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Rewins 2.0, incontro ad Amsterdam per i partner del progetto europeo

Il progetto ha l'obiettivo di coinvolgere donne migranti e richiedenti asilo nelle comunità di arrivo, attraverso la pratica di sport di squadra

 

Giovedì 15 febbraio si è svolta ad Amsterdam la prima riunione in presenza tra i partner del progetto europeo Rewins 2.0. Capofila è la rete FARE-Football Against Racism in Europe con l'Uisp, insieme a Ramasa (Spagna), Organization Earth (Grecia) e Girl Power (Danimarca), quali partner del progetto. Rewins 2.0-REfugee Women Inclusion through individual and team Sports, è un progetto pilota di due anni incentrato sulla promozione dell’inclusione delle donne rifugiate in diversi sport di squadra e individuali, attraverso la creazione di squadre sportive insieme a donne locali e il tutoraggio di allenatori. Il progetto segue le orme del precedente Rewins, realizzato tra il 2019 e il 2020.

Nel contesto dell’utilizzo dello sport come strumento per l’integrazione dei rifugiati, Rewins 2.0 affronta due questioni principali: la necessità di creare strutture di formazione adattabili per l’inclusione delle donne rifugiate in diversi sport di squadra e individuali (calcio, danza, pallavolo, nuoto, atletica ecc.); la necessità di offrire un programma di tutoraggio personalizzato on line per allenatori/formatori che lavorano con i rifugiati
Il progetto si svilupperà nella prima fase atraverso un'analisi dei bisogni e poi procederà con la condivisione di conoscenze ed esperienze, diffusione e infine comunicazione e disseminazione dei risultati ragiunti. Durante queste fasi Rewins 2.0 perseguirà l’obiettivo del coinvolgimento diretto dei rifugiati e delle comunità ospitanti all’interno dell’UE per promuovere un approccio a livello europeo, aumentando il potenziale per le comunità ospitanti europee al fine di impegnarsi e integrarsi in modo più efficace.

Tre i passaggi specifici a supporto del raggiungimento di questo obiettivo: individuazione di buone pratiche e sviluppo di attività di formazione che facilitino l’inclusione delle donne rifugiate in diversi sport, creazione di squadre miste di rifugiati e persone del territorio coinvolto che promuovano lo sport come spazio per riunire persone provenienti da contesti diversi. In questo percorso, è di vitale importanza creare le condizioni per favorire lo scambio a livello europeo di conoscenze e il tutoraggio per rafforzare le capacità degli allenatori e degli operatori sportivi che lavorano con i rifugiati.

Nel corso della riunione è stata presentata un'analisi preliminare della ricerca effettuata durante la prima fase del progetto. Infatti tutti i partner erano stati coinvolti nella raccolta di questionari sottoposti a rifugiati e migranti sulle loro esigenze relative alla pratica dello sport e degli ostacoli in esso riscontrati. L'Uisp ha raccolto risposte provenienti da diverse parti del Paese, coinvolgendo i Comitati territoriali impegnati in attività con rifugiati e richiedenti asilo, oltre che migranti in generale. L'analisi dei dati raccolti era affidata dal progetto all'organizzazione greca Organization Earth ed è stata integrata con i contributi dei partner, prima di procedere alla sua diffusione pubblica. La prossima fase vedrà impegnata la Uisp nella disseminazione dei contenuti del progetto a livello nazionale e, in collaborazione con la rete FARE, in tutto il continente.

In autunno è prevista la realizzazione della conferenza finale in cui verranno presentate i risultati, arricchiti dall'esperienza che ogni partner saprà costruire nei propri territori. "La riunione è stata importante perché ha consentito di ritrovarsi fra attori che operano nello stesso ambito - racconta Raffaella Chiodo Karpinsky, che ha preso parte alla riunione per l'Uisp - e che fanno i conti con le difficoltà crescenti di chi arriva nei Paesi coinvolti dal progetto per chiedere asilo. Molte le caratteristiche comuni in termini di bisogni rilevati dagli operatori sportivi. Come emerso dalle testimonianze dell'associazione che, attraverso il calcio, opera nei pressi di Barcellona per l'inclusione di donne rifugiate, o dall'esperienza condivisa dalle donne afghane dell'associazione Girl Power nel cercare di coinvolgere le donne richiedenti asilo a partecipare alle attività sportive per includerle nella società. Insieme alle donne afghane abbiamo in particolare condiviso la necessità di riconoscere l'importanza dello sport come linguaggio per affrontare il trauma. Infatti, le donne richiedenti asilo e migranti in generale, hanno alle spalle esperienze drammatiche che rendono più difficile il loro coinvolgimento. C'è sempre il rischio di commettere gesti o usare termini che, anche involontariamente, possono allontanarle. Per questo promuoviamo progetti come Rewins 2.0 ed altri in cui la Uisp è coinvolta: per sviluppare insieme ai diversi partner le pratiche e competenze più efficaci per fare bene il nostro lavoro". (Raffaella Chiodo Karpinsky)

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