lasciato ai partecipanti la possibilità di inviarci il loro tempo migliore dato che il percorso poteva essere fatto anche più volte. I partecipanti sono stati 87. A me sembrano pochi in realtà, ma mi hanno fatto capire che invece è stata una delle attività virtuali con più partecipanti e quindi non posso che essere contento. Quello che mi auguro è che anche a livello nazionale e regionale quest'attività venga mantenuta e riproposta, perché oltre che essere un qualcosa che può coinvolgere più persone senza il pensiero di chi vince o non vince, può diventare centrale nel turismo sportivo».

Riparti Run è un altro progetto che siete riusciti a promuovere anche durante il periodo della quarantena: mi racconti cos'è, in cosa consiste e com'è nata?Alcune delle partecipanti della seconda stagione di Riparti Run
«Riparti Run è nata da un idea di Paolo Manelli (resp. territoriale atletica leggera Uisp RE), durante la fase più delicata della quarantena ed attuata nel mese di maggio, quando in pratica si è riiniziato ad uscire di casa. Come settore d'attività regionale si è deciso d'aderire a tale format e di divulgarlo oltre i confini reggiani, tale azione ha avuto un giusto riscontro da parte dei nostri associati di tutta l'Emilia Romagna. La prima stagione di Riparti Run è stata seguita da Manelli, poi nella seconda stagione è stato sostituito da un nostro giudice Uisp Modenese (sig. Mandile Vincenzo), mentre nella terza stagione che partirà fra qualche giorno sarà seguita direttamente dal sottoscritto. La seconda stagione è iniziata il weekend del 14 giugno ed è terminata nel weekend del 5 luglio, mentre la terza stagione inizierà il 16 luglio e terminerà il 19 luglio. In pratica ogni fine settimana diamo un obbiettivo da raggiungere: la cosa bella di quest'iniziativa è che non importa dove i partecipanti decidono di svolgerla, basta partecipare e inviare le prestazioni chilometriche che poi vengono trasformate in un punteggio. Per la terza stagione si parte appunto il 16 luglio, e questa volta abbiamo un posto davvero bello che è il Lago di Resia. Si può scegliere di percorrere il chilometraggio scelto, che poi è il giro del lago, ovunque si vuole, o addirittura approfittare e andare proprio fino a Resia, che è davvero un posto bellissimo. Alla prima edizione hanno partecipato in 200 persone, alle seconda un po' meno probabilemente dovuta ad una non perfetta comunicazione e forse i nostri soci pensavano fosse tutto finito con la prima stagione, ma ora con la terza serie speriamo di riavvicinare i numeri della prima stagione».

C'è stato un periodo in cui si è assistito al boom di corridori in giro per le città durante la fase di lockdown. Pensi che sia stato un atteggiamento positivo contro la sedentarietà e un valido rimedio contro lo stress o solo un pretesto per mettere piede fuori casa?
«Questo è un tema davvero spinoso. Senza andare troppo a ribadire chi o non chi si è accanito contro i corridori, ci hanno fatto passare come untori e questa è stata una cosa assolutamente non bella. È una cosa che è rimasta nella memoria delle persone e che secondo me ha minato un po' la nostra immagine e che  sconteremo per un po'. Detto questo ci tengo a ribadire che noi dell'atletica, e in particolare io attraverso dei videomessaggi sul gruppo Facebook della nostra attività, abbiamo più volte detto che chi correva non faceva di certo parte dei nostri podisti. A mio avviso nelle strade si son buttate tutte quelle persone che non sapevano più come allenarsi viste le palestre chiuse. Noi abbiamo corso in casa, sul balcone, in salotto, un po' ovunque, ma sempre in sicurezza. Non sono mancate le critiche anche in questo caso, perché magari per molti siamo apparsi come dei criceti in casa, ma onestamente se ti mantieni in allenamento in casa senza estremizzare e senza pericoli secondo me va bene».

Secondo te l'atletica leggera come può aiutare i cittadini in un percorso di consapevolezza sul proprio benessere fisico e mentale?
«Secondo me l'atletica, come tutti gli sport individuali, può sembrare un po' anarchica: corri per te e da solo, certo, ma in realtà non sei mai solo veramente. Il bello dell'atletica è che ti fa comunque stare in contatto con le persone, è molto sviluppata l'attività di gruppo anche se non sembra: nasce un feeling, una passione vera, che unisce le persone. Secondo me con questi sport aumenta anche la voglia di socializzare oltre a renderti consapevole dei tuoi limiti e questa cosa poi ti viene naturale volerla condividere con le persone che viaggiano vicino a te, che siano al tuo stesso livello o no. Qui poi non è come in altri sport che qualcuno resta in panchina: qui corrono tutti, ognuno al proprio ritmo, e secondo me questa cosa anche mentalmente fa bene, perché ti fa capire che hai sempre una possibilità!».

Trofeo della Liberazione 2019Come si vede anche dal sito questo spirito cercate di condividerlo con i ragazzi e le ragazze sin dalla primainfanzia. Ma cosa si ritroverà a fare una bambina tra i 4 e i 7 anni rispetto a un bambino di 8/9 anni?
«Per la pista sostanzialmente cambia l'intensità delle attività e soprattutto il chilometraggio. Ad esempio per i più piccoli nelle gare di resistenza il chilometraggio è più modesto: già 300 metri per un bambino tra i 4/7 anni è già tantissimo. Diciamo poi che c'è una progressività nelle gare di resistenza crescente, oltre al fatto che per ogni attività si viene divisi in gruppi: c'è una tabella con le distanze che aumentano in base all'età. Per il lancio del giavellotto per i piccoli abbiamo invece il vortex, cheoltre a essere più leggero emette un suono che ai bambini piace molto, mentre per le gare del salto in lungo ci sonopiccoli accorgimenti in base all'età come ad esempio accorciare le distanze, ma sostanzialmente cambia poco».

Tra i target diretti includete anche giovani stranieri e 
persone con disabilità: che tipo di progetti e attività proponete in questo caso?«Per le attività dedicate all'integrazione abbiamo diverse società rivolte ad entrambe le due situazioni e nate proprio con questo scopo, che poi partecipano alle nostre manifestazioni e di base con loro si lavora in pista. Quando ero presidente territoriale nel 2008 a Reggio Emilia mi ricordo che nacque G.a.s.t. onlus, un'associazione nata per dedicarsi alle attività sportive incentrate sulla disabilità, come ad esempio nuoto e basket, dove poi è stata inclusa anche l'atletica. Da lì poi sono nate le Gast Olympics, che però quest'anno non siamo ancora riusciti a fare. La maggior parte delle disabilità con cui facciamo atletica sono legate anche a disabilità mentali, su cui miriamo a fare un lavoro di integrazione e mai di esclusione. Per la tematica di integrazione di giovani stranieri mi viene in mente un bellissimo esempio di Reggio Emilia, la polisportiva Zelig: la maggior parte dei loro associati sono ragazzi che si sono integrati soprattutto grazie all'attività sportiva, in linea con la filosofia Uisp. La polisportiva poi è diventata anche un punto di incontro anche per i futuri immigrati grazie al passaparola, ma soprattutto è diventa un punto di incontro anche per le attività lavorative. Sono davvero da apprezzare le polisportive che fanno cosa di questo genere».

Com'è nata per te la passione per l'atletica? E a chi consiglieresti di praticare atletica leggera? O meglio: perché fare atletica leggera?
«Chi si approccia all'atletica continua questo sport per passione, che molto spesso viene trasmessa dai propri famigliari, come nel mio caso. Per me è un modo di affrontare lo sport che solo apparentemente è individuale: trovi sempre una famiglia e questo conta molto secondo me. Come dicevo anche prima, la cosa bella di questo sport è che è inclusivo, e che nessuno resta mai in panchina: qui possono partecipare tutti, anche quello più scarso per così dire. Conosco tante persone che non trovando più stimoli negli sport classici di squadra, hanno trovato nell'atletica uno sport che potesse dare una nuova possibilità e nuovi stimoli. Inoltre vivi e vedi realmente quanto l'atletica sia attenta a non ghettizzare le persone, e ci sono tante attività che mirano ad includere le fasce più sensibili con cui entri per forza in contatto e questo poi ti fa sentire coinvolto per davvero. E poi durante le manifestazioni trovi davvero chiunque, puoi conoscere persone che sono al tuo stesso livello e correre insieme a loro, ma anche trovare atleti più conosciuti o anche solo un po' più avanti di te e condividere tranquillamente la corsa o anche solo due battute. L'atletica è un mondo che ti fa staccare mentalmente dalla vita quotidiana, e che ti depura, e questo è forse quello che porta le persone ad avvicinarsi».

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