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Razzismo nel calcio: vietato minimizzare

Insulti razzisti contro arbitri e giocatori, due casi nell'ultima settimana. Parla D. Conti: "Con la ripresa sono tornati a verificarsi atti molto gravi"

 

Due episodi di razzismo ravvicinati contro arbitri e giocatori sui campi di calcio di Sant’Angelo Lodigiano e Treviso tornano a evidenziare l’importanza di mantenere alta la guardia sulla discriminazione nello sport. "Continuiamo ad avere un grande problema di razzismo nonostante le attività di sensibilizzazione - spiega Daniela Conti, responsabile Uisp per le politiche dell’interculturalità e della cooperazione - Durante il Covid, quello che poteva sembrare uno stop per quanto riguarda questi casi di discriminazione, era solo il riflesso della momentanea interruzione delle competizioni. Con la ripresa sono tornati a verificarsi atti molto gravi nei confronti dei giocatori neri, ma anche degli arbitri, che dovrebbero godere di un rispetto ulteriore".

Il primo caso si è verificato in Lombardia, durante una partita di Serie D tra i padroni di casa del Sant’Angelo e lo United Riccione. Ben quattro giocatori della squadra ospite sono stati vittima di cori razzisti, in seguito a un normale scontro sul campo: “Di solito cerco di staccare la mente, tentando di fare finta di niente per concentrarmi sulla partita, ma lì era proprio impossibile: mi hanno bersagliato ininterrottamente. È stato tremendo", ha raccontato a La Repubblica Benjamin Mokulu Tembe, giocatore dello United preso di mira. Poichè l’arbitro aveva deciso di non intervenire, un altro giocatore dello United, Arthur Celino, ha cercato di attirare l’attenzione dei guardalinee durante il riscaldamento, ma invano, riscuotendo invece gli insulti dei tifosi avversari: "Non ce l'ho più fatta. Ho preferito tornare in panchina piuttosto che continuare a farmi urlare le cose peggiori che abbia mai sentito", ha raccontato. La sindaca di Riccione, Daniela Angelini, ha accolto i giocatori, ribadendo pubblicamente l’indignazione per quanto accaduto e sottolineando le responsabilità del direttore di gara: “Di fronte agli episodi di razzismo un arbitro ha il dovere di intervenire e fermare la partita”.

A Treviso, invece, è stato proprio l’arbitro di una partita di seconda categoria a finire nel mirino del tifo razzista, Mamady Cissè, che appartiene alla sezione arbitrale Aia di Treviso dal 2016 ed è originario della Guinea. Il direttore di gara è stato infatti raggiunto da insulti razzisti dopo aver assegnato al minuto ‘87 un rigore al Fossalonga, che ha permesso alla squadra trevigiana di raggiungere il pareggio contro i padroni di casa del Bessica. Cissè ha dunque deciso immediatamente di sospendere la gara, abbandonando il campo. Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Figc Gabriele Garavina, condannando le aggressioni, figlie di “una cultura becera che deve essere espulsa dal nostro sistema” e ricordando come questi fenomeni si ripetono poi fuori dal campo, sui social network.

“Il lavoro svolto nell'ambito dell’Osservatorio contro le discriminazioni nello sport-Mauro Valeri, assieme a Lunaria e Unar ci ha mostratola necessità di un'analisi accurata per far emergere quanto sia diffuso il problema del razzismo e della discriminazione nello sport, anche in quello di base", ha commentato Conti, sottolineando l'impegno della Uisp per sensibilizzare dirigenti, tecnici, giocatori e direttori di gara. A questo si aggiungono i progetti che l'Uisp sta portando avanti a livello europeo: "Stiamo per concludere il progetto Sentry, le sentinelle dello sport, per alzare l’attenzione sulla discriminazione in tutta Europa. Abbiamo lanciato in questi giorni il progetto Monitora, insieme a Lunaria. Tutte queste attività ci servono per continuare un lavoro di educazione e sensibilizzazione per evitare che questo tipo di episodi si ripetano in futuro". (Lorenzo Boffa)

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