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"Fermiamo il razzismo, non il gioco": la chiusura del progetto Monitora

A Roma, nell'ambito del Festival Sabir, è stato tracciato un bilancio della lotta alle discriminazioni nello sport

 

Venerdì 11 ottobre, presso la sala conferenze Biagetti della Città dell’Altra Economia, a Roma, si è tenuta la conferenza conclusiva del progetto Monitora, intitolata "Fermiamo il razzismo, non il gioco", all’interno del Festival Sabir. Questo evento ha riunito esperti, attivisti e rappresentanti del mondo sportivo per discutere delle strategie necessarie a monitorare e contrastare le discriminazioni nello sport.

Il progetto Monitora è finanziato dal programma ErasmusPlus Sport e coordinato dall’associazione Lunaria, con la partecipazione dell'Uisp assieme ai partner europei LIIKKUKAA, Stop Racism in Sport, United for Intercultural Action, ISCA-International culture and sport association. Negli ultimi due anni, grazie a Monitora è stato condotto uno studio sulle discriminazioni che attraversano lo sport in Europa e sugli attuali sistemi di monitoraggio e segnalazione, con un’attenzione particolare alla sua dimensione amatoriale (LEGGI IL REPORT). La conferenza ha offerto un’importante opportunità per condividere i risultati ottenuti e riflettere sulle sfide future, con interventi di professionisti e professioniste del settore.

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Ad aprire la conferenza è stata Grazia Naletto di Lunaria, che ha sottolineato il duplice ruolo che lo sport può assumere all’interno della società. “Lo sport può essere uno spazio straordinario di incontro e coesione sociale - ha affermato - oppure uno spazio di esclusione, dove si accentuano le distanze tra chi si concepisce come parte della maggioranza e chi, per caratteristiche reali o presunte, viene considerato minoranza”. Omar Daffe, rappresentante della Lega Serie A, ha poi evidenziato l’importanza della formazione come strumento di prevenzione delle discriminazioni: “Nel mondo dello sport, atleti, allenatori e tifosi devono saper riconoscere una discriminazione per poterla prevenire. Se non hai gli strumenti per capirla, non puoi percepire cosa prova la persona che la subisce”. Daffe poi ha sottolineato che la consapevolezza di queste dinamiche è essenziale per creare uno sport più inclusivo, dove tutti siano in grado di identificare e contrastare i comportamenti discriminatori.

L’intervento di Matteo Peradotto, direttore di UNAR-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, è stato invece incentrato sulla complessità dell’ecosistema sportivo in cui si vuole portare un cambiamento: allenatori, club, federazioni, arbitri, e atleti. “Lo sport è un sistema complesso, e la possibilità di intervenire in questo ecosistema richiede un’azione collettiva. Se ci limitiamo ad affrontare solo alcuni segmenti di questo sistema, rischiamo di non sfruttare appieno il potenziale che lo sport ha nel promuovere una cultura condivisa”. Il sociologo e collaboratore di Uisp, Davide Valeri, ha parlato invece delle difficoltà legate al monitoraggio delle discriminazioni nello sport, evidenziando un problema critico: molti episodi di discriminazione non vengono denunciati, spesso perché le persone coinvolte tendono a normalizzare la loro esperienza. “Incoraggiare le persone a denunciare, sia come vittime che come testimoni, è fondamentale”, ha detto Valeri, sottolineando però come anche l’assenza di un sistema unificato di raccolta dati rappresenti un ulteriore gradino da superare: “Non esiste un metodo coerente tra le organizzazioni per raccogliere informazioni sugli episodi discriminatori, e questo rappresenta un enorme ostacolo”.

Daniela Conti, dirigente nazionale Uisp intervenuta in rappresentanza di ISCA, ha poi presentato il training online "Monitoring racism in grassroots sport", uno degli strumenti chiave sviluppati durante il progetto Monitora. “Abbiamo creato un percorso online modulabile, gratuito e accessibile in qualsiasi momento, che raccoglie i risultati emersi dai nostri studi”. Come ha spiegato Conti, il training, disponibile in diverse lingue, è suddiviso in cinque moduli, ciascuno dei quali offre approfondimenti teorici, casi studio e materiali pratici, rendendolo uno strumento prezioso per chiunque voglia contribuire alla lotta contro il razzismo nello sport di base, a partire dal proprio contesto. (PARTECIPA AL TRAINING

In uno degli ultimi interventi della giornata Stefania N’Kombo José Teresa di Lunaria, ha sottolineato quanto sia fondamentale cambiare la percezione del razzismo nello sport. “Dobbiamo smettere di considerare il razzismo come una goliardata, e la competizione sportiva non può essere una scusa per perpetuare comportamenti discriminatori. I confini del campo da gioco non devono riflettere i confini che mettiamo nella società”. Stefania ha coordinato la campagna social “Stop racism, not the game!” per sensibilizzare su questi temi con post e video, come quelli della sfida social “Put your fingers down” (Video 1) (Video 2) (Video 3), in cui si chiedeva ad atlete e atleti di abbassare un dito ogni volta che si riconoscevano in uno degli scenari discriminatori proposti dalll’intervistatore. “Se riusciamo a mettere insieme le singole storie per creare una storia collettiva, possiamo innescare un cambiamento”, ha detto Stefania N’Kombo José Teresa a conclusione del suo intervento.

C’è ancora molta strada da fare per garantire che lo sport diventi uno spazio inclusivo e in grado di rispondere coerentemente alle discriminazioni. Quello che è emerso dagli interventi è l’importanza di un’azione coordinata a tutti i livelli dell’ecosistema sportivo, e il progetto Monitora ha lasciato un’eredità importante, sia per la rete che si è costituita, sia per gli strumenti concreti messi a disposizione, come il training online e il protocollo di monitoraggio. Rispetto al passato, ci sono basi più solide per le future azioni contro il razzismo nello sport e contro tutte le altre discriminazioni: ora è tempo di mettere in pratica quello che abbiamo imparato. (Lorenzo Boffa)

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